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“SUICIDIO OCCIDENTALE” FEDERICO RAMPINI: L’ATTACCO DELL’ORIENTE VERSO L’OCCIDENTE È COLPA NOSTRA…

 

È il nostro autolesionismo che ci ha portati fin qui. Quell’alienante autoflagellazione dell’Occidente che da anni coltiva sensi di colpa e ci porta a vivere divulgando una specie di cultura erbivora, senza considerare che siamo circondati da spietati carnivori.

“Se un attacco nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione, scrive Federico Rampini  nel suo ultimo libro ‘Suicidio occidentale’. Ma è ora di rinsavire e riconquistare l’orgoglio per le nostre qualità esistenziali, interrompendo la alienante autoflagellazione.

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LA SIMMETRIA DELLA COMUNICAZIONE, DIRITTO FONDAMENTALE DELL’UOMO

internetIl futuro da inventare è una delle scommesse più esaltanti di internet. Zygmunt Bauman, sociologo della modernità liquida lo ha testimoniato durante un suo recente intervento al Teatro Dal Verme in occasione del Meet the Media Guru di Milano. I cybernauti creatori e compositori del futuro acquisiscono sempre maggior consapevolezza delle enormi potenzialità della rete. Secondo Bauman, internet si plasma su di noi, sui nostri bisogni e le nostre paure. E’ dunque la nostra immagine riverberata sul mondo, è “strumento e specchio, che assume i volti che scegliamo di darle”. Ma è anche misura, esagerazione e confronto, apertura verso mondi nuovi; è scambio, divulgazione per la prima volta con percorsi di andata e di ritorno.

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49 e 18

L’ACCOPPIATA VINCENTE IN DEMOCRAZIA

Contro l’illegittimità dei partiti retti autocraticamente dai capi, dai duci, dalle élites o dalla burocrazia (C. Esposito 1902-64)

