NOI, COLPEVOLI D’INNOCENZA

Il mondo così com’è non ci piace, ma non è il nostro mondo. Neppure gli appelli delle donne Udi ed Onerpo e hanno fatto desistere il padre di Sanaa dai suoi propositi. Fossi il Giudice ne terrei conto.

Come potrebbe essere il mondo governato dalle donne? Intendo dire donne vere, abituate a far quadrare con sacrifici il bilancio di casa, ad educare i figli e trasmettere loro principi morali e valori di base, ad essere rigorose nel far rigare dritto chi a loro è affidato; ad esprimersi ed agire con azioni efficaci contro la violenza che le tocca da vicino come donne e come madri; a trattare l’ambiente e programmarne la decontaminazione per il senso del futuro in eredità ai propri figli. Le donne sanno essere severe e senza sconti quando è necessario, compiendo e pretendendo sacrifici per obiettivi comuni. Le donne non hanno ancora potuto dimostrare che cosa sanno fare perché i luoghi della politica spesso sono chiusi al talento femminile anche se si tende a negare questa verità che è sotto gli occhi di tutti. Ogni volta che si esprime l’auspicio di una società in cui le donne abbiano voce e potere decisionale si intende dire “anche” le donne. Ci si riferisce un desiderio di cooperazione tra gli aventi diritto. Non c’è nessuna conflittualità, né avversione agli uomini in quanto tali, che molto amiamo e rispettiamo quando a loro volta ci amano e ci rispettano. La domanda è invece “quanto onorano i nostri desideri i soggetti preposti alle scelte che ci riguardano?” Poco. Ci onorano poco e male. Lo vediamo dal modello dell’esistente che non regge più. Che cosa vogliamo esaminare per primo, i disastri ecologici, la corruzione dilagante, il precariato e il degrado della qualità della vita, l’abbassamento ai livelli minimi del senso morale collettivo? Che cosa possiamo aspettarci ancora di peggio e di più degradante dell’induzione in schiavitù di minori, di abusi e brutalità, di crescita di bisogni indotti da prototipi di superficialità e vuoto esistenziale. La violenza alle donne, ricorrente e impunita, anzi premiante per l’immediata popolarità dei malvagi, con primi piani in tiggì di prima e terza serata, inchieste con la lente di ingrandimento su soggetti che da un giorno all’altro possono addirittura lucrare su loro delitto e diventare personaggi degni di attenzione; con l’esaltazione dell’eroe negativo che prima o poi trova emuli per cattiveria, per noia, o per “esistere” in quanto rappresentato dalla tv. Sarebbe saggio l’oblio su certe efferatezze, invece vengono imposte all’attenzione pubblica. Questa violenza di cui tanto si parla e contro cui minimamente si agisce, pensate che noi donne non saremmo in grado di vincerla difendendoci in proprio? Avendo l’accesso ai luoghi delle decisioni, credete che non saremmo in grado di iniziare un corso diverso di prevenzione a garanzia e tutela dell’incolumità delle donne e punibilità dei violenti? Sapremmo, ne sono convinta, programmare la nostra difesa e tutelarci molto meglio di come ha fatto fino ad oggi chi ha il potere di farlo, ma si rivela incapace di agire con fermezza e raziocinio. Senza obblighi verso nessuno. Libere di scegliere. Affrancate dall’assoggettamento ai poteri forti. Svincolate dall’obbligo di anteporre alle deliberazioni le convenienze del mercato degli scambi occulti, le donne prediligono un progetto di vita che tuteli i diritti di tutti, dei meno protetti soprattutto; che guardi all’equilibrio delle risorse, alla salvaguardia del futuro con il rispetto della dignità umana e la fine dell’aggressione all’ambiente. La storia di Sanaa è solo l’ultimo tragico tassello di un domino concepito dall’uomo che continua a negare libertà di pensiero, di azione, di felicità a chi non si uniforma al modello maschile, qualunque esso sia. Proprio oggi il padre-assassino della ragazza ha ammesso di aver tentato di ucciderla già da una settimana. Dunque, neanche la staffetta contro la violenza alle donne, promossa da ONERPO e UDI e svoltasi nel centro di Pordenone tre giorni prima del delitto, gli ha fatto cambiare idea. Quasi sia un segno del destino, centinaia di donne vengono a sfilare nella tua città, chiedendo e invocando di non ricorrere alla violenza e tu non sai neppure fermarti per un istante a riflettere. Senza speranza. Fossi il Giudice chiamato a giudicarlo terrei conto anche di questo. E comunque, a parti invertite, non sarebbe mai successo. Nessuno può oggi affermare che le donne abbiano avuto una chance e non essere state capaci di ottenere il cambiamento che sognano. L’unica colpa che hanno le donne è l’innocenza; quella di non aver mai governato. Parafrasando il titolo di un film si può dire che sono “Colpevoli di innocenza”. 19 settembre 2009 Wanda Montanelli FILMATO: Noi colpevoli di innocenza

STAFFETTA DI DONNE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE (UDI-ONERPO)

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Sesso a gogò ricatti, intimidazioni. Roba da uomini mentre nelle retrovie le donne si occupano di iniziative concrete

