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SALTI DELLA QUAGLIA IN IDV

Scilipoti e Razzi… e sono dieci! Ma come fa Di Pietro a scegliere i parlamentari fuggiaschi?

Ha un’abilità speciale. Li sceglie in prossimità delle elezioni. In genere lanciando una sorta di Opa (Offerta pubblica di acquisto). Ve ne sono diverse, pubblicate sulle più note agenzie di stampa. Lo dice apertamente e se ne vanta. Anni fa, nel corso di una riunione dell’Esecutivo nazionale a cui presi parte, invitai Tonino ad affidarsi a persone sicure, a chi nel movimento si era speso per molti anni dando prova di affidabilità, concretezza, idealità. Gli dissi che erano tanti, donne e uomini, a costituire il tessuto connettivo del partito del quale fidarsi. La questione all’ordine del giorno (era il luglio del 2006 in via dei Prefetti a Roma) riguardava l’opportunità di entrare nel gruppo dei Democratici. Gli ricordai l’amara esperienza dei Democratici dell’Asinello e aggiunsi che si può andare ovunque avendo una rete di persone su cui contare. Donne e uomini che a contatto con altri in coalizione potevano creare sinergie e tener sempre presente quali sono le fondamenta di costruzione di un movimento. Le basi su cui si poggia tutta la struttura partitica i principi statutari e il programma. Lui rispose che non era un problema, che non gli interessava nulla di tutta questa gente del partito e che non aveva bisogno di loro. Questi si aspettano addirittura di essere candidati! Mentre un po’ prima delle elezioni ci sono folle pronte a saltare sul carro elettorale Idv. Altra gente, diversa da chi conosce da tanti anni, aspiranti concorrenti che apportano linfa nuova. Mi pare che più che linfa si siano incassati tanti problemi e fregature. Ma Di Pietro è affascinato dalle novità. Persone le più diverse, e quale sia l’elemento principale del loro appeal non è dato sapere. A parte alcuni casi di personaggi popolari come Franca Rame o Pietro Mennea e pochi altri, sono capitati in Idv stanchi riciclati di altri partiti, millantatori di consensi mai dimostrati, azzeccagarbugli, traffichini, e incolti maneggioni. Brutti e rozzi non in maniera occulta. Evidenti al primo sguardo, perché se osserviamo le facce di alcuni di loro davvero non si capisce come Di Pietro si sia fidato ad accoglierli e non abbia sussultato per la paura al nel vederseli davanti. Invece ha steso tappeti rossi e li ha fatti eleggere. I parlamentari raccogliticci che l’Idv si è ritrovata nel tempo sono fuggiti poi verso il miglior offerente privando il Movimento di tanti bravi attivisti respinti nelle retrovie. Restati in ombra. Tutti quelli che per anni hanno speso tempo e ingegno a far crescere l’Idv e che Di Pietro non ha preso in alcuna considerazione. Un maltrattamento che sono in tanti ad aver subito, specialmente le donne, che una per una ho conosciuto nelle loro prerogative quando ero a capo del Dipartimento Pari Opportunità, lavorando all’emersione e al riconoscimento dei diritti di cittadinanza di attiviste e dirigenti con elevate qualità umane e politiche. In alcuni leader si identifica talvolta una sorta di sindrome di Laio che distrugge i figli migliori, proprio perché li riconosce in quanto migliori e li teme. E’ una teoria di cui parlava Donnici con alcuni di noi per tentare di capire certi meccanismi mentali di respingimento dei più valenti in Idv. Accade nei partiti, nelle società, nei posti dove quotidianamente si misura il talento. Beniamino da neuropsichiatra approfondisce i motivi di ciò che a noi sembravano inspiegabili contorsioni mentali. Più semplicemente dalla mia esperienza posso tentare di capire perché Di Pietro ha avuto un fare sprezzante con la componente femminile del suo partito. Andando a ritroso nel tempo è un fatto documentato che ha voluto eleggere oltre il 90 per cento di parlamentari maschi e ha tenuto all’angolo le donne che pur preparate e capaci non si sono risparmiate nella costruzione della casa comune, ed hanno dimostrato di non essere inferiori in attitudine, passione e impegno politico. Nel primo anno la scelta era di 21 uomini eletti contro un’unica parlamentare alla Camera dei Deputati. Tutte le altre le ha respinte con sprezzo e fastidio, nonostante i brillanti curricola. Mi chiedo quanti dei parlamentari fatti eleggere da Di Pietro abbiano redatto lo Statuto, quanti scritto il programma dell’Unione per l’Idv, quanti creato una rete di donne e incentivato circoli andando sin dal 1998 in giro per l’Italia in treno o in camper; quanti fondato il primo organo di stampa, gli uffici comunicazione, i circoli per l’Ulivo in rappresentanza di Idv, i primi dipartimenti. Quanti abbiano ideato sportelli e accoglienza per la cittadinanza, progetti comunitari, manifestazioni contro la violenza. Uno dei consueti progetti lo presentai in occasione, della riunione in sede nazionale già citata. Era una serie di eventi da fare nel 2007, anno europeo per le Pari Opportunità, con i fondi previsti dall’art. 3 della legge 157/99, previsti e dati al partito “Per la partecipazione attiva delle donne alla politica”… Lui, Di Pietro, disse che si trattava di un progetto bellissimo, che però non avrei dovuto svolgere io, ma qualcun’altra che ancora non sapeva chi sarebbe stata. Rammento che Franca Rame sconcertata prese le mie difese pur non conoscendomi, e che in molti si mostrarono