Per anni non succede nulla, poi come per magia i nodi vengono al pettine. Finalmente! dicono tutti. Era ora, affermo io a maggior ragione, dal momento che della questione della democrazia all’interno dei partiti ne ho fatto tema di tante iniziative, sociali, politiche e, per non lasciare nulla al caso, anche una causa civile pendente presso il tribunale di Milano. Dicono che io sia una donna coraggiosa per aver toccato un tema così delicato. Ma non posso fare altrimenti, dato che di entrare in politica non me l’ha ordinato nessuno, e come tante donne l’ho fatto perché ho creduto fino in fondo ai dettami Costituzionali. Il 51 che ci rende pari (sulla carta). Il 2 e il 3 sull’inviolabilità dei diritti e sulla dignità sociale. Il 49, oggi attualissimo dopo le gestioni dispotiche dei tiranni di partito, incluse le appropriazioni indebite dei cassieri. Hanno rubato diritti, sogni, linfa vitale Voglio precisare una cosa che forse non è ben chiara a tutti. Questi soldi asportati da tesorieri truffaldini non hanno fatto solo un danno economico ma un enorme danno di democrazia. Sono stati rubati i sogni, la linfa vitale, gli spazi, le opportunità democratiche a tutti coloro che hanno creduto in una politica pulita. Hanno deprivato le donne, del 5% dei contributi che dovrebbero permettere loro un po’ di promozione femminile della politica, per lo stato di povertà in cui, in tutti i sensi versano le donne; le hanno defraudate del piccolo sollievo per evitare sempre e comunque di contare solo sulle proprie forze nonostante tutto, con risorse private: cuore, testa, gambe, e anche denaro proprio. Mentre la Costituzione dice altro. Mente la legge 157/99 sui rimborsi elettorali dice altro. Siamo afone del nostro urlo che nessuno ascolta, siamo spossate del soffio di voce con cui da tempo stiamo cercando di dire la verità. Verità che nessuno ascolta. Serve coraggio per udire, e chi è sordo non sente né l’urlo né il soffio di voce. Il sordo per scelta non ha coraggio, oppure è compromesso egli stesso e accampa scuse. La sentenza Micciché: Chi non ha nulla da nascondere non si trincera dietro la esclusiva competenza del Parlamento in tema di rimborsi elettorali. E’ ciò che invece è avvenuto in corso di causa, presso il Tribunale civile di Milano. Alla nostra richiesta relativa ai fondi per le donne (5% dei rimborsi elettorali previsti dalla legge 157/99, art. 3) che pur essendo in bilancio, non risultano essere state erogate, la presidenza Idv risponde che non abbiamo competenza per chiedere conto, né noi né il giudice ordinario. Ma la sentenza Micciché respinge tale ostacolo a far chiarezza sui conti di partito e spiega: “Va esclusa l’assoggettabilità della presente vertenza alla giurisdizione domestica del Parlamento. E con questa frase si respingono le eccezioni di Idv di carenza di giurisdizione e decadenza …”. In poche parole il magistrato di prima istanza esclude che sia solo il Parlamento a dover “spulciare” i conti di partito. E con questo anticipa la importante svolta che sta interessando la Corte dei Conti sui controlli dei fondi di partito. Nel frattempo il Collegio dei revisori dei conti della Camera con una lettera al Presidente Gianfranco Fini chiede al Parlamento interventi volti a rendere più efficaci le funzioni di verifica, attualmente solo formali. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a sua volta spinge per attuare regole di democraticità all’interno dei partiti, richiamando l’attenzione all’articolo 49. L’art. 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Sono poche sostanziali parole in cui i nostri padri costituenti hanno racchiuso l’essenza della democrazia. Mai articolo fu così disatteso come in questi ultimi decenni. Eppure è antico il monito di costituzionalisti come Esposito, Crisafulli, Paladin. Carlo Esposito già oltre mezzo secolo fa scriveva: ” L’interpretazione razionale della disposizione [Cost. It., art. 49; ndr] vuole dunque che si riconosca l’illegittimità dei partiti retti autocraticarnente dai capi, dai duci, dalle élites o dalla burocrazia dei partiti,…”. Ed aggiungeva: “la solenne dichiarazione (della Costituzione italiana, ndr) che i singoli possono associarsi in partiti “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (se ha un significato e non consta di parole in libertà) implica innanzi tutto che i partiti siano organizzati in modo che i singoli cittadini associati determinino essi l’indirizzo dei partiti, attraverso cui dovrebbero concorrere in seconda istanza a determinare l’indirizzo politico dello Stato (…). I capi, i duci, i padroni dispotici di partito, visti e temuti da Esposito sono cresciuti, pasciuti e ingrossati di potere in questa orribile Seconda repubblica. Foraggiati da fondi pubblici, mentre la gente è ridotta ai minimi termini. Ed eccoli i loro cassieri in filmati e tg con le mani nella borsa del denaro. Il Consiglio d’Europa, divenuto di dominio pubblico l’uso privato di denaro pubblico, boccia i partiti per irregolarità nei bilanci. E la sensibilità istituzionale verso il problema aumenta in rapporto all’enorme disagio dei cittadini impoveriti da tasse e balzelli mentre gli unici a nuotare nell’oro sono i partiti. Da Taiwan a Berlino 18 passi di civiltà Sull’articolo 18, un punto dello statuto del lavoratori di grande civiltà, ho già scritto. Volerlo abolire è una sorta di sindrome cinese che se dovesse contagiarci ci potrebbe far amaramente pentire come la Apple si è pentita dopo i suicidi a catena. Non dobbiamo avere invidia non dei paesi meno civili. E da Taiwan a Berlino i 18 passi di civiltà in tema di diritti del lavoro sono quelli che se non portano avanti, almeno non spingono verso il basso la gente disperata. Gli articoli 49 della Costituzione e il 18 dello Stato dei Lavoratori sono due importanti punti di civiltà. Li unisco in questo combinazione fantastica perché prima di interessarsi del secondo è fondamentale mettere a fuoco il primo: L’articolo 49 e tutto l’insieme dei significati di potenza democratica inespressi e irrealizzati. Sappiamo ad oggi abbastanza sull’uso di denaro pubblico. Alcuni partiti come il Pd hanno i bilanci certificati da revisori esterni qualificati. I Radicali sono i promotori dell’antico Referendum contro il finanziamento ai partiti. Attualmente il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo rifiuta di incamerare i soldi dei rimborsi elettorali. L’Idv con Di Pietro annuncia un nuovo Referendum. Al partito dei Valori suggerirei di fare qualcosa di diverso: rifiutare i rimborsi dell’ultima trance, e dimostrare come sono stati spesi i fondi fino ad oggi. Quello che avanza restituirlo, comprese le somme del 5% che sono stati motivo di esclusione femminile dal partito. L’impoverimento delle donne è uno dei punti, e neppure il più importante della carenza di democrazia. Ma oggi di questo si parla e di questo io scrivo. Il resto è un dossier depositato agli atti. Wanda Montanelli 12 aprile 2012

