Dedicato alle donne di 50e50 dovunque si decide

Permettetemi di dirvi….di Wanda Montanelli

Permettetemi di dirvi ancora qualcosa da aggiungere al mio intervento del 30 giugno al Consiglio delle donne. Ho ascoltato con interesse le cose raccontate da ognuna, da cui affiorava il proprio impegno, il percorso di vita, le modalità organizzative. Sono stata in ascolto attento e mi accorgevo di dover mettermi comoda sulla sedia perché non avevo nulla da fare o da aggiungere. Sapevate già tutto. Parlavate il mio linguaggio esprimendo concetti antichi eppure futuri, confermando che esiste un posto in cui non ci sia bisogno di convincere, persuadere, dimostrare, e.. difendersi da attacchi di virulento maschilismo, magari mascherato da bonomia e democraticità. Come un alieno, come un singolare E.T. che ritorna a casa, ho considerato che le leggi, i fatti, i progetti di democrazia reale esistono nel vostro cuore e nella vostra testa. Di ritorno da un’assenza in un posto impervio e inospitale mi sono ritrovata a casa, provando gioia, emozione e un po’ di nostalgia. La stessa credo, come poi vi ho anche detto, che avrà provato Proust nel bere il té al tiglio accompagnato dalle madeleinettes, i biscotti normanni che gli hanno fatto rievocare i riti ed i profumi dell’infanzia. Nostalgia nel mio caso, per un mondo femminile che esiste e che è negato. Rimpianto per il tempo trascorso a spiegare a sordi, e cercare eloquenza sociale in zombie chiusi nell’involucro dell’indifferenza e dell’egoismo. Il 30 giugno invece da voi: parole, voci, forme, gesti. Impulsi verso l’immaginario di cui si avvalgono ipnotisti e narratori allo scopo di valicare le porte dell’inconscio con tutto il buono o l’amaro che c’è da ricordare. Parole, le vostre, le nostre, coraggiose e familiari, efficaci e meditate, composte e intrepide. Razionali e generose alla fine nel resoconto totale, nell’accettazione del mondo per come è; pur con la grande spinta verso il cambiamento. Nell’elogio della confusione e del disordine di Lidia Campagnano, nel suo ascolto degli umori e delle opinioni di tanta gente, dove vive la misoginia maschile, e la “collera delle donne”, distruttiva e autodistruttiva. Spiegata da lei come il rifiuto della speranza che potrebbe risolversi in un’ennesima delusione. Generosa Lidia. Lievito nella pasta che cresce, con noi, nel formarsi in composto che moltiplica le opportunità di riguadagnare libertà e diritto di esserci e contare. Siamo libere non per concessione, dice Pina Nuzzo, ma perché ci siamo sottratte al controllo sociale e lo saremo di più quando troveremo luoghi vivibili negli spazi occupati dell’egemonica classe politica attuale. Lo scenario che muta è, e sarà, opera nostra. Cominceremo a considerare il due come contrario di uno. Il 50e50 come somma e moltiplicazione degli elementi che agiranno in una nuova società mutante e mutata, con le variabili preannunciate da Annalisa Marino, forse perturbarti il clima statico e l’apparato scenico costruito dal potere fine a stesso. Storie, di tante persone, ragazze, donne, che da ogni città danno testimonianza della volontà femminile verso il cambiamento delle fallite regole di una democrazia falsata; mutamento reclamato nei principi veri, e vivo nelle norme costituzionali. Notte rosa in Sardegna, giornate tra chi fa la spesa nei mercatini friulani, fermenti a Gela, riunioni regionali a Pesaro. Siamo in tante a muoverci perché le donne abbiano le mani in pasta. E’ ora di farlo, perché i tempi sono maturi e niente accade per caso. “L’abbiamo decisa come si decide, nel Giro d’Italia, una coraggiosa rimonta sull’Appennino. L’abbiamo affrontata con la leggerezza dell’entusiasmo e dell’autenticità, ma con tutto – scrive Milena Carone – e tutto il peso del senso di responsabilità. La forza che ci contraddistingue è nei gesti, nel coraggio, e nell’andare avanti, nonostante tutto. Dovunque e in rete. Fitta. Indistruttibile. Era ieri, di sera, quando all’approssimarci alla festa di piazza a Torvaianica, una folla d’assedio al palco ci incoraggiava nella previsione di una messe di firme. Gente in ogni spazio della strada. Nelle vie traverse, tra bancarelle e gelaterie e coni di panna giganti in bella mostra. Era ieri, per la presenza del Califfo cantante popolare; ma sempre è così, o quasi. Non si trovava un parcheggio neanche a pagarlo. I miei aiutanti erano con le macchine lontanissimi, verso la curva di Ardea. I due tavoli, le quattro sedie e tutto l’occorrente, schede e bandiere incluse, erano nella mia piccola automobile. La fortuna che strizza l’occhio agli audaci mi procura un parcheggio a 30 metri dalla piazza. Quasi un miracolo. “Aspettiamo gli altri?” “No, si perde troppo tempo”. Rispondo a Nay che mi aiuta. “Vedi quanta gente passa?”. Le porgo le buste con i manifesti e lei insiste per portare anche le aste delle bandiere. Prendo i due tavolini, le sedie accatastate, e i borsoni. “Andiamo!”. Un vigile mi chiede se mi occorre aiuto. “No grazie ce la facciamo.” “Sei una guerriera”, mi dice Nay.. La sua frase mi sorprende. Sarà poi perché tutto il materiale è di plastica che non ne sento più il peso. Sto insegnando ad una ragazza ad essere combattiva. Nessuna zavorra mi può pesare. “Anche tu ” le rispondo. Poi aggiungo: “Un giorno ti porto in un posto dove di guerriere ne potrai vedere tante”. Wanda Montanelli

