StalkerCaro Stalker,

permettimi di chiamarti così. Sono quasi sicura che tu rifiuterai questo appellativo perché non ti senti stalker, allo stesso modo dei violenti che non accettano di essere riconosciuti come tali, e gli assassini che rimuovono la loro ferocia quasi appartenesse ad altro da sé. Tuttavia da qualcosa bisogna partire per cominciare a parlare, ed io parto da qui. Sempre pronta a ricredermi però. Anche perché la decisione finale tra essere o non essere uno stalker è la tua.

 Sgomberando il campo dagli squilibrati che immaginano possibili storie con donne virtuali, nel senso che nemmeno le conoscono e cominciano a perseguitarle con idee che stanno solo nella loro testa, mi interessa precisare che, tra le diverse tipologia di stalker, oggi mi rivolgo a chi comincia a fare stalking dopo essere stato abbandonato dalla propria donna, o dopo una separazione anche legale concordata, ma mai metabolizzata. Questo vale in egual modo per le donne stalker non meno esecrabili degli uomini, anche se percentualmente il fenomeno riguarda molto di più il genere maschile.

 Per questo motivo c’è il tuo punto di vista che cerco di approfondire, caro Stalker. Vorrei guardare al fenomeno come se fossi un uomo. Per questo ti scrivo.

Mi immedesimo nel tuo stato, o almeno cerco di farlo per capire la tua sofferenza. È da lì che dobbiamo partire per tentare di conoscere ancor prima di giudicare.
Lei se n’è andata e tu soffri. È terribile. Chi di noi non ha sofferto almeno una volta nella vita per un abbandono? E allora con una sorta di reviviscenza alla maniera di Stanislavskij ritrovo antiche lacerazioni dell’anima tanto forti da rischiare di farmi uscire di senno rimuginando, al di là dei confini della razionalità, percorsi di catastrofici eventi.

Penso a te, caro Stalker, che arrivi a meditare di sopprimere la causa delle tue sofferenze.
L’azione violenta ti appare come l’unico lenitivo per la tua incontenibile afflizione. È qui il fulcro: un contenuto che non sta nel contenitore. Vorresti chiuderlo in un involucro a buona tenuta quel tuo corpo dolorante con fitte, mancanze, oppressione; ma non ci riesci. C’è un cuore che sanguina goccia dopo goccia, ed una mente che evade dal corpo per ideare l’impossibile riconquista, le strategie di recupero del rapporto, e se l’idea non funziona, pianifichi come opzione possibile la deflagrazione emotiva e la distruzione finale dell’oggetto del desiderio.

 Scusami ragazza, o donna che tu sia, se ti chiamo “oggetto del desiderio” ma è questo che si diventa in certe circostanze. Niente di più, niente di meno. La volontà di chiudere un rapporto, i tuoi sogni, il rifiuto di continuare un’unione fallita, non contano. Come una proprietà privata  tu dovresti esistere in funzione di lui in quanto acquisita ed inalienabile. Ma non voglio subito guardare al tuo punto di vista che conosco bene. Mi interessa lui, per questo gli scrivo.

 Caro Stalker,
prima di proseguire spiego ancora che questa lettera è rivolta a persone in grado di ragionare, sicché non entro nel campo della medicina o della psicanalisi, né pretendo di dialogare con i malati di mente. Mi piacerebbe che questi non avessero esempi inquietanti che istigano ad azioni brutali come troppo spesso avviene con la scuola di violenza fornita dai media, soprattutto dalla tv, quando divulga la rivoltante pornografia della morte a cui troppa gente si ormai adeguata.

 Ti scrivo poiché credo che tra un numero notevole di probabili stalker ci sia una rilevante percentuale di persone che, superata la fase acuta della sofferenza, riesca a razionalizzare il proprio comportamento e rinunciare a vendicarsi.
Persone che tornano in sé dopo aver  alimentato per giorni e mesi il proprio desiderio di rivalsa con frasi del tipo “Perché dovrei soffrire solo io?” oppure, più banalmente, predicendo la devastazione totale, con parole del tipo “Muoia Sansone con tutti i Filistei”.
Anche se poi ‘sto Sansone il più delle volte resta vivo per cui va a dissolversi l’alone eroico dell’immaginario popolare in cui la morte di Sansone, nell’autodistruzione, è ricordata come l’unico riscatto possibile della persona offesa.

 No. Non voglio che muoia Sansone, per l’amor di Dio! Si può fare altro di meglio.

 So che non avrei alcuna possibilità di farmi capire se mi appellassi alla tua generosità. Potrei dirti di mostrarti umano e buono con la donna che ti ha lasciato; chiederti di perdonarla (se ci fosse qualcosa da perdonare) o di perdonarti (se tu avessi dei sensi di colpa) e lasciarla andare per la sua strada.
Ma come si fa a chiedere ad una mente oscurata dal dolore e dalla convinzione di avere diritti di possesso sulla sua compagna di essere magnanimo? Non lo faccio perché vedi, credo che la magnanimità sia una qualità elevata dell’essere umano che un po’ si apprende dai comportamenti del contesto socio-familiare, ma in gran parte si eredita e permane nel dna come il colore degli occhi e la forma delle mani.

 Allora saresti senza speranza tu così deprivato di un dna magnanimo?

 Non credo. Provo a sostenere qualcosa di diverso. In fondo ho una tale fiducia nel lavoro che ognuno può fare su se stesso che immagino delle possibili modifiche autoindotte nel proprio dna, come una conquista per sé, ma anche come merce preziosa da lasciare in eredità agli altri, che siano figli o nipoti, o emulatori di comportamenti positivi.
Ho sempre creduto nel cambiamento. Se così non fosse non sarei felice di essere sopravvissuta a tante intemperie che la vita non si è risparmiata di dispensarmi, al punto che per nessun motivo vorrei tornare indietro in alcuna fase della mia esistenza, per il fatto che mi sento oggi migliorata.

 Voglio dirti una cosa.
Si rinasce più volte. Ognuno di noi lo fa quando chiude con il passato, e rivolgendo lo sguardo ad una nuova strada pensa di poter ricominciare a sorridere. Perciò non ti chiedo di essere prodigo con gli altri, ma di pensare ad esserlo prima di tutto con te stesso.
Tu non sei uno scarto umano che ha come unica possibilità di vita la persecuzione e la vendetta. Non accettare di consideranti un essere senza alcuna chance al di fuori del cosmo costruito intorno alla tua ex compagna, che poi è un piccolo cosmo. Datti un po’ di arie, insomma. Guarda al di là e ricomincia a vivere. Se ritieni di non farcela da solo fatti aiutare. C’è sempre qualcuno credimi, ma soprattutto ci sei sempre tu a disposizione di te stesso.

Ti dico un’altra cosa. Tra un po’ di tempo penserai a lei con incredulità. Ti verrà da sorridere ricordando che volevi far saltare il mondo per riaverla. Sarai un altro. Si rinasce più volte, e ogni volta si migliora.
Quando accadrà vorrò cambiare il titolo del mio testo.

Lettera alla persona che non ucciderà la sua donna, perché ha ritrovato coraggio di essere un uomo.

 18  settembre 2015                             Wanda Montanelli