LA GIUSTIZIA GIUSTA CHE SERVE A DAVIDE

. A gran voce si chiede una giustizia tempestiva e il primo requisito di giustizia giusta è proprio la celerità dell’esito finale perché se la sentenza arriva quando i contendenti sono passati a miglior vita o sono troppo anziani e rincitrulliti per capire che il giudice gli ha dato ragione non ha più senso. La macchina farraginosa che porta avanti lentamente le istanze dei cittadini derubati di un diritto deve modernizzarsi e su questo si può essere tutti d’accordo. Serve perciò “uno scatto d’efficienza” e servono “scelte coraggiose” ha detto di recente il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Pier Camillo D’Avigo, Consigliere della Corte di Cassazione i cui interventi sui mali della giustizia sono di una concisione e un’arguzia pregevoli, dichiara che in tema di giustizia il reato più odioso è quello che offende i più deboli. Alla domanda: “Allora sei di sinistra?” risponde: “L’etica del cavaliere medioevale di soccorrere i deboli e gli orfani, era di sinistra?”. La confusione che si crea nell’etichettare soggetti pubblici che svolgono la loro funzione con bravura e correttezza in “azioni di destra” o “di sinistra” non porta giovamento a Davide. Davide è l’uomo onesto che si affida, quando non riesce a trovare affermati i propri diritti, ad una magistratura che non intende colorare di rosso, di bianco o di nero. Un’istituzione super partes proprio in virtù dell’art.3 della Costituzione. E allora siccome Davide non ha altri mezzi per trovare conforto e ristoro se non l’affidarsi ad un soggetto “terzo”, superiore a se stesso e al proprio antagonista riguardo alla questione che ostacola il suo pieno diritto di cittadinanza, risulta di fondamentale importanza mantenere la sua fiducia nella magistratura. L’eccessiva lunghezza delle cause fa perdere tasselli importanti nello spazio vitale di ognuno. Il che si può riferire a procedimenti civili, ma ancor più a reati penali che incidono in maniera devastante nell’esistenza umana. Quindi non c’è maggior danno in tema di giustizia che il perdersi in diatribe politiche, o in inseguimenti su norme che riguardano pochi. Specie se questi pochi hanno nulla a che fare con Davide, ma piuttosto sono dei “super Golia” con un multistrato di protezione dato dal proprio status, che spesso è economico, sociale, politico, istituzionale, e di “potere” manifesto o occulto in quantità enormi di intrecci pubblici. “Leggi ad personam” è la locuzione più inflazionata di questi tempi. Se vogliamo dirla semplicemente si tratta di leggi personalizzate a proprio uso e consumo. Come se tutto l’imponente apparato dei due Parlamenti, le 945 cariche istituzionali di Camera e Senato, le Commissioni, il Sistema civile li abbia architettati e Iddio li tenga in vita per una o poche persone. “Tutti travagghiarono e ficero a iggio” dice un vecchio motto siciliano per schernire la pretesa di mobilitare l’intesse generale a favore di un solo soggetto. Il che è evidentemente al fuori a ogni buon senso, talmente avulso dalla saggezza da apparire poco intelligente. Ma c’è invece un’intelligenza scellerata, o un bisogno estremo di autotutela che muove e concentra certe azioni. Certo il permetterle non si addebita solo a chi le compie, semmai anche a chi certi codici di sistema ha inventato. Poiché abusare del privilegio non è novità di moderna realizzazione, ma esisteva, come esistevano gli spazi “vuoti”, talvolta predisposti, in cui s’è annidata la sfrontata crescita del beneficio personale. Alla faccia di Davide che sta in fila ad attender il suo turno, e non vede l’ora di essere chiamato dal suo giudice per dire, magari con un piccolo inchino e