La forbice si allarga. La conclusione amara (e non troppo sorprendente) che emerge dal nuovo World Inequality Report è che le disuguaglianze sono tornate ai livelli dell’inizio del Novecento. Confrontando le situazioni di disuguaglianza fra i Paesi e al loro interno, il rapporto sottolinea però che «la disuguaglianza è una scelta politica, non un fatto inevitabile».
Non a caso, una notizia che ha suscitato clamore è stata la bocciatura in consiglio dei ministri di quello che erroneamente è stato definito come “contributo di solidarietà”. Il premier Mario Draghi aveva proposto di congelare per un anno lo sgravio Irpef sui redditi sopra i 75mila euro, arrivando a un tesoretto di 248 milioni, così da spostare risorse contro il caro bollette e venire incontro alle richieste dei sindacati per un maggiore equilibrio tra redditi alti e bassi.
Ma si sono opposti la destra, Italia Viva e alcuni Cinque Stelle. E quindi la proposta non è passata (Il Sole 24 Ore). Ma, al di là della misura e dei litigi politici, le disuguaglianze in Italia restano un problema: nell’ultimo rapporto Oxfam “Disuguitalia”, viene fuori come la distanza tra ricchi e poveri negli ultimi decenni sia cresciuta. Dagli anni Ottanta, il reddito del 10% più ricco è andato aumentando, mentre quello del 50% più povero è costantemente sceso.
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Idee per invertire la rotta. «Siamo in una situazione che non è molto diversa da quella che portò alla Rivoluzione francese: c’è una fuga in avanti verso il debito pubblico che si spiega con il fatto che non si riesce a far pagare le classi privilegiate», ha detto l’economista Thomas Piketty (Repubblica).
Ma se le disuguaglianze crescono, contemporaneamente si fanno strada proposte innovative e ambiziose per combatterle, come emerso nel rapporto Feltrinelli The Politics to Come. Ne è un esempio, anche, la vertenza Gkn, in cui gli operai della fabbrica di Campi Bisenzio si stanno opponendo alla delocalizzazione decisa dal fondo speculativo Melrose, proprietario dello stabilimento. Economia finanziaria contro economia reale.
La novità è che questa volta la cosiddetta “società civile” ha risposto compatta. Non solo studenti e cittadini si sono mossi in solidarietà ai lavoratori, ma anche l’accademia ha deciso di scendere in campo. Studiosi e operai hanno scritto insieme un piano di reindustrializzazione della fabbrica, che mira a essere un modello per una nuova e più ampia politica industriale a livello nazionale. Un tentativo coraggioso, con cui «gli operai e operaie della Gkn hanno dimostrato di essere davvero ‘classe dirigente’», hanno scritto su Jacobin Italia Francesca Gabbriellini e Giacomo Gabbuti.
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