dispiaciuti per la sua scortese risposta. Alberico Giostra, il giornalista autore de “Il Tribuno” spiega, nella prefazione del suo libro, che Di Pietro e Berlusconi sono due facce della stessa medaglia. Sono padroni dei partiti che hanno fondato ed hanno una serie di curiose rassomiglianze che invito ad approfondire nella lettura del corposo manoscritto edito da Castelvecchi. Per la mia esperienza posso sicuramente confermare che nel rapporto “donne e politica” le somiglianze ci sono eccome. Tutti e due, salvo poche eccezioni, non fanno avanzare di un passo donne che non siano loro propaggini. Diramazioni cioè di se stessi. Donne di cui fidarsi per l’esclusività del legame e il condizionamento che le lega al proprio volere di “presidenti padroni”. Sono questi gli uomini che con la loro visione machista del mondo impediscono quel camminare insieme che è il primo fattore di crescita della democrazia. Ma un’analisi profonda di questa nostra asfittica democrazia bisognerà farla per bene. Ieri sera Rosy Bindi ha spiegato, battendosi energicamente in tv a Ballarò, la defaillance culturale che stiamo subendo. Coltivati in un clima privo di sani principi registriamo il proliferare di eventi negativi come la compravendita di voti in parlamento. Nemmeno più nascosta ma alla luce del sole. Che possiamo aspettarci di altro? Per cambiare occorre prima capire dove si è sbagliato. Intanto non si può che constatare che chi semina senza aver cura del terreno raccoglie turzi. 15 dicembre 2010, Wanda Montanelli

L’INCRESCIOSA QUESTIONE DONNE CHE TURBA L’ESTABLISHMENT IDV

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Ancora una volta, come per le amare esperienze di Vasto, le delegate disertano il partito senz’anima

Ci risiamo. Ci ha provato di nuovo Antonio Di Pietro a gabbare le donne del partito e come per una legge di contrappasso ha perso con la faccia anche quel poco di credibilità che agli occhi di qualche ragazza ingenua e riverente – posto che ne sopravviva qualcuna – ancora conservava. E’ un fatto politico gravissimo la questione donne. Eccome se lo è. E’ la misura della democrazia come e più di ogni altra azione all’interno di un partito. Torno a dire che i diritti delle donne in politica sono sanciti dalla Costituzione italiana negli articoli 51, 2 ,3. La stessa carta per la quale Di Pietro si batte il petto in giuramenti di fedeltà e in proteste e minacce verso chi secondo lui non è abbastanza osservante dei suoi dettami. Tutte scene ad uso propaganda. Non ci crediamo più e ormai cominciamo ad essere in molti. L’esito del primo congresso di partito dopo oltre dieci anni restituisce, a proposito di contrappasso, le stesse accuse che Di Pietro muove contro gli altri partiti, in un’Italia dei Valori a doppia corsia, quella dei fiduciosi iscritti della base e quella dei vertici che predicano bene e razzolano male. Leggiamo sul suo stesso blog: “Ho votato IDV ed ora mi trovo un Di Pietro che sino ad ieri ha urlato ai quattro venti no alle candidature di inquisiti o sottoposti ad indagine della magistratura ed ora sostiene uno sottoposto ad indagini come De Luca”. Lo stesso asseriscono Luigi De Magistris e Sonia Alfano, parlamentari europei indipendenti che non sono iscritti all’Italia dei Valori e a sentir loro se ne guardano bene. Quindi, non appartenendo ai vertici di partito rappresentano un “Concorso esterno in opposizione furiosa” quando dichiarano, come ad esempio la Alfano: “Non condivido la scelta di sostenere De Luca in Campania e pertanto non darò il mio contributo per una sua eventuale elezione. La questione morale non può essere accompagnata da sconti soprattutto in Campania”. Opposizione rinforzata da Marco Travaglio e Antonio Padellaro, anche loro ormai disincantati, che sulle pagine del Fatto Quotidiano criticano aspramente la candidatura di De Luca. “Vorrei un partito di persone per bene” ha detto Sonia Alfano sere fa a Cruciani su radio 24 nell’intervista del programma “La zanzara”, e sembrava molto sincera nel nominare De Magistris, Claudio Fava, Flores D’Arcais e altri che meritano secondo i suoi progetti ideali, l’accreditamento nel partito-perbene. Sul web la protesta si scatena con l’assunto: “Se date la deroga a De Luca dovete darla anche a Berlusconi”. Sonia Alfano su Facebook conferma il suo contrasto alla scelta infelice, mentre De Magistris incalza su you Tube: “L’Idv si deve sottrarre da questa cosa. Di Pietro da leader del partito si è assunto una responsabilità politica, quella di appoggiare una persona con reati gravissimi. Questa è una scelta responsabile ed impegnativa per un leader”. La storia si ripete e per chi non sa o non ricorda è come se succedesse tutto per la prima volta. All’ hotel Marriot di Roma, il 7 febbraio si è dipanato un copione già rappresentato. Di Pietro che vuol passare dalla protesta ad essere una forza di governo, e auspica di incorporarsi nel Pd. Rammento lo slogan“Dalla protesta alla proposta” di Bellaria nel 2003 e l’accordo con Veltroni per le politiche 2006 dove il presidente unico Idv manifestava l’intento di “incorporarsi” in un unico gruppo parlamentare con i Democratici. Salvo cambiare idea subito dopo le elezioni, forse dopo il calcolo della resa economica dei consensi ottenuti. E quante volte abbiamo sentito promettere che toglierà il suo nome dal logo lasciando volare il gabbiano senza zavorra?”