(il soffitto di cristallo frantumato in mille pezzi)

Il fascino del quartiere è esploso dopo il film Caro Diario di Nanni Moretti, che con lo scooter osservava gli edifici, dalla strada immaginando storie e vicende vissute casa per casa. La Garbatella è popolarissima e viva nel fare della gente, le case in stile “barocchetto romano”, le botteghe ancora all’antica a misura d’uomo. Da qui arriva Giorgia Meloni, la ragazza attratta dalla politica che con una gavetta iniziata già da adolescente è arrivata ad essere, fra poco, premier.

Ed è la prima volta.

Nessuno avrebbe scommesso tra noi attiviste per i diritti delle donne nei lunghi anni di manifestazioni, sit-in, interrogazioni parlamentari, convegni, che, avendo raccolto solo un pugno di mosche, avremmo visto nell’anno Anno Domini 2022 un doppio scacco matto della ragazza della Garbatella, che dapprima si è creata un partito proprio e poi è arrivata ad ottenere la maggioranza relativa che le permetterà di diventare premier.

Ci vorrebbe adesso una sonora pernacchia verso i sedicenti progressisti di sinistra, a derisione di tutti coloro che nei decenni scorsi hanno solo finto di voler permettere alle donne le pari opportunità, e invece, predicando bene e razzolando male le hanno tenute a bada, con qualche contentino qui e là, abitando saldamente i posti apicali delle segreterie di partito, che in preminente “quota celeste” da sempre hanno occupato.

Di contro le cosiddette “quote rosa”, a cui mai abbiamo ambito, sono state le zone di pseudo potere concesse ad ancelle (o amanti nel peggiore dei casi).

Noi, non “quote” avevamo mai chiesto, ma la “rimozione degli ostacoli” avendo lottato per ottenere quell’art. 51 della nostra Carta, rimasto scritto come lettera morta, in dispregio a questo e all’art. 3 altrettanto disatteso.

Probabilmente nel passato le donne, uscite dalla Costituente pur essendo in netta minoranza (21 su 556 deputati) avevano saputo conquistare autorevolmente alcuni spazi di potere, anche perché gli uomini della politica di allora erano migliori.

Più recentemente l’Ulivo aveva dato esempio di rispetto e considerazione del ruolo delle donne; nella  XV Legislatura erano 48 le elette (su 108 – 44,44%) . Sembrava già un passo avanti ma volevamo una vera “rimozione degli ostacoli” con il nostro “50e50 dovunque si decide” , slogan del Consiglio delle donne che  con l’Udi, l’Affi,  l’Onerpo, la Casa Internazionale delle donne, avevamo portato in giro in tutta Italia, cantando pure l’apposito inno Donne in Parola.

Tuttavia tanti sforzi non hanno dato frutti, e oltre alle poche pubblicazioni, di giornali di periferia, i blog e le pagine internet, a tutta la cosiddetta sinistra progressista non è importato un fico secco delle nostre battaglie. Perché non eravamo irreggimentate, e nessuno poteva mettere il cappello sulle nostre iniziative. Niente. Nemmeno per il giro d’Italia durato un anno Da Niscemi a Brescia con il passaggio dell’Anfora contro la violenza, paese, paese, città e città le grandi testate hanno dato evidenza alle nostre iniziative.

E constatavamo che da sole, che, senza divenire “propaggini” di uomini apicali di partito, nel nostro essere trasversali, sincere, e motivate sui nostri obiettivi paritari, non potevamo essere accolte né sponsorizzate dalla stampa di regime. Con poche eccezioni, rammento Riccardo Iacona che ci raggiungeva in piazza nei luoghi delle manifestazioni e poi trasmetteva su Rai3, Flavia Amabile della Stampa, e Megan Williams della stampa estera. Le ultime due, e tanta Stampa estera hanno dato grande visibilità al mio sciopero della fame, ma quella è un’altra storia.

Per certe mentalità massificate non si può esulare da identificarsi con tessere, adesioni gregarie e atteggiamenti proni verso i potentati della politica. Né si può avere una idea di sinistra ampia, non racchiudibile dentro i confini di un preciso partito e peggio di una circoscritta corrente. Lo scoprii quella volta alla fine degli anni ’70, che da cantautrice parlando con l’organizzatore di una delle Feste dell’Unità, mi scappo detto: “Mi è simpatico Bertinotti” e lì per lì mi accorsi che la giovialità del mio interlocutore si era trasformata in un silenzio imbarazzato. L’uomo era istantaneamente divenuto serio e scostante. Mi congedò velocemente e l’ingaggio per le serate al Festival dell’Unità sfumò. La parola Bertinotti, come un fulmine aveva annientato le mie aspettative.