Roma, 29 marzo 2008

Casa Internazionale delle Donne

CONFERENZA STAMPA

LA DEMOCRAZIA INCOMPIUTA E IL DESERTO DELLE OPPORTUNITA’ PER L’IMPEGNO FEMMINILE IN POLITICA

Intervento di Wanda Montanelli: “Il nuovo Parlamento sarà un Parlamento nominato più che eletto. […] Abbiamo bisogno che l’Italia mandi in Parlamento persone capaci, che i cittadini possano scegliere non trasformandosi in semplici notai delle decisioni delle segreterie dei partiti. […] Credo sia arrivato il momento che tutti, con i fatti e non solo con le parole, mettano finalmente i meritevoli in condizione di emergere e di progredire”. La composizione delle liste “non rappresenta certo un passo avanti in tema di miglioramento della classe dirigente e di criteri di selezione trasparenti dei suoi esponenti. Penso alle molte candidature fatte sulla base della ‘categoria’ di appartenenza piuttosto che sul valore individuale. Cooptazione al ribasso e mancanza di trasparenza nei confronti degli elettori sono prima di tutto il segno di una mancanza di rispetto verso l’istituzione fondamentale della nostra repubblica, il Parlamento. Guardate, queste non sono le parole di un pericoloso sovversore. Non sono le parole della “ribelle” Wanda Montanelli, indisciplinata dirigente dell’Italia dei Valori. Questo è un virgolettato di Luca Cordero di Montezemolo di appena dieci giorni fa. Partiamo da questo dato. La realtà incontrovertibile è che in Italia esiste in questo momento un deficit democratico e quanto più il tempo passa tanto più il gap con tutte le altre democrazie avanzate del mondo va ad accrescersi senza che noi si faccia nulla. Vi sono partiti, come l’Italia dei Valori, in cui non soltanto non viene fatto il minimo sforzo per invertire questa tendenza negativa, ma addirittura si ha la sensazione, quanto a pari opportunità e rispetto della componente partitica femminile, che ci si adoperi nel senso contrario. Usare il “Porcellum” in modo sconsiderato, per definire la solita lista di neoparlamentari uomini, per di più con l’aggravante di averli prelevati per grandissima parte dalla cosiddetta “società civile” ignorando quanto di buono è stato fatto in tanti anni da tutte quelle donne, ma anche quegli uomini, che all’interno del partito hanno speso per un ideale la propria vita, lo considero un atto di autentica barbarie politica. E’ un inaccettabile gesto di prepotenza rispondente a logiche del tutto estranee alla democrazia intesa nel senso più puro ed elevato del termine. Privare una parte del partito, quella femminile, quella storicamente meno forte e radicata, delle risorse previste per legge per la promozione politica delle donne è, anche questo, un qualcosa di profondamente sbagliato, che non va bene e che sa di beffa in aggiunta al danno. La mia è una causa pilota. Una modalità nuova, diversa, inesplorata per ottenere i diritti politici costituzionalmente garantiti. Non si dovrebbe arrivare a tanto, lo so, sono la prima a riconoscerlo. Ma nello stesso tempo sono perfettamente consapevole che non c’era altro da fare. Voglio che sia chiaro a tutti: non esiste una via percorribile per superare i tanti, infiniti ostacoli frapposti sul cammino delle donne da chi in questo Paese detiene il potere. Dieci anni sono lunghi, ho già provato tutto il provabile. Tutti i percorsi onesti e dentro i confini della legalità. Avverto la necessità di questa azione legale perché dopo aver tentato ogni tipo di mediazione politica e intrapreso con fattivo impegno ogni possibile dialogo, ho trovato null’altro che deserto. Lo sciopero della fame c’è già stato nel 2006, sono giunte le lettere di Prodi e di Di Pietro che mi invitavano dopo 27 giorni a smettere e assicuravano una maggiore attenzione in futuro alle donne. Promesse di cambiamento non solo non mantenute ma che si sono rivelate delle vere e proprie prese in giro, viste