. Non si capisce poi, in questo primo congresso, quale fosse la mozione alternativa, perché Di Pietro aveva uno sfidante nel deputato campano Franco Barbato, definito “pittoresco” dai cronisti, il quale non aveva un proprio programma e non è tra l’altro nemmeno iscritto al partito (neanche lui!). Forse il suo è stato un semplice ruolo di comparsa tanto per movimentare l’evento. Una specie di commedia dell’arte con il “canovaccio” appena tracciato e poi come va-va. L’importante è fare un po’ di “ammuina” Meglio è andata la elezione del coordinatore dei giovani con la scelta di Rudi Russo che ha ottenuto il 47% dei voti. Tra le altre candidature, alcune sponsorizzate dall’alto, non c’è stata storia perché il 28enne toscano ha vinto nettamente. LA FALLITA OPERAZIONE ROSA E’ stata imbarazzante invece la faccenda delle donne tal quale come la sottoscritta l’ha già descritta da tempo. Il Corriere della sera titolava ieri: “Fallisce l’operazione dirigenti rosa”, salta l’elezione delle donne, qualcosa secondo l’ex Pm non ha funzionato”. Non ha funzionato il tentativo di asservimento da parte degli uomini di partito per decidere chi eleggere tra donne. Solo questo non ha funzionato. L’unica candidatura per il settore donne era quella di Patrizia Bugnano, già commissaria dello stesso dipartimento, per inciso creato da chi scrive sin dal lontanissimo 1998, e mantenuto fino al 2008 quando la scomoda voce di chi dice la verità e reclama democrazia venne messa a tacere. O almeno si tentò di farlo e di fatto si chiuse senza preavviso il sito web della Consulta femminile e si nominò come sostituta la Bugnano che mai si era affacciata prima nel dipartimento donne, anzi ne era proprio disinteressata, e così da politica inerte ma con l’importate titolo di “moglie di un coordinatore” in affiatati affari con la presidenza ottenne il dipartimento impegnandosi a tenerlo – presumo – spento e in insignificanza di idee e progetti. E’ il cosiddetto fenomeno di cooptazione in funzione di “propaggine” del politico di turno che non lascia nulla di intentato e piuttosto che niente si butta ad occupare anche gli spazi delle donne Sono tentativi di contaminare l’autonomia femminile, quella giusta per fare una politica “insieme” agli uomini da pari e senza sottomissioni. Le donne idv si sono ribellate anche stavolta e invece di ratificare una decisione già presa dai vertici del partito hanno espresso dissenso disertando in massa il congresso nella fase elettiva (di 800 delegate solamente in 173 hanno votato e meno della metà per la Bugnano). Il segnale di disaccordo è stato più che eclatante con schede bianche e interviste di protesta per l’andazzo familiaristico in politica che ormai ha davvero stancato. Tante le precedenti occasioni, tra cui quella di Vasto 2006 nell’assemblea denominata “talebana”, per la completa assenza di donne tra i relatori del convegno nazionale, e durante la quale il 22 settembre occupammo il Meeting Center dell’hotel Palace per fare la nostra assemblea autoconvocata e permanente intitolata “Vasto… aperti dissensi” con tanto di verbalizzazione raccolta firme e proteste, smorzate dalle promesse ufficiali di Leoluca Orlando in funzione di portavoce di Di Pietro. Promesse mai mantenute in questo partito di “marinai” senza certezze né porti sicuri. Con molta amarezza, ho fatto ieri sera la constatazione che “nulla è cambiato” nonostante anni di lotte e frustrazioni. E’ però di conforto sapere che le donne Idv continuano ad essere toste, come sempre, come allora. E chi la dura la vince. La storia è aperta. Roma 9 febbraio 2010 Wanda Montanelli

FENOMENOLOGIA DELLA VIOLENZA E NEW MEDIA

L’azione “Tartaglia”come nell’effetto “Werther” emula gesta negative apprese da messaggi suggestivi e condizionanti Le parole sono pietre. Dette in televisione sono armi pericolose. Le ascoltano tutti. I sani di mente, i depressi, gli esaltati, i pazzi. Le parole vanno misurate. Specialmente se è un politico a dirle o un leader di qualsiasi genere. Le immagini sono sogni. Viste in televisione sono figure piacevoli oppure incubi. Le immagini vanno misurate. Le vedono tutti. I sani di mente, i depressi, gli esaltati, i pazzi. Chissà per quanto tempo rivedremo in tv o nella carta stampa le ferite sul volto di Berlusconi. Dovunque le vedremo purtroppo: sui blog, youtube, facebook. Per favore non mettete foto sanguinolente nello spazio della mia pagina di facebook. Appartengo ad una generazione che ancora ha ripulsa delle immagini cruente. Ce lo hanno insegnato da piccoli. La goccia di sangue che sgorga da un dito dopo una puntura di spillo mette i brividi e procura dolore. Anche se non è nostra. Si entra in empatia con chi è ferito tanto da sentire fitte nel proprio corpo. Questo non ha nulla a che fare con il coraggio. Potrei essere una guerriera costretta a fare una guerra tanto da guardare in faccia la morte. In tal caso non avrei paura. Ma dolore si, nel vedere il sangue umano scorrere. La linea di demarcazione è lì. Nell’essere umani o alieni. I nuovi media hanno abituato generazioni intere a non badare al dolore (quello degli altri). Hanno insegnato a guardare con il teleobiettivo dentro corpi feriti senza provare nulla se non curiosità, quando non addirittura gusto per l’orrido. In entrambi i casi il disprezzo verso l’uomo è entrato nelle nostre