il cappello in mano: “Chiedo giustizia”. Ma la patologia del caso italiano da che dipende? I giudici sono fannulloni? Risponde sul tema D’Avigo per dire “Abbiamo la più alta produttività d’Europa, probabilmente del mondo. La giustizia è lenta per molte ragioni, ma la più importante di tutti è che ci sono troppi processi”. E ancora: “L’Italia spende per la giustizia quello che spende la Gran Bretagna, dove fanno 300 mila processi penali l’anno. Noi ne facciamo tre milioni. Abbiamo ogni anno più cause civili nuove di Francia, Spagna, Gran Bretagna messe insieme”. Spesso reati piccoli portano le cause fino alla Cassazione, come il mancato pagamento di un biglietto del tram o la banale lite tra condomini per chi debba pagare le spese d’elettricità dell’ascensore. Uno dei motivi che induce al ricorrere in Appello in materia penale è la inesistenza del rischio di vedersi aumentata la pena. Si dilungano le cause all’infinito anche per la volontà dell’avvocato di non arrivare a conclusione. Ad alcuni soggetti conviene perdere tempo per una serie di motivi, tra cui la prescrizione, e il legale può trovare decine di escamotage per far rimandare l’udienza. Per esempio l’assenza del legale di parte in udienza è pretesto di rinvio, mentre sarebbe facile stabilire che chi non si presenta deve mandare un sostituto in grado di seguire la causa perché comunque il procedimento non può avere rinvii per motivi artificiosi. Insomma occorre raziocinio e volontà. Leggi adeguate, che non sono fatte dai magistrati, ma talvolta “malfatte” dai legislatori. Servono leggi di facile lettura e interpretazione. Servono mezzi, ma soprattutto l’impegno verso la semplificazione e l’uso del digitale; la notifica e la firma elettronica; la mediazione obbligatoria e veloce delle controversie minimali; nuovi modelli organizzativi del lavoro; misure alternative alla detenzione di chi con comportamenti asociali non può che giovarsi del suo impegno rieducativo nei confronti dei bisogni altrui. Le carceri scoppiano. I radicali che con Rita Bernardini seguono la questione con puntualità e visite ripetute negli istituti di pena fanno sapere che dal 1o gennaio 2000 ad oggi nelle carceri italiane sono morti 1.688 detenuti, di cui 586 per suicidio. Ma anche su questo grave problema sembra che si sia fatto poco o nulla. Alcune nuove carceri sono state edificate ma non sono mai state aperte. Quanto alle semplificazione delle procedure alcune regioni italiane in accordo con il Cnipa (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) e il Ministero della Giustizia, hanno attivato un protocollo d’intesa per l’erogazione di servizi on line a uffici giudiziari, come la cancelleria telematica, la rete dei giudici di pace, la gestione trasparente dei beni sequestrati alla criminalità organizzata. Per ridurre il carico burocratico, risparmiare tempo e denaro, semplificare le procedure e dare giustizia. Una giustizia che funziona per tutti alla stessa maniera, come l’art. 3 prevede: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali dinnanzi alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali“. Il Presidente Napolitano, convinto del contenuto di democrazia di tale articolo, esprimendo le sue perplessità sul “lodo Alfano” che lo coinvolge nell’edificare uno scudo per le alte cariche dello Stato, rinvia in alcune dichiarazioni al contrasto che si creerebbe tra il lodo e l’art.90 che già prevede da sessant’anni: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. Il che per lui può bastare, ma anche per tutti gli italiani che confidano nella democrazia. “…nell’esercizio delle sue funzioni”, è lì la differenza. Roma 24 ottobre 2010 Wanda Montanelli