Forse è tempo di interessarsi d’altro oltre che di tette a pagamento. Il silenzio delle donne di cui tanto si è scritto durante la calura estiva, non è un vero silenzio, ma una sordina d’obbligo che il sistema impone alla parte femminile del Paese, la più grande numericamente, la più povera di risorse e mezzi. La voce delle donne dà fastidio, anche quando è in toni caldi e persuasivi; anche quando usa argomentazioni civili per legittimamente difendersi da tutto ciò che l’aggredisce, la inquieta, costituisce pericolo per sé, la società, la famiglia, l’ambiente, la cultura. “Gli argomenti delle donne non interessano nessuno” qualcuno prova a dire, ma non è così. Perché un film ci piaccia dobbiamo vederlo, perché un libro ci affascini dobbiamo leggerlo, perché un quadro ci conquisti dobbiamo osservarlo. Quello di cui le donne vorrebbero parlare, bisogna conoscerlo, approfondirlo, pubblicarlo. Non solo nelle riviste femminili, o nelle poche tv tematiche, nei compartimenti stagni dei dipartimenti per le pari opportunità. Per carità utili, anzi indispensabili, ma dovesse esistere una vera democrazia aperta alla cittadinanza femminile non ci sarebbe bisogno dei settori per la parità. Oppure esserci per difendere gli uomini qualche volta vivaddio ! L’espressività e il talento femminili nelle rare occasioni in cui si può dimostrare dà risultati sorprendenti. Senza far la lista delle rare occasioni in cui ciò è successo, oserei sperare che qualche volta è accaduto perché nessuno ha posto volutamente limiti o ostacoli e non perché ci si è dimenticati di mettere in moto il meccanismo di esclusione: muto, sordo, invisibile, ma pazzescamente insormontabile e odioso. Non sono fantasie. Le donne, quando la competizione è corretta vincono. Quando si concorre a partire dallo stesso punto, si impongono in percentuale notevole. Sono più intelligenti e più brave? No. Sanno che il sistema non giustifica errori di donne che non hanno parti anatomiche in “co-gestione da carriera”, quindi si organizzano, si preparano, studiano, magari cercano di conoscere statistiche sulle domande d’esame e indagare sui testi preferiti dall’esaminatore. Non sono più brave. Si procurano borracce d’acqua essendo abituate ad attraversare il deserto. Eppure può accadere che gli uomini le temano. Fanno paura per la loro determinazione, la convinzione di avere qualche diritto. Come per esempio quello di scegliere di essere carine con chi le ispira a prescindere dal bisogno o dal tornaconto. Libertà di donne. Indipendenza vera. E’ la cosa che più spaventa gli uomini abituati a comprarle le donne. A comprarle con denaro, offerte di lavoro, o promesse di carriera. La sofferenza femminile è dovuta a questa incomprensione di fondo, al complesso che fa ritenere negativa la libertà femminile, poiché diventa impegnativo competere con intelligenza paritaria. E senza privare i gli uomini illuminati e veri della esistente considerazione che essi hanno di donne felici incontrate sul loro cammino, bisogna rilevare che l’esasperazione della incomprensione, la paura, i difficili condizionamenti sociali, portano alla violenza di cui in questi giorni non si fa che leggere e sapere. Ma più di tutti è deleteria la cattiveria dell’ignoranza. L’incultura. Donne violentate, uccise, rese schiave, vessate. “Si dovrebbe andare in piazza! Farsi sentire!” si scrive nei blog e in qualche quotidiano che d’estate ha pensato bene di trovare un argomento insolito. Ma noi in piazza ci siamo! Chi lo sa? “Le donne dovrebbero organizzarsi! Come mai tacciono?” Ma siamo organizzate! Parliamo! Cerchiamo di far sapere le cose… Chi lo scrive? Contro la violenza sono innumerevoli le iniziative, ma poco se ne sa. Questa dell’Udi ha attraversato l’Italia. Dalla Sicilia alla Lombardia. Regioni, province, centri piccoli o grandi, migliaia di donne vanno da una luogo all’altro, da una piazza centrale ad una via periferica, da un teatro, a un centro estivo; di giorno di notte, dovunque per protestare contro la brutalità. Si chiama “Staffetta di donne contro la violenza alle donne!”. Ha per simbolo un’anfora che viene consegnata dalle porta-staffetta da sud a nord, dalle alpi alle Piramidi. E’ partita da Niscemi il 25 novembre 2008 dove è stata assassinata Lorena Cultraro, di 14 anni. Finirà a Brescia il 25 novembre 2009 dove è stata assassinata Hina Saleem di 20 anni. Migliaia le associazioni interessate. Ognuna con suo colore sociale o politico ma plurale nell’interesse comune in difesa delle innocenti. Un’iniziativa di donne per le donne che ha la dignità di essere rappresentata, anche se nessun partito vi si riconosce o può metterci il cappello. Per una volta c’è qualcuno che può interessarsi di una manifestazione sociale a prescindere? E’ una cosa di donne, donne, donne. Punto. Il 12 settembre la staffetta sarà a Pordenone. L’hanno organizzata un gruppo di volontarie, insieme alle due portabandiera Onerpo e Udi. Francesca Costa e Zanette Chiarotto, con Franca Giannini, e le ospiti Aura Nobolo, Santina Zannier, Alessandra Battellino, Maria De Stefano. Ci stanno lavorando da tempo. Ci mettono il cuore, il tempo e ogni risorsa disponibile. Andiamoci nel nostro interesse. Wanda Montanelli LA LOCANDINA E L’INVITO

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