esistenze. Cinismo. Sguardo amorale sui supplizi altrui che riduce a ben poca cosa noi stessi. Il disadattato psichico che ha lanciato una statuetta contro Berlusconi è stato indotto a farlo dal clima e dalle parole dure come pietre. Non si fa un buon servizio al paese ignorando quanti borderline vanno in giro liberi di colpire se individuano un avversario. Antonio Di Pietro probabilmente si riferiva a ipotesi di scontri di piazza con le sue dichiarazioni dopo la manifestazione “viola”. Il che nelle parole intendeva prevedere o scongiurare reazioni di violenza che pur condannabili hanno comunque una corrispondenza politica. Non così invece si può classificare il gesto sconsiderato di un depresso psichico che oltre ad aver colpito il primo ministro, ha causato la diffusione mondiale delle ferite al suo volto. Un effetto politico-mediatico disastroso per i nemici di Berlusconi. Una rappresentazione di noi italiani che farà il giro del mondo. Una brutta pagina che era meglio non scrivere. Capiranno un giorno che l’unica arma per vincere il cavaliere è il tono composto, l’ironia, lo sminuzzamento pacato degli argomenti difensivi da lui inventati? L’uso del Parlamento e delle prerogative di democrazia garantite dalla Costituzione sono strumenti legittimi che alla lunga rendono la verità tangibile e dimostrata. La critica severa all’operato del governo deve essere detta con competenza, documentata con dati, reiterata con l’uso suggestivo dei media. Parlando, senza ringhiare. Si persuade di più con autorevolezza e classe che non con scomposte reazioni che esaltano negativamente chi non aspetta altro per dare sfogo alle proprie frustrazioni. Di Pietro nel suo obbiettivo di fruttuosa belligeranza deve capire che ormai il barile è raschiato. Dall’accordo con Veltroni tutti i voti possibili li ha già “spostati” e acquisiti come unico leader forte avverso a Berlusconi. Ora senza un coerente e limpido iter politico può solo perderne, anziché aumentarne. Le frecce al suo arco si spuntano se non fa quelle due o tre cose che la sua base reclama, e se non ascolta le voci di chi ancora crede in una politica integerrima e rispettosa dei diritti a partire dai resoconti interni, e dall’autocritica degli errori. Dal partito alcuni attivisti hanno mandato comunicati stampa per dare dimostrazione di esecrare la violenza e prenderne le dovute distanze. Come il dipartimento estero in Olanda con Silvia Terribili e molti militanti che si stanno dando da fare per la nascita di correnti nuove nel partito dei “valori”. Una presa di distanza immediata quanto opportuna è giunta da tanta parte politica nei confronti dell’emblematica aggressione che potremmo definire da qui in avanti “effetto Tartaglia”. Una conseguenza paragonabile a risultati deleteri che lo studio della psicopatologia può ricondurre già da tempi lontani al famoso effetto Werther, così definito da Brigham nel 1844 nella prestigiosa rivista “American Journal of Insanity, in cui scriveva: “Un semplice paragrafo di cronaca giornalistica può suggerire il suicidio a venti persone”, e dava il nome al fenomeno riferendosi a “I Dolori del Giovane Werther” che moltiplicò i suicidi tra i lettori del romanzo di Goethe. Karl Popper per primo scrisse che occorre una patente per la tv. La televisione può essere scuola di violenza o di dabbenaggine. Raramente è puro divertimento o informazione utile. Quasi mai è educativa e non si pretende che lo sia se non in contrapposizione a tutte le volte che è “diseducativa” trasmettendo volgarità, illusioni e falsi storici. Gli effetti dei media nuovi e vecchi si deve conoscerli per non far danni. Oltre ai suicidi seriali c’è un’ampia casistica di omicidi seriali. Il più recente è conseguente al delitto di Meredith Kercher commesso da Amanda Knox e Raffaele Sollecito. A Parigi, per esempio, Jessica Davies una 28enne sotto l’effetto di droga e alcol, ha sgozzato il proprio amante per emulare Amanda Knox, e durante l’interrogatorio ha rivelato che a darle l’ispirazione è stata la morte di Meredith Kercher. Ma gli esempi sono tanti. In Colorado, negli Stati Uniti, due ragazzi di 17 e 16 anni hanno ucciso una bimba per emulare le gesta dei personaggi del videogioco Mortal Kombat. Numerosi sono pure gli omicidi derivati dal film di Oliver Stone Assassini nati (Natural Born Killers). Negli Stati Uniti si intentano e vincono cause con risarcimenti miliardari per questo tipo di danno da mass media. Diversi parenti di vittime hanno fatto causa contro Stone, come i parenti di due donne uccise in un sobborgo di Salt Lake City (Utah), il cui assassino Nathan K. Martinez risiedeva in un motel in Nebraska. Una volta catturato l’uomo ha detto di aver visto il film dozzine di volte e di essersi rasato per meglio compenetrarsi nel ruolo dell’assassino e somigliare di più al personaggio interpretato da Woody Harrelson. La pagina va voltata, ha dichiarato il presidente Giorgio Napolitano. Per risolvere realmente i problemi del paese è ora davvero che si muti strategia politica e si inneschi un virtuoso effetto crescita di tutte le categorie sociali attualmente in sofferenza e povertà. Di questo abbiamo bisogno, non di sangue. 15 dicembre 2009 Wanda Montanelli

EUROPEE: NO DONNE NO PARTY

Le magnifiche sette anche questa volta mancano all’appello. Non si festeggia, Di Pietro ci ha deluso di nuovo.

