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La profezia che si auto-avvera dei menagramo di regime

Lo notano tutti, sono ansiosi, esagitati, nervosi. Tolgono la parola al competitore verbale nei talk show, ripetono il mantra “ecco adesso lo spread sale, la borsa scende, l’Europa ci mazzola …” E se Moscovici dichiara riguardo al Def: “Allo stato attuale non c’è interesse ad aprire una crisi, e nemmeno a far partire una procedura che porti a sanzioni”, l’ex ministro Padoan dichiara in tv: “l’Europa ci punirà. Il rischio di procedure d’infrazione mi sembra inevitabile”.

Ma insomma, che modi sono? che fa Pier Carlo Padoan l’amico del giaguaro?”. Invece di tifare per il bene degli italiani porta iella? o come si dice comunemente “sparge la voce”?

In Teoria della Comunicazione questa modalità di esternare è definita “profezia autoavverante”, o profezia che si autoadempie. Dal teorema Self Fulfilling Prophecy, di W. I. Thomas, descritto nel libro di Robert K. Merton nel 1948. È un metodo persuasivo molto usato in politica e in economia. Spesso funziona. La profezia che si auto-adempie ha inizio con una supposizione, infondata, che si realizza solo per il fatto di essere stata detta, reiterata e quindi creduta dalle masse e dagli stessi soggetti che poi la avverano. Di esempi ne esistono a centinaia, purtroppo anche in relazione alla diffusione del crimine e del terrorismo. In questa circostanza parliamo di economia e tra i casi più famosi e antichi c’è quello della Last National Bank fallita nel 1932 quando i clienti – per delle supposizioni –  si convinsero che sarebbe fallita; agirono di conseguenza ritirando tutti i loro risparmi, e la banca fallì davvero.

Sulla stessa gamma di preannunci negativi si ascrivono le dichiarazioni di Maurizio Martina che dice: “Quella del governo Lega-Cinque Stelle è un’ingiustizia che si abbatterà prima di tutto sui giovani!”. 

Mamma mia! mancano le cavallette e il terremoto sullo stile dei Blues Brothers

Potrei citare decine di dichiarazioni, da parte di politici, giornalisti, conduttori televisivi che per contrastare l’onda d’urto di un governo favorito dalla gente, non sa far altro che desiderare il peggio per tutti. Ma insomma siamo italiani o no?

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49 e 18

L’ACCOPPIATA VINCENTE IN DEMOCRAZIA

Contro l’illegittimità dei partiti retti autocraticamente dai capi, dai duci, dalle élites o dalla burocrazia (C. Esposito 1902-64)

