Decisionista di coccio il ministro Brunetta. Ognuno ha la sua storia, e mettere Brunetta al ministero della Pubblica Amministrazione non credo sia stata un’idea felice, tuttavia gli accordi tra le coalizioni per permettere un governo ampio ci hanno dato questo risultato. La mentalità del ministro è piuttosto da commerciante, quel tipo vetusto di bottegaio che vuole vedere sott’occhi il lavoratore per controllarlo a vista e misurare magari anche i minuti che impiega per svolgere i suoi bisogni corporali. Chi ha lavorato in fabbrica e rammenta il “controllore di tempi e metodi” che con un cronometro misurava le assenze dalla postazione per andare al bagno, sa di che scrivo. Ebbene presumo che certe mentalità che dividono i lavoratori in due sole categorie: fannulloni e stakanovisti non possa cambiare, o almeno fino ad oggi non sembrano poter cambiare; ecco perché se proprio si doveva dare un ministero a Forza Italia sarebbe stato meglio evitare Brunetta alla P. A. E non vale a nulla il sommovimento che sta nascendo intorno alla superbia del ministro che non vuole ammettere di aver sbagliato nella fretta di cancellare lo smart working, né valgono le proteste dei sindacati i rimbrotti di chi di lavoro ne sa molto di più, per cultura e ricerca, come il professor Domenico De Masi quando afferma: “7 milioni di italiani potrebbero telelavorare, l’INPS ha fatto dieci volte il lavoro di prima in smart working”.
Scrive il sociologo del lavoro prof. De Masi: “Caduto il governo Conte, Renato Brunetta ha sostituito Fabiana Dadone al Ministero per la Pubblica Amministrazione e, qualche giorno dopo il suo insediamento, i componenti dell’Osservatorio sono stati riuniti per avviarne i lavori. e Dopo di che non sono stati mai più convocati, e il 29 aprile, senza ascoltarne il parere, Brunetta ha preso cinque decisioni, tutte insidiose per il futuro dell’innovazione organizzativa nella PA”.