- venerdì, 20 Giugno 2008 09:42
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Una truppa. Una sorta di plotone di pace, armato di civili proteste, diritti disattesi, e articoli costituzionali sospesi tra la solennità della Carta e la penuria di concretezza giuridica con cui vengono applicati. Ecco chi siamo.
Informati, preparati, per niente al mondo avvezzi al concetto della sottomissione.
Qualsiasi potere può essere sfidato, se è esercitato nella iniquità, nella ingiustizia. E’ questo che Wanda Montanelli ci ha insegnato in tutto questo tempo in cui – chi più, chi meno – l’abbiamo seguita e sostenuta. Lei, come una contemporanea Ulisse in elegante tailleur e un bel taglio biondo e vaporoso, ci ha indicato la via più complessa (ma in qualche modo l’unica) per ritornare a una Itaca/Italia che ci assomigli un po’ di più. Lei, come il grande omerico eroe, ha saputo tirare fuori dal cilindro del proprio lungimirante ingegno una soluzione definitiva ad una guerra di Troia non ancora in realtà troppo pubblicizzata: un cavallo, dentro cui albergare pieni di speranza e aspettative.
Una causa civile.
Presso il tribunale di Milano.
Contro Antonio Di Pietro.
Prima udienza 11 giugno 2008.
Niente di meglio (o di peggio, a seconda dei punti di vista) per poter battagliare colui che con ferrea risolutezza, ha tralasciato i valori sulle cui solide fondamenta ha tuttavia costruito il proprio destino e le proprie fortune politiche.
Un cavallo di giustizia, che è poi il cavallo di battaglia per tutti quelli che credono ad una “Italia dei Valori” che di questa definizione non ne detenga solo l’epiteto.
Un cavallo, dentro cui Wanda, e noi – striscioni e cartelloni alla mano, inneggianti alla giustizia, alla equità tra i sessi, alla parità tra i generi e richiamando ad una più naturale democraticità di un sistema politico/istituzionale ancora troppo distante dalle formali trascrizioni costituzionali – non ci siamo nascosti. Alla luce del sole, siamo qui a chiedere, a pretendere. A esigere che giustizia sia fatta.
Uno schiaffo alla omertà, ai pusillanimi giochi di potere, ai poltronismi beceri, ai nepotismi, e alla indifferenza con cui l’esigenza di una vera rappresentatività femminile in politica viene strozzata nelle gole a suon di spalle voltate, e di dimostrazioni di forza.
Ma la forza si manifesta in varie forme.
Non è illudendoci che si cambiano i venti, ma neppure mollando la presa. E allora saremo ovunque ci sia spazio per lottare con le munizioni che la giustizia ci offre.
Come a Milano Indosseremo ancora le magliette pro www.ComitatoperWandaMontanelli.com e sventoleremo striscioni, volantini, e cartelloni in tutti gli angoli e in tutte le occasioni dove ci verrà concesso. E parleremo, alla gente che cammina per la strada, nei mercati, nelle boutique.
Chiederemo a tutti quello che incontreremo, di salire con noi sul cavallo di Wanda.
Perché è un cavallo vincente.
Ricordandoci che, non potrà mai esistere da nessuna parte altra speranza diversa da quella di un futuro – prossimo – diverso da quanto sancisce la più alta fonte di regolamentazione della giustizia nel nostro Paese.
Non chiacchiere. Ma fatti.
Milano. Città frenetica, città incupita in un clima denso di un timido inizio d’estate, tra giacche e cravatte sventolate di uomini d’affari affannati in una corsa in bicicletta, in pieno centro, e donne armate da tacchi lunghi e emancipazioni ancora troppo emaciate.
Il tribunale. Ricordiamo:
COSTITUZIONE ITALIANA.
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Unitevi a noi. Comitato per Wanda Montanelli
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