 AL LUPO AL LUPO DI ENRICO LETTA, IL MANTRA INASCOLTABILE  Ma oggi è anche peggio. L’attuale segretario del Pd non è riuscito nemmeno a portare a casa un numero decente di elette. Hanno predominato i maschietti e Enrico Letta  ha svolto una campagna assurda  con un doppio mantra alternato tra il grido di al lupo al lupo  per invitare gli elettori ad una “scelta di campo”, paventando, a suo dire, un imminente pericolo della destra, senza spiegare bene peraltro quale fosse il “suo” campo per il quale chiedeva in voto, ed anzi come un disco rotto ripetendo frasi sui diritti civili focalizzati sul pluri-sponsorizzato Ddl Zan, ignorando i punti di vista delle donne, specialmente delle femministe  che  su questa dedicata materia si fanno molte domande e pubblicano pareri di esperti, testimonianze di soggetti addentro alla questione, ripeto delicatissima, che investe (qui sì davvero) i “diritti” dell’infanzia,  e quelli delle donne a non essere considerate vuoti a perdere dopo aver affittato l’utero per fame.

Nessuna proposta da Letta sui gravi problemi: il lavoro, la crisi energetica, l’ambiente, la precarietà. Cose alla vista di tutti, ma anche facili da capire, ed alla portata dei frequenti suggerimenti di Bersani nei diversi talk-tv, il quale  tra il disquisire di  “giaguari impossibili da smacchiare” e “mucche che bussano alla porta” di consigli gliene ha dati, ma il Segretario Pd non li ha colti, sordo anche all’umore della gente dell’Italia disastrata, con gli aumenti di persone che vanno a mangiare alla Caritas e la disperazione esistenziale anche ora in fase di uscita dal Covid19. Non capisco tanto distacco quando sarebbe bastato ripetere a pappagallo le parole di Maurizio Landini su lavoro, ambiente, crisi economica, per conquistare l’elettorato come uomini di sinistra con le idee chiare “di sinistra”, e per dirla alla Bersani: “andare a riprendere chi è scappato nel bosco”.

Letta non ha prestato attenzione neanche il subbuglio delle donne del suo partito riunite in Conferenza  per protestare contro l’evidente misoginia e il sistema della cooptazione con filiere di potere che gestiscono tutto e accaparrano ogni posto. Sabato scorso si è riunita la Conferenza delle Donne, l’organismo del PD che dovrebbe assicurare un’adeguata rappresentanza femminile sia ai vertici del partito che nelle liste. Il risultato è stato un duro scontro, anche per il silenzio di alcune donne di partito che porta all’irrilevanza dei moniti femminili, come, per esempio, il silenzio assordante per la candidatura a Segretario della De Michelis, frutto di un atteggiamento ancillare delle donne che per profferire parola attendono il consenso dei capi  corrente.

Ottima sul tema l’intervista “Donne vs donne”  di Maria Latella a Valeria Fedeli e Serena Dandini a Radio24.

 

LA MELONI IL SUO SPAZIO DI POTERE NON L’HA CHIESTO, SE LO È PRESO

Assistiamo a un contrappasso in queste attuali dinamiche politiche  che vedono Berlusconi all’angolo, il quale cerca di uscirne con trovate eclatanti, e non riesce ad accettare il ruolo al comando di una donna, avendo considerato da sempre le donne come oggetti conquistabili con i soldi e con il potere, ovvero pura e semplice mercanzia sullo scaffale. Donne alle quali spesso ha concesso non solo i suoi regali (e ce ne freghiamo se si tratta dei suoi soldi di cui può fare ciò che vuole), ma pure ruoli istituzionali: ministeri, investiture parlamentari, e incarichi da consigliere in regione, e qui entra in gioco il regalare cose appartenenti alla comunità, i beni comuni non disponibili ad uso privato.

Molte persone che hanno operato nelle iniziative paritarie non hanno mai accettato la vergogna dell’aver affidato il ministero delle Pari Opportuntà ad una donna che con le pari opportunità non aveva mai avuto politicamente niente a che fare. Berlusconi con un violento “schiaffo” alle donne che per questi diritti avevano mosso mari e monti investì Mara Carfagna di tale importante ruolo. Ed io che di schiaffi   in politica ne ho subiti, ancora mi rammarico,  come mi rincresce ancora  l’abolizione della  Commissione nazionale parità e pari opportunità uomo-donna presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,  che svolsero un lavoro eccellente con presidenti come Tina Lagostena Bassi  , e poi Marina Piazza Mauro, le ultime due.

 

IL CONTRAPPASSO, I RUOLI RIBALTATI E LA ROTTURA DEL SOFFITTO DI CRISTALLO

Bene abbiamo visto il giorno del contrappasso in cui una donna che non da propaggine di pianta maschile, né da ancella, ha fatto il suo partito ed ha abbattuto il muro di gomma che da decenni avevamo vagheggiato di poter abbattere. Oggi Giorgia Meloni è di fronte ad un difficilissimo compito da premier, e può dire al recalcitrante Berlusconi, che il governo si può anche non fare se lui persisterà a voler comportarsi da capo. Sul perché lui perseveri tanto non vi è solo una lettura, certo la innata mentalità misogina determina le sue azioni, ma la frase Non sono ricattabile detta dalla Meloni dà adito a molte interpretazioni. Sappiamo come Berlusconi debba tenere buone olgettine e donnine varie, ma lasciando da parte l’indecenza ed evitando affrettati giudizi sul futuro governo, mi piace leggere in questa frase un grido di libertà. ed è la prima volta. La libertà di una donna svincolata dalle briglie maschiliste. Ed è molto, ed è tanto.

20 ottobre 2022   Wanda Montanelli