I deputati Idv per l’Europa sono in maggioranza uomini come per il Parlamento italiano e sempre in coerenza con il conformismo elettorale che emargina le donne E’ rimasta tristemente all’angolo del frigo la bottiglia di Chardonnay pronta per brindare all’elezione delle sette speciali donne ostentate in campagna elettorale da Di Pietro. Temo che resterà lì a lungo fino a perdere le qualità organolettiche che permettono ad un vino bianco di essere bevibile negli anni. C’era scritto sull’etichetta “Per brindare alle donne elette”, ma temo che per il tintinnare dei calici dovrà passare ancora troppo tempo e, piuttosto che un bianco deperibile, nei tempi lunghi ci conveniva scegliere una bottiglia di Barbera o di Barbaresco che reggono meglio il passare dei lustri. Temo che gli anni del ravvedimento siano molto in là da venire. Forse un cambio della guardia o un miracolo permetteranno una democrazia compiuta all’interno di Idv, e fino ad allora si tratterà soltanto di grazia ricevuta. Leggo le dichiarazioni di Pia Locatelli, presidente dell’Internazionale socialista donne, sulla misoginia degli italiani per il numero esiguo delle 12 elette su 72 parlamentari italiani alle europee quest’anno. Lei, come tante altre donne competenti di politica e di problemi sociali, potrebbe essere in Europa a far un buon lavoro se non ci fosse stato l’infame sbarramento. A che serviva in Europa cancellare la volontà di milioni di votanti che preferiscono scegliere programmi e modalità di vita non massificate? Non c’è nemmeno la scusa che si debba governare per cui serve stabilità; è una sgarberia, un calcio in faccia a tutti coloro che nonostante l’oscuramento mediatico dei piccoli partiti hanno deciso di dare il voto a chi li ispira di più per fiducia e progettualità. Tanti i partiti restati fuori dal Parlamento. Si è annullata la volontà di milioni di elettori. Trovo sia una prepotenza, un’azione che va contro le regole più elementari della democrazia. E’ come se in un condominio, scusate l’esempio semplificato, composto da due soggetti: un costruttore che ha i millesimi di metà palazzina e l’altro, un palazzinaro che ha un terzo degli appartamenti, venisse impedito a tutti i proprietari singoli o di quote minori di partecipare alle decisioni condominiali. Sarebbe assurdo costringere questi ultimi ad assoggettarsi ai voleri della maggioranza condominiale senza nemmeno poter partecipare all’assemblea per capire i motivi delle decisioni, suggerire possibili alternative, o magari tentare di impedire di essere lesi nei propri diritti. E’ chiaro che in fase di votazione vincerebbe la maggioranza, ma la democrazia prevede per lo meno l’ascolto delle minoranze. Torniamo alle elette, poche pochissime, e come poteva essere altrimenti se non se ne sono viste in campagna elettorale?. Sonia Alfano ha attinto alla sua bisaccia di consensi per l’impegno sociale svolto in questi ultimi anni. L’azione vampirizzante si estrinseca ogni volta su una doppia pista. Usando la struttura, la casa comune, quindi il logo che simboleggia l’impegno decennale di attivisti che hanno creduto ad un programma ed uno statuto di partito si fanno eleggere “altri” che non si sa bene come la pensino, che non sono iscritti, che apertamente dichiarano che non hanno intenzione di farsi la tessera e che spesso fuggono alla prima occasione per altri lidi. Suggerirei di rivedere il post “Fazzoletti di carta, taxi e baobab” dove il concetto è ben spiegato. Questa volta s’è aggiunta una presa in giro attraverso un’agenzia pre-elettorale di partito che Di Pietro, evidentemente preoccupato per la citazione in giudizio per discriminazione femminile presso il Tribunale di Milano ha lanciato chiamandomi in causa, usando il mio numero magico per offuscare i contorni della vicenda ed esorcizzare i sensi di colpa.”Non sono un ducetto e nemmeno un maschilista, ecco la prova”, era scritto sull’agenzia Dire del 16 aprile 09. Decisamente io di prove di ravvedimento non ne ho trovate. Questi sono gli eletti in Europa 2009: Pino Arlacchi, Luigi de Magistris, Vincenzo Iovine, Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo e Sonia Alfano. Sei uomini e una donna, nemmeno di partito. E’ Il solito gioco in disprezzo dei dirigenti e delle dirigenti di tra cui ADP avrebbe dovuto scegliere le candidature. In casa propria cioè, non a casa del diavolo. Il risultato invece è molto diverso e lontano dalle premesse per cui si era messa in fresco la bottiglia di spumante (vedi: “Eurobrindisi“) Le dichiarazioni di Antonio Di Pietro solo per un attimo ci hanno di nuovo illuso. Le frasi promettenti hanno fatto inalberare molte delle attiviste che da anni si impegnano seriamente nel partito con capacità, abnegazione, preparazione, idee. Le vere magnifiche insomma. Diciamo la verità poi… sette è il numero simbolico che indica ogni volta un quantum accettabile. Un numero dignitoso di donne eleggibili e ancora oggi si è voluto alterare la realtà con dichiarazioni basate sul niente, poiché, come si poteva facilmente prevedere, i risultati sono quelli che leggiamo sulle pubblicazioni ufficiali. Sonia Alfano c’è la fatta, ma possiamo valutare che ha dato del suo. C’è stata una posizione di sufficiente visibilità di Sonia in lista, cosa invece negata a tutte le altre donne che non avevamo in partenza alcuna opportunità di farcela. La formula è semplice. Gli elettori votano i candidati conosciuti precedentemente alla candidatura o per quello che si riesce ad apprezzare di loro in campagna elettorale. Di donne in talk show se ne sono viste quasi per niente. Non so come sia possibile farsi votare se nessuno vede e conosce le candidate. Presumo che sia una presa in giro. Debora Serracchiani, l’accattivante avvocata neo parlamentare di Udine emersa da un’assemblea dei circoli Pd, ha avuto un meritato successo che si è reso possibile da una serie di partecipazioni in programmi di elevato ascolto. L’hanno invitata Daria Bignardi in “Era Glaciale” (Rai2), Lilly Gruber in “Otto e mezzo” (La7), Floris a “Ballarò” (Raitre). Debora è piaciuta, e in Friuli ha superato Berlusconi con 73.910 preferenze contro le 64.286 del premier. Così si fa. Le donne vanno rese conosciute in tutta