COSTITUZIONE DA BERE

(pensieri liberi di un politico “alla moda”)

E’ lei la colpevole. Non prende compensi. Non cambia vestiti a gusto di Pigmalione. Dà i numeri e li interpreta a suo modo. Se la crede, eccome se se la crede! Anziana com’è farebbe bene ad andare in pensione e lasciare il posto ad altre più avvenenti e moderne. Che dobbiamo farcene di lei? Bisogna assolutamente sostituirla. Sì, dobbiamo proprio farlo e interrompere quei suoi vaneggiamenti su diritti, doveri, dignità, lavoro. Ci ha stancato con i suoi numeri. Insomma dà proprio fastidio la cifra del suo impegno. Animo, leggerezza ci vuole! Cambiamento, globalizzazione e vita nuova! Per esempio in questi giorni il numero 41 che ritorna come un tormentone. Che vuol dire Lavoro sociale? Roba di altri tempi. Il lavoro è lavoro e basta. I lavoratori della Fiat di Pomigliano devono essere “inquadrati”, e scordarsi che il 41 sia tollerabile quando considera ancora attuabile la frase: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…” Questa è pura follia! Se io ti dico che ho bisogno di mettere le pari opportunità tra i cinesi, i polacchi e gli italiani, tu che fai, mi metti davanti i fini sociali? Ma i fini d’impresa? Questi contano. I tempi son cambiati. C’è concorrenza, c’è! E basta con questi egoismi. La globalizzazione non è forse un livellamento planetario dei diritti sociali? Mica vi illudevate di livellare i cinesi e gli indiani verso l’alto? E’ al contrario che si fa! Di che vi lamentate? Non si pretende infine di dare le frustate come nei call center! Noi non diamo frustate cambiamo i diritti fondamentali alle origini. Perché se c’è da lavorare è questo che conta. Si lavora sempre. Di notte, di giorno, e poche chiacchiere. Facciamola finita con il diritto di sciopero… A ordine si obbedisce. Punto. O volere o volare. Se no si va in Asia, in India, a produrre con costi cinesi e ricavi europei! Anche questo è diritto d’impresa. Di che dignità parli lavoratore? La fabbrica è la tua famiglia, il datore di lavoro vuole il tuo bene. L’utilità sociale è nella ricchezza. La mia, che quando guadagno, guadagno io, quando perdo, perdiamo noi. Così è una vera condivisione del rischio! Ve lo condividete tra tutti voi salariati, non siete contenti? Mal comune mezzo gaudio. Come pure l’art. 3. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Ma che cavolata! Come si può pensare che un leader di successo possa essere trattato come uno qualsiasi. E’ comunista la femmina che porta avanti questi numeri! Il numero 18 poi “ (…) Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”. Ma che pirlata! Le associazioni devono essere segrete se no che gusto c’è? Il problema è invece che di segreto resta ben poco e con le intercettazioni scoprono i fatti da tenere nascosti. Roba che il popolo non può capire ed è per il loro bene che è meglio non dare ansie su come si spendono i quattrini pubblici, chi guadagna chi perde, chi fa favori chi li prende. La gente non può capire ed è meglio non far sapere. Senza intercettazioni non si sarebbe mai saputo che Scajola era stato, suo malgrado, beneficiato di una casa con 900 mila euro. In fondo son fatti suoi. La casa è un diritto anche per un ministro, o no? L’avete sentita quella femmina quando si fissa con il numero 21? E il ventuno di qua il ventuno di là. Ma cos’avevano bevuto i padri costituenti quando hanno scritto il testo: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Col cavolo! Regolamentiamo invece. Legge bavaglio la chiamano. Esagitati. Comunisti due volte. Io ho l’esigenza di cambiare soprattutto qui. Non si permetteranno più intercettazioni che rompono il nostro progetto di leadership e mettono in discussione tutto. C’è, adesso, troppo spazio ai facinorosi, e a strampalate idee di parità di trattamento tra uomini e donne, bianchi, neri, agnostici, religiosi… Il numero 51 è quello che non si sa che cosa reclami: “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini…”. Che presunzione! Ma siamo matti? Altro numero bizzarro è il 37: ”La donna lavoratrice ha diritto alle stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. “Ma se vanno in pensione prima! Son strane ‘ste donne. Come si fa a farle guadagnare uguale. Costano di meno perché poi devono andare a casa a fare il resto. Non è che poi pagandole troppo si esaltano e a casa non fanno il loro dovere: lavare, stirare, cucinare, far da badanti!”. Che incoerenza. Tutte vogliono andare in pensione prima e l’unica che non riusciamo a mandar via è lei. Questa qui che dà i numeri da sessant’anni e rompe l’equilibrio. Il mio. Il problema che ci son troppi che la difendono anche dal mio schieramento. Non capiscono che un’azienda è un’azienda e il pensiero unico di colui che comanda è quello vincente. Se potessi fare a modo io, come sempre ho fatto, avrei già risolto. L’avrei cambiata e buona notte! L’avrei anzi “sostituita” con un’altra. Così si fa, e così molti di noi fanno, anche dallo schieramento opposto. Specie in politica dove occorre stare attenti a chi ci può dare confronti sulle idee. A donna adulta si sostituisce donna giovane, meglio se minorenne. A donna competente, si sostituisce donna libera e anagraficamente allettante. Cosa crede di essere questa signora Costituzione? Insostituibile? Non è femmina anche lei? Allora è rimpiazzabile come tutte le femmine. Così seria, autorevole, prestigiosa, altera. Democratica dicono. Ma facciamola finita! Ce l’ho io in mente che cosa è la libertà della democrazia. La democrazia è quella situazione in cui niente è inamovibile quando c’è di mezzo il vantaggio di chi comanda. Quello che mi occorre è una bella Costituzioncina, giovane-giovane. Qualcosa da conformare alle mie esigenze, da usare a piacimento, pagare e mollare quando non serve più. E’ questo il concetto di gentil sesso che mi piace. Diciamo la verità, la Costituzione mi piacerebbe libera, modificabile, assoggettata, emancipata e remunerabile. Come una escort, come una delle tante belle ragazze premiate con candidature e assessorati. Ripensandoci mi sovviene come sono sempre stato generoso con le donne! In tante mi sono grate. Lo sarebbe anche lei se non si desse troppe arie. Troppo ancorata al passato. Pessima femmina. Non fa per me. Il sistema funziona così. Lei se ne andrà. Non la cambierò solo parzialmente. La “sostituirò” con una giovane, pronta, libera e sottomessa. Intelligente, mica no. Perché a me le donne piace valorizzarle. Un po’ zoccola, un po’ sorella, un po’ madre un po’ amica. Una da mettere sotto. Vivace e spiritosa, leggera e rinfrescante, carina e dissentante. Una bellissima nuova “Costituzione da bere”. Wanda Montanelli