nell’ottica del legittimo riconoscimento e della valorizzazione delle esponenti politiche impegnate, ad ogni livello, nel partito Italia dei Valori. Abbiamo raccolto le sottoscrizioni (120 mila firme è stato il risultato) e presentato, con l’UDI, una proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre la presenza femminile in ogni settore della società: “50 e 50 ovunque si decide” è l’efficace sintetico slogan ideato dalle amiche dell’Unione Donne in Italia. Bene, nel caso dell’Italia dei Valori, lo dico con profondo dispiacere, quasi con dolore, questo slogan è pura fantascienza. Ho chiesto, prima della definizione delle liste dei candidati, di collocare in testa alle liste “7 magnifiche donne”, cioè, appena 7 esponenti femminili dall’altissimo profilo personale, da scegliersi insieme, sulla base anche dell’impegno profuso negli anni nella costruzione di quella casa comune che è l’Idv . Una richiesta fatta, peraltro, conoscendo la tipologia e la forma mentis dell’interlocutore. Un’istanza, quindi, molto, ma molto al di sotto del “minimo sindacale”. Le liste dell’Italia dei Valori poi le avete viste, sono pubbliche e pubblicate e direi che purtroppo si commentano da sole. Tra l’altro nel 2006, quando feci il mio primo sciopero della fame, lanciai già un allarme molto circostanziato: feci presente, dati alla mano, che in termini percentuali la proposta di presenze femminili in condizioni di concreta eleggibilità era irricevibile. E non soltanto per me ma per chiunque avesse davvero a cuore le sorti della componente femminile e le sue dinamiche di sviluppo. Ci furono le elezioni, si insediarono i nuovi parlamentari e tutti i più attenti notisti politici presero coscienza del fatto che – ahimè – nonostante le smentite di rito e le accuse di allarmismo che mi furono rivolte, la mia non era stata una previsione errata ma anzi somigliava molto ad una fotografia scattata anzitempo. Lo ricordo a giovamento di chi non seguì da vicino le vicende del nostro partito: su 25 parlamentari eletti (o nominati, se preferite), le donne furono appena 3. Due delle quali – cioè la senatrice Franca Rame, e l’on. le Federica Rossi Gasparrini – vennero “cooptate” dall’esterno del partito, senza aver condiviso il percorso evolutivo dell’Italia dei Valori. E forse non è un caso che entrambe abbiano in seguito lasciato il partito che le ha fatte eleggere. La terza parlamentare è l’on. le Silvana Mura che fra l’altro è anche la tesoriera dell’Idv. Quindi converge ora su di sé la doppia responsabilità di essere, al tempo stesso, l’unica donna eletta del partito e anche la dirigente Idv che sottoscrive i bilanci attraverso cui dovrebbe prevedersi lo stanziamento dei fondi assegnati per legge alla componente femminile. Stanziamento che non mi risulta (e non ci risulta) sia mai stato disposto. Secondo i dati recentemente diffusi dal Parlamento Europeo l’Italia è, con appena il 16,7% di eurodeputate, al quart’ultimo posto per presenze politiche femminili a Strasburgo. All’interno del nostro Paese la situazione non migliora. “Non possiamo ignorare la gravità dello squilibrio persistente in Italia a danno delle donne nella rappresentanza politica”. Ancora una volta non sono io a dichiararlo. E’ un parere assai più autorevole del mio: quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il cui recente appello per il rispetto dell’art. 51 della Costituzione, che prevede pari opportunità fra donne e uomini nell’accesso a cariche elettive, sembra essere caduto nel vuoto. Almeno scorrendo le liste delle candidature di alcuni partiti. Pochi giorni fa sono stati resi noti anche i dati internazionali dell’Unione Interparlamentare (Uip) sulle presenze femminili nei parlamenti dei singoli stati. L’Italia è ancora mortificata al 68° posto, a distanza siderale dai ‘soliti’ Paesi scandinavi, mentre al 67° si