la loro splendida esistenza talentuosa. Molte di coloro che fanno politica sono brave e meriterebbero di essere sostenute e votate. Mi pare però che le liste di Idv avevano come capofila uomini, tra l’altro nemmeno di partito, a parte Di Pietro e Leoluca Orlando. Le candidate, altro che chiacchiere, erano in posizioni di lista di nessuna visibilità. In tv non ci son state e la stampa, compiuto il dovere di pubblicare le liste ufficiali, non può fare di più. Come avremmo potuto apprezzarle e votarle? In compenso abbiamo visto De Magistris in tutte le salse e in tutte le tv. Santoro non sembra anche lui fare un buon lavoro nella divulgazione democratica e nel senso delle pari opportunità se invita Di Pietro e De Magistris, dimenticando le candidate donne. Come lui molti altri programmi ben volentieri si assuefanno al sistema machista e limitante il talento femminile. Salvo poi gridare al miracolo quando una fresca, brava, intelligente ragazza conquista tutti con il sorriso e le cose che dice. Lo squilibrio tra i sessi continuerà ancora a lungo se consideriamo l’opportunità femminile come un prodigio a cui per una serie fortuita di combinazioni si da’ spazio. Un miracolo appunto, o una grazia ricevuta per motivi e finalità non propriamente sociali. A meno che non si consideri socialmente rilevante l’intrattenimento privato del leader politico di turno. Beppe Grillo ha usato, nella sua audizione in Senato, parole dirette e crude com’è nel suo stile. Io uso espressioni più morbide per aggiungere, da ottimista conoscitrice del campo, che molte parlamentari meritano lo scranno conquistato perché hanno fatto sacrifici e gavetta. Perciò tengo a far sì che non passi il messaggio che per riuscire a fare un legittimo percorso politico istituzionale si debba passare almeno una notte tra le lenzuola del capo. Non è così. Non deve essere così. In Politica come per le altre professioni artistiche, culturali, imprenditoriale la donna non è merce di scambio. Insegniamo alle ragazze ed ai ragazzi a farcela con impegno e talento. Poi a letto andiamo con chi ci pare per il puro piacere di farlo o per amore. Libere e liberi. Creiamo i presupposti perché la società accolga i progetti e le ambizioni di chi merita. Anche per questo contiamo molto sulla sentenza della nostra causa pilota. Come per una legge di contrappasso un giudice dovrà riequilibrare il sistema distorto e antidemocratico dell’attività partitica. La via giudiziaria alla conquista del diritto di cittadinanza istituzional-politica delle donne. A partire dai fondi loro destinati con l’art. 3 della legge 157/99 finalizzati alla “partecipazione attiva delle donne alla politica”, e proseguendo in tutte le dimostrate occasioni di esclusione femminile: dalle segreterie apicali di partito alle liste in posizioni di eleggibilità, al disprezzo del patto statutario che prevede pari opportunità. Oggi il 16% di elette è meno della metà dell’obbiettivo di un terzo che era data come soglia minima indicata dall’Europa per il riequilibrio donne-uomini all’europarlamento. Vergogniamoci, non c’è niente da festeggiare. No donne no party. Rimandiamo alla prossima occasione. Molte di voi anche fuori della politica mi chiedono di poter gioire insieme per il giorno del giudizio di fine causa. Conserverò la bottiglia di Chardonnay e ne ordinerò tante altre perché quel giorno saremo in molte a festeggiare l’inizio di una strada senza muri di gomma. Apriremo una pista. Un percorso previsto dagli articoli 3 e 51 della Costituzione che i recalcitranti saranno costretti a rileggere insieme alle motivazioni della sentenza. Roma 14 giugno 2009, Wanda Montanelli

ABBIAMO SETTE DONNE CAPOLISTA IN IDV? EVVIVA! FACCIAMO UN EUROBRINDISI (MA DOPO LE ELEZIONI)

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Le preoccupazioni di Antonio Di Pietro, i suoi tentativi di esorcizzarle

Senza altri eufemismi entrerò diretta nell’argomento. Nel merito di una citazione che mi riguarda in un’agenzia “Dire” del 16 aprile, anche perché dopo due interviste a quotidiani nazionali che mi chiedevamo dichiarazioni in proposito, appare doveroso fare chiarezza su alcuni elementi semplici che riguardano le liste elettorali. Argomento di questi giorni molto dibattuto a più livelli. L’arte di confondere i fatti con le storielle sta diventando sempre più conosciuta ed esercitata. Da un po’ di tempo a questa parte la politica va a scuola di manipolazione sociale e spesso riesce anche se in modo maldestro a far credere che il ‘nulla’ sia seta , e il cascame lana. Ma torniamo alle esternazioni di ADP (acronimo di Antonio Di Pietro). Leggo sul comunicato stampa succitato: “Non sono un ducetto e nemmeno un maschilista. Ecco la prova”. Antonio Di Pietro ribalta un luogo comune e alle prossime elezioni mette in campo un “esercito rosa”Sono davvero passati i tempi in cui dell’ex pm si diceva che era un “despota maschilista”. Solo due anni fa così la pensava Wanda Montanelli, allora responsabile del dipartimento politiche di genere dell’Italia dei Valori. Con un lungo sciopero della fame cercò di convincere il mondo della “scarsa attenzione riservata da Di Pietro alla componente femminile nelle liste per la camera e per il senato”. Di più: Montanelli ricorse anche al giudice civile per ottenere il risarcimento dal danno esistenziale. Oggi il maschio sotto accusa, Antonio Di Pietro, si prende una piccola rivincita e si presenta alla stampa con una piccola ma agguerrita pattuglia di candidate per Bruxelles. “Sette professioniste- spiega lo stesso Di Pietro- ognuna pienamente realizzata nel suo campo e in famiglia […].”