Per anni non succede nulla, poi come per magia i nodi vengono al pettine. Finalmente! dicono tutti. Era ora, affermo io a maggior ragione, dal momento che della questione della democrazia all’interno dei partiti ne ho fatto tema di tante iniziative, sociali, politiche e, per non lasciare nulla al caso, anche una causa civile pendente presso il tribunale di Milano. Dicono che io sia una donna coraggiosa per aver toccato un tema così delicato. Ma non posso fare altrimenti, dato che di entrare in politica non me l’ha ordinato nessuno, e come tante donne l’ho fatto perché ho creduto fino in fondo ai dettami Costituzionali. Il 51 che ci rende pari (sulla carta). Il 2 e il 3 sull’inviolabilità dei diritti e sulla dignità sociale. Il 49, oggi attualissimo dopo le gestioni dispotiche dei tiranni di partito, incluse le appropriazioni indebite dei cassieri. Hanno rubato diritti, sogni, linfa vitale Voglio precisare una cosa che forse non è ben chiara a tutti. Questi soldi asportati da tesorieri truffaldini non hanno fatto solo un danno economico ma un enorme danno di democrazia. Sono stati rubati i sogni, la linfa vitale, gli spazi, le opportunità democratiche a tutti coloro che hanno creduto in una politica pulita. Hanno deprivato le donne, del 5% dei contributi che dovrebbero permettere loro un po’ di promozione femminile della politica, per lo stato di povertà in cui, in tutti i sensi versano le donne; le hanno defraudate del piccolo sollievo per evitare sempre e comunque di contare solo sulle proprie forze nonostante tutto, con risorse private: cuore, testa, gambe, e anche denaro proprio. Mentre la Costituzione dice altro. Mente la legge 157/99 sui rimborsi elettorali dice altro. Siamo afone del nostro urlo che nessuno ascolta, siamo spossate del soffio di voce con cui da tempo stiamo cercando di dire la verità. Verità che nessuno ascolta. Serve coraggio per udire, e chi è sordo non sente né l’urlo né il soffio di voce. Il sordo per scelta non ha coraggio, oppure è compromesso egli stesso e accampa scuse. La sentenza Micciché: Chi non ha nulla da nascondere non si trincera dietro la esclusiva competenza del Parlamento in tema di rimborsi elettorali. E’ ciò che invece è avvenuto in corso di causa, presso il Tribunale civile di Milano. Alla nostra richiesta relativa ai fondi per le donne (5% dei rimborsi elettorali previsti dalla legge 157/99, art. 3) che pur essendo in bilancio, non risultano essere state erogate, la presidenza Idv risponde che non abbiamo competenza per chiedere conto, né noi né il giudice ordinario. Ma la sentenza Micciché respinge tale ostacolo a far chiarezza sui conti di partito e spiega: “Va esclusa l’assoggettabilità della presente vertenza alla giurisdizione domestica del Parlamento. E con questa frase si respingono le eccezioni di Idv di carenza di giurisdizione e decadenza …”. In poche parole il magistrato di prima istanza esclude che sia solo il Parlamento a dover “spulciare” i conti di partito. E con questo anticipa la importante svolta che sta interessando la Corte dei Conti sui controlli dei fondi di partito. Nel frattempo il Collegio dei revisori dei conti della Camera con una lettera al Presidente Gianfranco Fini chiede al Parlamento interventi volti a rendere più efficaci le funzioni di verifica, attualmente solo formali. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a sua volta spinge per attuare regole di democraticità all’interno dei partiti, richiamando l’attenzione all’articolo 49. L’art. 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Sono poche sostanziali parole in cui i nostri padri costituenti hanno racchiuso l’essenza della democrazia. Mai articolo fu così disatteso come in questi ultimi decenni. Eppure è antico il monito di costituzionalisti come Esposito, Crisafulli, Paladin. Carlo Esposito già oltre mezzo secolo fa scriveva: ” L’interpretazione razionale della disposizione [Cost. It., art. 49; ndr] vuole dunque che si riconosca l’illegittimità dei partiti retti autocraticarnente dai capi, dai duci, dalle élites o dalla burocrazia dei partiti,…”. Ed aggiungeva: “la solenne dichiarazione (della Costituzione italiana, ndr) che i singoli possono associarsi in partiti “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (se ha un significato e non consta di parole in libertà) implica innanzi tutto che i partiti siano organizzati in modo che i singoli cittadini associati determinino essi l’indirizzo dei partiti, attraverso cui dovrebbero concorrere in seconda istanza a determinare l’indirizzo politico dello Stato (…). I capi, i duci, i padroni dispotici di partito, visti e temuti da Esposito sono cresciuti, pasciuti e ingrossati di potere in questa orribile Seconda repubblica. Foraggiati da fondi pubblici, mentre la gente è ridotta ai minimi termini. Ed eccoli i loro cassieri in filmati e tg con le mani nella borsa del denaro. Il Consiglio d’Europa, divenuto di dominio pubblico l’uso privato di denaro pubblico, boccia i partiti per irregolarità nei bilanci. E la sensibilità istituzionale verso il problema aumenta in rapporto all’enorme disagio dei cittadini impoveriti da tasse e balzelli mentre gli unici a nuotare nell’oro sono i partiti. Da Taiwan a Berlino 18 passi di civiltà Sull’articolo 18, un punto dello statuto del lavoratori di grande civiltà, ho già scritto. Volerlo abolire è una sorta di sindrome cinese che se dovesse contagiarci ci potrebbe far amaramente pentire come la Apple si è pentita dopo i suicidi a catena. Non dobbiamo avere invidia non dei paesi meno civili. E da Taiwan a Berlino i 18 passi di civiltà in tema di diritti del lavoro sono quelli che se non portano avanti, almeno non spingono verso il basso la gente disperata. Gli articoli 49 della Costituzione e il 18 dello Stato dei Lavoratori sono due importanti punti di civiltà. Li unisco in questo combinazione fantastica perché prima di interessarsi del secondo è fondamentale mettere a fuoco il primo: L’articolo 49 e tutto l’insieme dei significati di potenza democratica inespressi e irrealizzati. Sappiamo ad oggi abbastanza sull’uso di denaro pubblico. Alcuni partiti come il Pd hanno i bilanci certificati da revisori esterni qualificati. I Radicali sono i promotori dell’antico Referendum contro il finanziamento ai partiti. Attualmente il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo rifiuta di incamerare i soldi dei rimborsi elettorali. L’Idv con Di Pietro annuncia un nuovo Referendum. Al partito dei Valori suggerirei di fare qualcosa di diverso: rifiutare i rimborsi dell’ultima trance, e dimostrare come sono stati spesi i fondi fino ad oggi. Quello che avanza restituirlo, comprese le somme del 5% che sono stati motivo di esclusione femminile dal partito. L’impoverimento delle donne è uno dei punti, e neppure il più importante della carenza di democrazia. Ma oggi di questo si parla e di questo io scrivo. Il resto è un dossier depositato agli atti. Wanda Montanelli 12 aprile 2012