collocano, ex-aequo, Uzbekistan e Tagikistan. Ecco, io mi chiedo il perché di tutto questo? Quanto tempo deve ancora passare? Quale peccato dobbiamo scontare? Le donne, vorrei non lo si dimenticasse, sono colpevoli di innocenza, perché non hanno mai governato (e.. il mondo che noi vorremmo non è questo così mal gestito sotto ogni punto di vista). La modalità “tecnica” che si segue per impedire alle donne di arrivare nei luoghi di incidenza politica, come l’Esecutivo del partito, il Parlamento o altri luoghi istituzionali, è particolarmente sottile ma, tutto sommato, non richiede grandi sforzi di fantasia. Le si costringe a rinunciare ai loro ideali confidando semplicemente nell’insorgenza, al loro interno, di sentimenti di delusione e di stanchezza a fronte delle ripetute non-gratificazioni ricevute”. Viene detto loro di arare e seminare ma poi non viene loro consentito di raccogliere i frutti. Le si fa edificare per poi assegnare la casa costruita con tanto sacrificio ad altri che magari neppure conoscono. Ve lo posso assicurare, dopo un po’ tutte e tutti mollano. Direi che è quasi fisiologico. In tanti anni ho conosciuto e visto passare centinaia, forse migliaia di persone che hanno lasciato per stanchezza, per avvilimento. Dopo anni di impegno decidono, in ventiquattrore, di andarsene. I più senza neppure sbattere la porta. Perfino chi ha deciso di lottare con me, di resistere e di opporsi a questo ingiusto stato di cose – e per fortuna sono migliaia in tutta Italia – a volte mi scrive una email per chiedere di tirarsi fuori e non ricevere ulteriori notizie perché non crede più nella possibilità di un cambiamento. In questi casi mando una email al mio webmaster con un acronimo che solo noi due sappiamo “S.R.P.cancellalo”. Sta per “Si è Rotto le P… cancellalo”. Ecco, credete che dobbiamo tutti fare quella fine? Essere cancellati e far finta di non essere mai esistiti? Non è meglio lottare? In fondo la storia si scrive con le nostre azioni. Fatto dopo fatto, istante dopo istante. Adesso è questo che mi sento di fare: sciopero della fame e denuncia alla Magistratura. Una specie di contrappasso per Tonino Di Pietro. Un modo per ottenere, attraverso una terza via, quello che i buoni leader politici riconoscono autonomamente, affermando i diritti e la dignità delle persone meritevoli. Se credete che non mi sia costata sofferenza prendere una decisione simile vi sbagliate. E’ come denunciare tuo fratello. Si può fare a cuor leggero? Eppure non esiste altra soluzione. O fare rispettare gli articoli 51, 2 e 3 della Costituzione o mollare, anch’io esattamente come tutti gli altri. Quei principi devono essere osservati da ognuno di noi, sì o no? Anche i partiti sono tenuti ad attenersi ai dettami costituzionali? O ci sono zone franche? Noi non vogliamo che ve ne siano. Sono oltre dieci anni che lavoriamo ispirati da un profondo senso di uguaglianza e giustizia e perché non ci siano zone franche. Per nessuno. Non avverto né fame né freddo. Potrei digiunare chissà per quanto ancora senza raggiungere un livello di deprivazione del corpo lontanamente paragonabile al minimo esistenziale raggiunto attraverso l’umiliazione del mio spirito. Si è acuito nell’anno appena trascorso (2007, anno europeo per le pari opportunità) lo spregio nei confronti delle tematiche femminili dell’IDV, tanto è vero che anche la festa nazionale di Vasto del 2007 è stata organizzata senza tener minimamente conto della presenza femminile, come si vede dal programma trascorso. Molte donne responsabili locali, e io stessa ci siamo rifiutate di partecipare a tale manifestazione in qualità di semplici astanti. Adesso di nuovo queste liste discriminanti e offensive. Sono offesa, amareggiata, sono ancora però in grado di combattere per i miei, i nostri ideali. Ecco perché siamo qui oggi. Grazie a tutti i presenti. Wanda Montanelli