. Apprendo la notizia e non sto nei panni dalla contentezza. Allora il mio doppio sciopero della fame ha portato un risultato tangibile! Le “magnifiche sette” dei miei reiterati appelli saranno elette al Parlamento di Strasburgo! Che importa se non ci son io. Le donne Idv riconosceranno che il coraggio e l’ottimismo non devono mai mancare e credo che per me nutriranno un po’ di gratitudine perché dopo anni un risultato a casa l’avremo portato. Che bello! Avrò sette amiche a Bruxelles con le quali proseguire i nostri programmi di riforma a tutela dei diritti umani. Passo a leggere la posta e Outlook mi scarica una marea di mail. Tante degli amici di facebook, ma tantissime dalle donne e gli uomini di Idv che si lagnano per le scelte elettorali. Che succede? “Dalle Alpi alle Piramidi – mi scrivono – c’è uno scoramento generale. I più dicono che Montanelli aveva ragione, qui non si considera il valore di chi fa crescere il partito, e le donne, da nord a sud e anche alcune dei dipartimenti esteri sono furiose”. Continuo a leggere le agenzie per meglio capire e vedo che i nomi presentati in conferenza stampa da ADP sono di persone cooptate. Qualcuna delle donne elencate le conosco, mi hanno pure sostenuta durante lo sciopero della fame. Che dire? Nulla contro di loro; che riescano nel loro proposito. Ma mi chiedo perché Di Pietro usa suggestivamente i mio titolo “sette magnifiche donne Idv” per candidarne altre che con le sette originarie non hanno nulla a che fare? Mi copiano anche le frasi. Dopo avermi tolto tutto: i diritti di cittadinanza politica, le risorse, i sogni, si appropriano delle mie parole. L’espressione “una piccola ma agguerrita pattuglia di donne” è anche questa copiata e l’avevamo lanciata in un comunicato che elogiava il gruppo femminile posto in prima fila a sostenermi nella lotta antidiscriminazione. Ma porca miseria. Io ho un po’ di talento nel coniugare le frasi e mettere insieme le parole. Anche di queste mi si spoglia? Questo modo di fare la copia di frasi e iniziative da me realizzate si reitera nel tempo: La “Consulta delle donne”, dopo anni di onorato servizio, viene di punto in bianco soppiantata con una consulta “B”, messa in piedi in fretta e in furia, tanto in fretta che le mogli dei parlamentari o dei coordinatori politici regionali destinate ad essere elette non ebbero nemmeno modo di fare le cose per bene. Quando le pratiche sono svolte d’urgenza capita di incorrere qualche errore. La fretta dipende dal fatto che in tali casi sono in gioco alcune condizione favorevoli, come ad esempio la quantità di tessere di chi le possiede già in gran numero, l’uso degli spazi per fare riunioni che non sono prerogativa femminile, il costo economico dell’elezione in cui le donne non hanno autonomia gestionale (ricordiamo il famoso art. 3 – legge 157/99 per la promozione attiva delle donne alla politica che è puntualmente disatteso, il che lascia le donne nella povertà più assoluta) . Insomma è come mettersi in gara a piedi contro chi, poiché sponsorizzato, ha l’automobile da corsa piena di carburante. Dicevo che la Consulta “B” , o “Ombra” fu eletta così in fretta che la moglie di un Coordinatore regionale non ebbe nemmeno il tempo di farsi un account per avere una casella di posta elettronica propria. Era arrivata all’ultimo minuto nel partito, e per scrivere a lei (candidata al ruolo politico di rappresentanza femminile) bisognava rivolgersi alla casella di posta del marito. Molto buffo no? Una donna che vuol rappresentare le Pari Opportunità che comunica solo attraverso suo marito. Cosa avrà detto lui alla moglie?: “Sbrigati che i digiuni della Montanelli qualcosa di buono hanno portato. Mo’ vuoi vedere che ti faccio eleggere rappresentante delle lotte femminili? Così il Presidente è contento perché non se ne può più con queste donne che pretendono di pensare con la capoccia loro! Che… per caso sai se tua cugina, a tempo perso, dopo che ha sbrigato le sue faccende, si vuol dedicare a fare la rappresentante donne? Sai, ci servono anche le esponenti provinciali e comunali….meglio andare sul sicuro e fare tutto in famiglia. Così nacque la consulta “propaggine”. Espressione del talento maschile a imbrogliare le carte in tavola. Ma dov’è adesso? Dico, la consulta B, dov’è? Si troverà nelle liste elettorali per l’Europa e per le Amministrative? E le bravissime politiche della Consulta “A” dove stanno? Saranno messe capolista nelle liste? Quelle che son rimaste, intendo. Poiché molte sono oggi con me. Ma quelle che hanno voluto restare e investire ancora sul loro diritto vivere un percorso politico all’interno di Idv saranno messe in condizioni di essere elette? Sarà data loro la posizione di capofila e tutti gli spazi della comunicazione elettorale? Si tratta di essere presenti nei dibattiti televisivi, nelle conferenze stampa, negli eventi organizzati, nei manifesti in tutte le città del loro luogo elettivo. Tutto questo loro non possono organizzarlo da se stesse perché i famosi fondi “per le pari opportunità” non sembrano ancora accessibili, ma il partito farà in modo che si spenda comunque denaro, lavoro, promozione, risorse umane, indicazione di voto agli iscritti. Sarà fatto tutto questo? Non voglio lasciarmi sopraffare dal pessimismo. Spero ancora che tra queste (magnifiche) sette ci siano le bravissime e talentuose esponenti originarie. Anche loro sono della società civile e oltre che buttare sudore e fatica nel partito inseguendo un’idea di società migliore, vi assicuro che appartengono alla società civile. Anzi civilissima: specializzate professioniste in medicina, psicoterapeute, volontarie dell’associazionismo, docenti universitarie, avvocate, ecc. Il lavoro politico lo fanno da molti anni gratis. Anzi no, pagando di tasca propria. Anche le altre, arruolate con l’annuncio che cercava aspiranti candidate tra le “esponenti della società civile”, avrebbero diritto a una vera chance. Si facciano mettere le une e le altre a capo delle liste sia europee che amministrative. Allora andremo bene. ADP Ascolti Dario Franceschini, il segretario PD, o gli altri segretari politici che non trovano corretto far finta di voler andare a fare il parlamentare europeo sapendo a priori che non ci si resterà nemmeno un minuto. Metta le donne capolista e uscirà dall’imbarazzo di dover rispondere sulle difformità da certi principi così ad alta voce enunciati. Perché in capo alla lista? Me lo hanno domandato i giornalisti con i quali ho parlato della faccenda. Perché – mi hanno chiesto – insiste sul doversi trovare, le donne, a capo della lista se questa volta le liste non sono bloccate e l’elettore può scrivere il nome del candidato preferito? Bisogna che io spieghi che non tutti possono avere una fama che suona pronunciando il nome di Levi