AL VOTO AL VOTO!

CONTRO L’INCUBO NUCLEARE ESORCISMI DI SETTE RAGAZZI SOSTENUTI DA GREENPEACE E DA TANTA PARTE DEL PAESE CHE TORNERA’ A VOTARE

E a Milano altre 5 schede elettorali per l’ambiente

“I pazzi siete voi” Intervista ai sette protagonisti chiusi in un bunker antiatomico

Non si mangia l’insalata. Né latte, formaggi, carne o pesce. Noi che siamo andati alla ricerca di scatolette arrugginite ai tempi di Chernobyl sappiamo che significa. Era 25 anni fa il 26 aprile 1986. E’ la storia che si ripete per chi non è promosso nell’evoluzione sociale come gli studenti asini che ripetono l’anno per insanabile zucconaggine. Nell’ottantasei Tripoli e Bengasi erano bombardate come adesso. Al tempo l’ordine lo dava il presidente-attore Ronald Reagan, oggi i ribelli libici sostenuti dalla Nato. Chissà perché non siamo in grado di mettere fine ai problemi che precarizzano e mettono in pericolo la vita di tanta umanità. Quella del nucleare era una battaglia vinta. Il referendum l’8 e 9 novembre 1987 dopo un anno e mezzo dal disastro atomico russo ottenne la partecipazione di massa ed un enorme successo dei tre sì dei quesiti (dal 72 all’80%) . I governi di allora dal 1988 al 1990 di Goria, passando per de Mita e poi Andreotti stabilirono definitivamente il 26 luglio 1990 con la delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) la fine del programma nucleare. Gli abitanti di Latina, Trino, Caorso e Montalto di Castro tirarono un sospiro di sollievo. Tutti gli italiani festeggiarono. Invece rieccoci a non mangiare insalata. Non per il batterio Escherichia coli mutato come un killer trasformista che per colpire le sue vittime non si fa riconoscere. La prudente attenzione agli ortaggi non lavati non c’entra. Si ritorna a distinguere la foglia larga, il latte in polvere, i cibi confezionati pre-catastrofe anelati come preziosità, e le ossidate scatolette di aringhe e fagioli acquistate a caro prezzo come delicatessen dal valore inestimabile. Come la guerra in Libia si è ripetuta la catastrofe nucleare a Fukushima e di conseguenza la motivazione a votare al referendum. La moviola che ci riporta gli stessi avvenimenti del passato è vista e diffusa. I tentativi di frenare la trasmissione di immagini e l’ondata di emozioni che come lo tsunami giapponese invadono l’immaginario pubblico non hanno del tutto funzionato. I nuclearisti di governo non sono riusciti a frenare la comunicazione sui referendum. L’informazione, anche quella obbligatoria delle tv pubbliche, è partita con notevole ritardo. Ma i movimenti, le associazioni, i blogger, gli artisti hanno funzionato alla grande. Celentano fa da capofila e val la pena citarne uno per tutti, non fosse altro perché sappiamo che il ragazzo della via Gluck si è dimostrato rispettoso della natura in tempi non sospetti. Tra i partiti da Bonelli a Vendola, da Bersani a De Magistris le dichiarazioni a favore del referendum, che comprende il Sì per l’acqua pubblica e quello per l’abolizione del legittimo impedimento, si consumano in piazza, nei portali internet, sui fogli cartacei di tanta stampa ecologicamente rivolta alla pulizia di mari, cieli e politica nostrana. La tv generalista di Stato non ha fatto bene il proprio dovere e il 24 maggio 2011 il segretario dei Radicali, Staderini era in video travestito da fantasma per protestare contro il silenzio Rai sui referendum. Però grazie alla rete le notizie volano da un sito all’altro. Nuotano nel fiume di byte con mille rivoli e affluenti dei Comitati per l’acqua, i Gruppi pro-referendum, gli eventi pubblici sui quattro Sì. Su Facebook, Twitter, Myspace, e passano da file a file nell’inarrestabile corsa alla mobilitazione del 12 e 13 giugno. I Pazzi siete voi, è l’iniziativa di sette ragazzi.. Stanno in un bunker antiatomico come se fosse esplosa una centrale nucleare. Sono sostenuti da Greenpeace e provano a vivere come se fuori l’atomo nefasto fosse pronto a devastare la natura umana, come già fa a Fukushima purtroppo. Le particelle radioattive sono all’esterno della loro casa sigillata esistente in un quartiere di Roma. Si chiamano Alice, Luca, Giorgio, Alessandra, Marco Silvio e Pierpaolo. C’è segretezza assoluta sul luogo che comunque potrebbe essere