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Il Project Finance senza controllo pubblico: boomerang a scapito dei contribuenti

di Anna Rossi

Le truffe registrate a danno delle economie degli Stati Sovrani sono i risultati di architetture finanziarie che hanno scavato nel tempo un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato ossia il cosiddetto “project financing”. Ma di cosa si tratta esattamente? Il Project Finance (tecnica che rappresenta una sorta di “rivoluzione copernicana” nella cultura finanziaria italiana) si colloca nell’ambito di nozione di partenariato pubblico privato (PPP), una cooperazione che in Italia possiamo chiamare “autofinanziamento del progetto”. Questa tecnica di finanziamento è alternativa al tradizionale finanziamento d’impresa. Il finanziamento d’impresa ha per oggetto la valutazione dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa, e “il finanziatore” (solitamente una o più banche che valutano la richiesta d’impresa di finanziamento), eroga questo ultimo con garanzie reali o fideiussioni concesse all’impresa “oggetto del finanziamento stesso”. La finanza di progetto ha, invece, per oggetto la valutazione dell’equilibrio economico-finanziario di uno specifico progetto imprenditoriale legato ad un determinato investimento, giuridicamente ed economicamente indipendente dalle altre iniziative delle imprese che lo realizzano: il finanziatore finanzia una singola idea o progetto di investimento. L’attenzione dell’investitore nel Project Finance è focalizzata esclusivamente sulle caratteristiche dell’affare che viene prospettato e sulla sua capacità di rimborsare il finanziamento stesso. In caso di insuccesso del progetto i finanziatori possono rivalersi sui beni del progetto o sui promotori (rivalsa limitata) dello stesso, a seconda di quanto pattuito. Nella maggior parte dei paesi industrializzati (paesi ad estrazione anglosassone) la formula del Project Finance è utilizzata per la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali e da circa vent’anni anche l’Italia, dapprima restia per motivi culturali all’utilizzo del PF, utilizza questo strumento “utile”. Ecco che il nuovo modello di Stato meno gestore ed erogatore diretto di risorse e più regolatore si viene ad affermare in coerenza con le politiche economiche che non si realizzano più con la spesa pubblica. Fin qui sembrerebbe tutto filare liscio come l’olio. Peccato che solo una gestione efficiente e qualitativamente elevata (fase di gestione dell’opera) consente di generare i flussi di cassa necessari a rimborsare il debito e remunerare gli azionisti! Non è il caso italiano. Se da una lato le Amministrazioni Pubbliche si sollevano, in tutto o in parte, dagli oneri relativi al finanziamento di un’opera infrastrutturale dall’altra si affida al settore privato la gestione dell’opera dimenticando quasi sempre la supervisione sulla qualità del servizio/prodotto e talvolta anche la pienezza dell’utilizzazione commerciale. Quale mucca migliore da mungere di un pubblico che risponde degli “errori” del privato? Queste imprese moderne, le cosiddette post fordiste, hanno una caratteristica fondamentale: non hanno più un legame con il territorio, attivano prestiti come società di diritto privato (es. Tab Spa e Infrastrutture Spa che sono società di proprietà pubblica) e li erogano con la garanzia totale del socio pubblico. Queste società private di proprietà pubblica grazie al comma 966 sono tenute fuori dalla contabilità nazionale e solo dopo anni ed anni il debito occultato nella contabilità salta fuori. Naturalmente queste imprese sono presenti nel mercato nel momento in cui ci sono grandi opere da concretizzare e con determinate caratteristiche. Imprese virtuali che subappaltano tutto. In un paese come l’Italia di opere inutili e di danaro pubblico sprecato la conta del disastro è sotto gli occhi di tutti ma colpevole di questa razzia è la classe dirigente italiana che in un silenzio tombale ha avallato ruberie indicibili. I debiti del project financing o delle società di diritto privato di proprietà pubblica non figurano nel 120% del Pil eppure sono debito pubblico a tutti gli effetti che prima o poi emergerà esplodendo e travolgendo l’economia tutta. L’adozione della logica del PF, essendo basata su criteri dinamici, prospettici e, fondamentalmente, reddituali-finanziari, può consentire a questo “tipo di aziende” di sfuggire a forme di razionamento del credito, aumentandone di fatto le possibilità di ricorso al mercato finanziario (Wynant, 1980). L’Amministrazione Pubblica nel corso di questo ultimo ventennio è stata svuotata dei suoi migliori tecnici i quali avrebbero potuto valutare, a garanzia del pubblico e quindi dei cittadini, la ricaduta sullo sviluppo reale dell’investimento. La formula PF, correttamente applicata, avrebbe dovuto assicurare vantaggi in termini di efficienza in quanto il rispetto dei tempi di realizzazione e la corretta gestione dell’opera sono condizioni essenziali che il privato deve osservare al fine di conseguire quei flussi di cassa che pagano il debito contratto e non solo. La supplenza del privato non è stata però di stimolo per la pubblica amministrazione italiana che ha abdicato completamente al proprio ruolo istituzionale grazie anche alle molteplici e complesse disposizioni legislative e alle lentezze burocratiche. Per l’Italia la formula PF contiene elementi fisiologici d’incertezza e quindi di rischio. Per concludere: quale formula migliore per svuotare le casse di un paese ricco sia nel pubblico che nel privato se non l’indebitamento occultato ad orologeria? In questo processo di cambiamenti strutturali in cui la cultura di un paese rappresenta solo un muro da abbattere non c’è futuro per nessuno e come in tutti i big bang che si rispettano non resterà che ricominciare daccapo. Peccato! Pensate a quante energie sprecate e regalate a questi tristi signori del pianeta! Anna Rossi Docente di Business English Facoltà di Scienze Sociali – Roma – Angelicum Roma, 16 marzo 2012