Montalcini. Se una persona (uomo o donna) ha una fama pari a quella di Levi Montalcini può anche accettare di trovarsi in mezzo o in fondo alla lista e venire ugualmente eletto/a. Salvo la perplessità da parte dell’elettore nel trovare un personaggio di tale portata in un punto qualsiasi della lista, si potrà interpretare la cosa con una nota snobistica del candidato illustre e scrivere ugualmente il nome Montalcini sulla scheda elettorale. Ma chi non è Levi Montalcini, mettiamo si chiami Bianca Bianchi dovrà contare sulle persone che la stimano per le cose che ha fatto nella vita. Tale gruppo di persone, poniamo che sia numerosissimo, dovrà intanto accogliere il programma della candidata e quindi votarlo scegliendo lei. Per votarla e non avere la sensazione di buttar via un voto dovrà credere nella reale opportunità della persona pur stimatissima che si propone. A tale convincimento si arriva attraverso alcuni indizi. Primo indizio: posizione nella lista. Prima di lista equivale a dimostrata fiducia nelle sue capacità da parte del partito che la presenta. Secondo indizio: promozione pubblicitaria della candidata e spazi televisivi a disposizione (che sono in genere concessi ai capolista). Terzo indizio: (che, sapete, insieme agli altri due fa, per Poirot, una prova) il partito sostiene la candidata e lo annuncia ai cittadini. Che vuol dire ciò? Che tutti gli altri candidati non hanno nessuna opportunità di farcela? Non è così. Vediamo perché: – Levi Montalcini è ok. Abbiamo detto che la voterebbero comunque. – L’esponente di partito, con accordi interni può essere eletto/a perché il partito fa per lui/lei accordi tali che può dar come certa la sua elezione. – I ruoli istituzionali già in campo da molto tempo: Parlamentari, Governatori, Consiglieri regionali, provinciali, Sindaci, Assessori; hanno un seguito di consensi se hanno ben lavorato che gli garantisce il voto del tessuto sociale ed elettorale in cui operano. – I capi di grosse aziende con migliaia di dipendenti e con legami nell’indotto, se sono persone stimabili e positive possono contare su un numero di voti tra coloro che sono nella loro orbita. Restano le/gli esponenti della società civile: associazioni, consorzi, organizzazioni sindacali, ecc. Per queste ultime categorie la riuscita elettorale parte dai tre indizi che fanno una prova, ed in mancanza di quelli l’elezione dipende dall’avere disponibilità economica, logistica, di risorse umane, di uffici stampa per programmare la propria candidatura con un’alta percentuale nelle previsioni di riuscita. Il che significa, riassumendo, o che l’esponente della società civile è promosso dal partito, o che sta per tutto il mese precedente le elezioni in ogni spazio di tv, stampa, internet, e blog in rete; oppure la nostra Bianca Bianchi dovrà avere molti mesi di preavviso per poter organizzare a suo modo e con le sue risorse la sua elezione. Quindi mettere in moto un meccanismo per il quale si attiverà ad avvisare tutti coloro che sono nella sua orbita per dir loro che sarà certamente candidata con il partito tal dei tali, che non importa se proprio non è quello che i suoi estimatori preferiscono, poiché trattasi di candidatura indipendente attraverso la quale si porteranno avanti le istanze a cui loro tengono. Con un lavoro capillare Bianca Bianchi può farcela, contattando e facendo contattare più di una volta i suoi estimatori, nella rete di associazioni e gruppi che la conoscono. Lavoro lento, difficile, anche estenuante, ma necessario. Al di fuori di questo, le candidature che portino un voto o mille sono regali dati gratuitamente al partito che ospita le persone che ci mettono la faccia, la storia, e le risorse economiche praticamente senza chance, e per avere nulla in cambio. Oggi mi chiedo chi darà e cosa all’altro. ADP avrà finalmente capito e metterà le donne capolista? Le presenterà in tutte le trasmissioni tv al suo posto? Allora -che bello- le candidate riceveranno una vera opportunità di riuscita. Non sarà così? Mi dispiace prevederlo, ma, nel malaugurato caso, saranno le candidate e i candidati a fornire un regalo ad ADP che farà di loro un uso momentaneo, salvo dimenticarsene quando non gli serviranno più. L’esempio del passato fa da monito: Elezioni 2005: venticinque eletti, tra cui molti cooptati, e tra questi due donne. Elezioni 2008: 43 eletti, quasi tutti uomini tra cui molti cooptati, e tra questi quattro donne. Vogliamo fare il calcole delle percentuali? Ma lasciamo perdere. Tutte le altre: portatrici d’acqua, purtroppo. A cui nessuno dirà grazie. Anzi. “Ma allora – mi ha chiesto la giornalista di un quotidiano – se così fosse quel comunicato sulle candidature femminili avrebbe il valore di una foglia di fico?”. “Praticamente sì – ho risposto – ma è lei a dirlo. Io non son sicura di poterlo dire. O forse potrei dirlo se lo riscontrassi ad elezioni avvenute. Insomma, ci devo andare cauta. C’è sempre una causa in Tribunale aperta e le mie esternazioni devono essere un po’ mediate. Eppoi calma. La speranza è l’ultima a morire. Che ADP si ravveda davvero? Lo spero, per le magnifiche sette, per me che ne sarei felice, e per le altre candidate che si affacciano per la prima volta in questo oscuro mondo della politica. Noi donne tentiamo di fare chiarezza. Anche la causa civile ha questo scopo. Mi scrivono sul blog “Speriamo in un giudice a Berlino”. Io so che ci sono tanti giudici in Italia che sono lì per fare il loro dovere ed applicare l’articolo 3 della Costituzione scritto in sintesi in un cartello affisso in ogni Tribunale “La legge è uguale per tutti”. Sono convinta dello spirito di giustizia che anima tanti magistrati, altrimenti non avrei iniziato da donna senza protettori né potere politico una causa civile contro Antonio di Pietro nella sua qualità di presidente di un partito e ministro delle infrastrutture. Causa ancora in atto, ricordiamolo, pendente presso il Tribunale di Milano. Niente di personale contro di lui. NDP. Ditemi però che cosa viviamo a fare se non possiamo contare né sperare in un mondo più equilibrato e giusto. Roma, 20 aprile 2009. Wanda Montanelli http://www.grnet.it/index.php?option=com_content&task=view&id=790&Itemid=9