al Testaccio, come al quartiere Prati di Roma, a Ostia come a Trastevere. Li intervisto tramite la loro addetta stampa di Greenpeace Rebecca Borraccini. In quale zona di Roma vi trovate? Risposte dei ragazzi nel bunker: Vorremmo mantenere segreta la nostra collocazione geografica, perché siamo convinti che tutti debbano sentirsi chiamati in causa. Un incidente nucleare potrebbe avvenire ovunque ci sia una centrale. Gli abitanti dei dintorni si sono accorti di voi? R: Ci sembra che nessuno si sia accorto di noi. Un po’ per la posizione fortunata della casa, un po’ per la nostra discrezione. Se così non fosse, allora abbiamo avuto la fortuna di avere “vicini modello”! Ripetereste l’esperienza? R: Certamente, 1000 volte. Siamo convinti della protesta che stiamo portando avanti, e del fatto che il paese aveva bisogno di svegliarsi; noi l’abbiamo fatto a modo nostro, scegliendo un tipo di azione che, oltretutto, ci sta formando e migliorando come persone. Se fuori dalla casa ci fosse davvero contaminazione e doveste restare moltissimo tempo chiusi, cosa vi piacerebbe avere con voi (qualcosa di irrinunciabile) R: Le persone a noi care. Probabilmente, per i motivi più disparati, in caso di incidente nucleare potresti non avere vicino chi vorresti, e questo credo possa essere devastante nel caso l’incidente sia reale e non simulato Siete stati nel bidone per continuare la protesta. Mi raccontate? Plausi, critiche, adesioni. R: Pierpaolo e Giorgio si sono spostati in un container di 4 metri per 5 a forma di bidone radioattivo. La protesta, così estremizzata, ha avuto molti appoggi. La notizia ha viaggiato molto, e questo non può che farci piacere! Mostriamo che la nostra generazione ha ideali, e ha il coraggio di rinunciare a qualcosa pur di raggiungere un traguardo più alto, in questo caso, il bene comune. Chi ritenete sia il politico più ecologista d’ Italia tra Di Pietro e Vendola? Forse un terzo? E chi? R: Finora abbiamo pensato che la politica, con le sue scelte, possa e debba occuparsi anche di ambiente. Sia Di Pietro che Vendola, hanno portato avanti scelte intelligenti. Noi appoggiamo e pubblicizziamo non il politico ma le sue scelte (vedi referendum, vedi lo sviluppo delle rinnovabili in Puglia). Chi ci crede davvero e chi fa finta di essere ambientalista per cavalcare la tigre? (tra i politici e i ruoli istituzionali) R: Non vogliamo fare nomi, la nostra non è una protesta contro determinate figure politiche ma contro delle scelte sbagliate e illogiche sul nucleare. Chi è ambientalista si vede dalle scelte più ecologiche e sostenibili, chi vuole fingersi ciò che non è si smentirà da solo con dichiarazioni contraddittorie e fatti in disaccordo con le parole. Che cosa dovrebbe fare secondo voi tra le priorità un vero, sano sincero, ecologista ministro dell’ambiente? R: Dovrebbe fare il suo lavoro: prendere a cuore l’ambiente e cercare di difenderlo. Dovrebbe interessarsi alle varie situazioni ambientali del territorio che è sotto sua tutela, ascoltare quelle associazioni ambientaliste che, proprio per la loro struttura, hanno meglio presente le situazioni delle singole regioni. Tanto andrebbe anche fatto nel rapporto con l’economia: l’ambiente è una grande risorsa che non va prosciugata. Non pensate che una donna sinceramente ambientalista non avrebbe mai pensato di riportare il nucleare in Italia? Una donna che si reputa ambientalista e che pensa che il nucleare sia il futuro è conseguenza logica che a noi possa sembra contraddittoria. In quel caso ci sono due possibilità: o ignora i rischi e la salute per l’uomo e l’ambiente e allora dovrebbe informarsi, oppure è in mala fede Un mondo affidato alle donne (non quelle della danza bunga) non sarebbe secondo voi più giusto, pulito e con obbiettivi al futuro dei figli? R: Le donne hanno sicuramente caratteristiche ottime a livello organizzativo. Pensiamo che, se ci fossero più donne competenti in politica, sicuramente le scelte sarebbero più umane, soprattutto quelle ambientali. Siamo però per la meritocrazia: uomo o donna ognuno può dare il suo contributo per migliorare la politica e la res publica, governando con buon senso, intelligenza e moderazione. 10 giugno 2011, Wanda Montanelli