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LETTERA ALLA STAMPA

Dall’11 marzo Wanda Montanelli, responsabile della Consulta Nazionale delle Donne Italia Dei Valori, ha iniziato lo sciopero della fame contro il deserto delle opportunità per l’impegno femminile in politica. Il blog di Wanda è attivissimo. http://www.comitatoperwandamontanelli.com/ riceve quotidianamente centinaia di messaggi di solidarietà da parte di uomini e donne, che non tollerano lo scarso rispetto per la componente femminile. Lo sciopero della fame di Wanda è in favore della presenza femminile in politica e nei gangli vitali delle istituzioni, perciò ha ancora senso adesso, nonostante il tempo per presentare le candidature sia ormai scaduto. Una volta di più si è constatato lo scarsissimo peso che le donne hanno nella politica italiana. C’è di più: la Dottoressa Montanelli ha anche intrapreso una causa civile contro Tonino Di Pietro, citandolo, fra l’altro, per il suo caso di discriminazione con relativo danno esistenziale. Ma questo non è sufficiente a interessare la stampa, e pochi giornali dedicano attenzione allo sciopero della fame di Montanelli. Un numero di certo assai inferiore a quello che si muove quando un uomo digiuna per protesta. Manderemo ogni giorno questo comunicato finché non otterremo dai giornali la possibilità di arrivare all’opinione pubblica. Daniela Brancati, giornalista e scrittrice; Francesca Costa, docente, componente Consulta Donne IDV; Griselda Lagostena Bassi, imprenditrice e giornalista; Aura Nobolo, Presidente ONERPO Osservatorio Nazionale Europeo per il Rispetto delle Pari Opportunità e giornalista; Anna Rossi, docente, componente Consulta Nazionale Donne Idv.