SALTI DELLA QUAGLIA IN IDV

Scilipoti e Razzi… e sono dieci! Ma come fa Di Pietro a scegliere i parlamentari fuggiaschi?

Ha un’abilità speciale. Li sceglie in prossimità delle elezioni. In genere lanciando una sorta di Opa (Offerta pubblica di acquisto). Ve ne sono diverse, pubblicate sulle più note agenzie di stampa. Lo dice apertamente e se ne vanta. Anni fa, nel corso di una riunione dell’Esecutivo nazionale a cui presi parte, invitai Tonino ad affidarsi a persone sicure, a chi nel movimento si era speso per molti anni dando prova di affidabilità, concretezza, idealità. Gli dissi che erano tanti, donne e uomini, a costituire il tessuto connettivo del partito del quale fidarsi. La questione all’ordine del giorno (era il luglio del 2006 in via dei Prefetti a Roma) riguardava l’opportunità di entrare nel gruppo dei Democratici. Gli ricordai l’amara esperienza dei Democratici dell’Asinello e aggiunsi che si può andare ovunque avendo una rete di persone su cui contare. Donne e uomini che a contatto con altri in coalizione potevano creare sinergie e tener sempre presente quali sono le fondamenta di costruzione di un movimento. Le basi su cui si poggia tutta la struttura partitica i principi statutari e il programma. Lui rispose che non era un problema, che non gli interessava nulla di tutta questa gente del partito e che non aveva bisogno di loro. Questi si aspettano addirittura di essere candidati! Mentre un po’ prima delle elezioni ci sono folle pronte a saltare sul carro elettorale Idv. Altra gente, diversa da chi conosce da tanti anni, aspiranti concorrenti che apportano linfa nuova. Mi pare che più che linfa si siano incassati tanti problemi e fregature. Ma Di Pietro è affascinato dalle novità. Persone le più diverse, e quale sia l’elemento principale del loro appeal non è dato sapere. A parte alcuni casi di personaggi popolari come Franca Rame o Pietro Mennea e pochi altri, sono capitati in Idv stanchi riciclati di altri partiti, millantatori di consensi mai dimostrati, azzeccagarbugli, traffichini, e incolti maneggioni. Brutti e rozzi non in maniera occulta. Evidenti al primo sguardo, perché se osserviamo le facce di alcuni di loro davvero non si capisce come Di Pietro si sia fidato ad accoglierli e non abbia sussultato per la paura al nel vederseli davanti. Invece ha steso tappeti rossi e li ha fatti eleggere. I parlamentari raccogliticci che l’Idv si è ritrovata nel tempo sono fuggiti poi verso il miglior offerente privando il Movimento di tanti bravi attivisti respinti nelle retrovie. Restati in ombra. Tutti quelli che per anni hanno speso tempo e ingegno a far crescere l’Idv e che Di Pietro non ha preso in alcuna considerazione. Un maltrattamento che sono in tanti ad aver subito, specialmente le donne, che una per una ho conosciuto nelle loro prerogative quando ero a capo del Dipartimento Pari Opportunità, lavorando all’emersione e al riconoscimento dei diritti di cittadinanza di attiviste e dirigenti con elevate qualità umane e politiche. In alcuni leader si identifica talvolta una sorta di sindrome di Laio che distrugge i figli migliori, proprio perché li riconosce in quanto migliori e li teme. E’ una teoria di cui parlava Donnici con alcuni di noi per tentare di capire certi meccanismi mentali di respingimento dei più valenti in Idv. Accade nei partiti, nelle società, nei posti dove quotidianamente si misura il talento. Beniamino da neuropsichiatra approfondisce i motivi di ciò che a noi sembravano inspiegabili contorsioni mentali. Più semplicemente dalla mia esperienza posso tentare di capire perché Di Pietro ha avuto un fare sprezzante con la componente femminile del suo partito. Andando a ritroso nel tempo è un fatto documentato che ha voluto eleggere oltre il 90 per cento di parlamentari maschi e ha tenuto all’angolo le donne che pur preparate e capaci non si sono risparmiate nella costruzione della casa comune, ed hanno dimostrato di non essere inferiori in attitudine, passione e impegno politico. Nel primo anno la scelta era di 21 uomini eletti contro un’unica parlamentare alla Camera dei Deputati. Tutte le altre le ha respinte con sprezzo e fastidio, nonostante i brillanti curricola. Mi chiedo quanti dei parlamentari fatti eleggere da Di Pietro abbiano redatto lo Statuto, quanti scritto il programma dell’Unione per l’Idv, quanti creato una rete di donne e incentivato circoli andando sin dal 1998 in giro per l’Italia in treno o in camper; quanti fondato il primo organo di stampa, gli uffici comunicazione, i circoli per l’Ulivo in rappresentanza di Idv, i primi dipartimenti. Quanti abbiano ideato sportelli e accoglienza per la cittadinanza, progetti comunitari, manifestazioni contro la violenza. Uno dei consueti progetti lo presentai in occasione, della riunione in sede nazionale già citata. Era una serie di eventi da fare nel 2007, anno europeo per le Pari Opportunità, con i fondi previsti dall’art. 3 della legge 157/99, previsti e dati al partito “Per la partecipazione attiva delle donne alla politica”… Lui, Di Pietro, disse che si trattava di un progetto bellissimo, che però non avrei dovuto svolgere io, ma qualcun’altra che ancora non sapeva chi sarebbe stata. Rammento che Franca Rame sconcertata prese le mie difese pur non conoscendomi, e che in molti si mostrarono dispiaciuti per la sua scortese risposta. Alberico Giostra, il giornalista autore de “Il Tribuno” spiega, nella prefazione del suo libro, che Di Pietro e Berlusconi sono due facce della stessa medaglia. Sono padroni dei partiti che hanno fondato ed hanno una serie di curiose rassomiglianze che invito ad approfondire nella lettura del corposo manoscritto edito da Castelvecchi. Per la mia esperienza posso sicuramente confermare che nel rapporto “donne e politica” le somiglianze ci sono eccome. Tutti e due, salvo poche eccezioni, non fanno avanzare di un passo donne che non siano loro propaggini. Diramazioni cioè di se stessi. Donne di cui fidarsi per l’esclusività del legame e il condizionamento che le lega al proprio volere di “presidenti padroni”. Sono questi gli uomini che con la loro visione machista del mondo impediscono quel camminare insieme che è il primo fattore di crescita della democrazia. Ma un’analisi profonda di questa nostra asfittica democrazia bisognerà farla per bene. Ieri sera Rosy Bindi ha spiegato, battendosi energicamente in tv a Ballarò, la defaillance culturale che stiamo subendo. Coltivati in un clima privo di sani principi registriamo il proliferare di eventi negativi come la compravendita di voti in parlamento. Nemmeno più nascosta ma alla luce del sole. Che possiamo aspettarci di altro? Per cambiare occorre prima capire dove si è sbagliato. Intanto non si può che constatare che chi semina senza aver cura del terreno raccoglie turzi. 15 dicembre 2010, Wanda Montanelli

VENDITORI E VINTI

Il saccheggio dell’Italia è al minimo storico del degrado. La Politica sporca ha finito di disonorare le istituzioni, o il peggio non è ancora arrivato?

Devono pagare i mutui, sistemare il parentado con incarichi lautamente remunerati, aumentare le occasioni di guadagno e di potere, assicurarsi catene di consensi con il sistema dare-avere, prendere a piene mani tutto il possibile finché dura. Un saccheggio dell’onorabilità italiana politica e istituzionale senza precedenti. Niente attecchisce in un terreno non idoneo, e sappiamo quanto la corruzione sia nel tempo permeata a tutti i livelli politici e istituzionali. Tangentopoli, nonostante gli errori, è sembrata nel ‘92 una sterzata brusca verso un cambiamento di rotta. Si era ritenuto di aver raggiunto il massimo livello di tollerabilità, gli italiani erano in piazza a protestare contro la corruzione, gli imprenditori stessi testimoniavano il loro obbligo a versare tangenti per lavorare, i costi dei lavori pubblici avevano assurdamente indebitato le casse dello Stato. Occorreva una svolta. Un cammino virtuoso verso scelte di pragmatismo congiunte a dirittura morale. Un nuovo corso della politica. Per il bene di tutti. Per il nostro Paese che merita di essere governato bene. Senza ideologie primitive, ma con cuore e testa verso la crescita comune. L’ambizione di un politico di dare il meglio ai suoi rampolli è più che legittima. L’errore è nel ritenere che il proprio figlio debba scavalcare tutti per arrivare primo in un posto che non merita. Lo sbaglio è far trovare, ad un amico, prenotazioni immediate nella struttura Asl non tenendo conto di una lista d’attesa che dura mesi per milioni di cittadini. La pecca grave è nel creare corsie preferenziali a mille all’ora per pochi invece di lavorare a percorsi giusti per tutti. Volere il meglio per la propria famiglia è la mission di un uomo di governo. La trave che acceca la sua ridotta visione del mondo è il ritenere che i consanguinei siano il centro del suo esistere, la sua famiglia. Lo scopo primario di chi governa deve essere invece il benessere dei cittadini che a lui si affidano. “Governare con la diligenza di un buon padre di famiglia”, è l’obbligo del capo di un condominio che gestisce beni in quantità e valore ridotti. A maggior ragione, diligenza, operosità, controllo sulle spese e riscontro dei risultati deve essere alla base della condotta di ogni amministratore pubblico, sicché la famiglia comune ne verrà avvantaggiata, e con essa anche la propria di consanguinei. In questo consiste il compito di buon padre di famiglia dell’uomo pubblico, sia esso ministro della repubblica, premier, o consigliere a Monterone. I vinti della politica italiana sono sotto gli occhi di tutti. Il fallimento è evidente. E’ vinto chi compra è vinto chi vende. Le ideologie sarebbero finite da decenni, l’idealismo è solo una larvata idea di come si vorrebbe un mondo migliore. Inesistente nei tanti amministratori che si comportano come se il mondo finisse domani mattina e acchiappano a piene mani. Una vergogna. Ma loro non sanno cosa sia la vergogna. Sono maldestri e incolti, sono cresciuti nel ventre molle di un’Italia di maghi e fattucchiere, credono in fortune alla Vanna Marchi cresciute sulla povertà morale e incentivate dalla paura e il bisogno altrui. Questi indegni amministratori pubblici che ci ritroviamo devono sparire dall’opera pubblica. Andarsene per sempre. Hanno talmente poca stima di sé che sono un cattivo esempio per i loro stessi figli ai quali tengono e per i quali apparentemente si macchiano di reati forse penali, certamente etici. L’Italia non merita la loro goffaggine morale, il loro pressapochismo, la vista corta e il senso ineluttabile da fine del mondo che li fa godere tutto il godibile adesso, subito e a dispetto di tutti. Sono vinti in partenza. Sono poveri di spirito. Non sanno costruire che l’indiscutibile benessere della propria fugace esistenza. Devono lasciare il campo libero per ricominciare daccapo. Sperando che toccato il fondo non si possa che risalire. Roma 12 dicembre 2010, Wanda Montanelli