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Sesso a gogò ricatti, intimidazioni. Roba da uomini mentre nelle retrovie le donne si occupano di iniziative concrete

Forse è tempo di interessarsi d’altro oltre che di tette a pagamento. Il silenzio delle donne di cui tanto si è scritto durante la calura estiva, non è un vero silenzio, ma una sordina d’obbligo che il sistema impone alla parte femminile del Paese, la più grande numericamente, la più povera di risorse e mezzi. La voce delle donne dà fastidio, anche quando è in toni caldi e persuasivi; anche quando usa argomentazioni civili per legittimamente difendersi da tutto ciò che l’aggredisce, la inquieta, costituisce pericolo per sé, la società, la famiglia, l’ambiente, la cultura. “Gli argomenti delle donne non interessano nessuno” qualcuno prova a dire, ma non è così. Perché un film ci piaccia dobbiamo vederlo, perché un libro ci affascini dobbiamo leggerlo, perché un quadro ci conquisti dobbiamo osservarlo. Quello di cui le donne vorrebbero parlare, bisogna conoscerlo, approfondirlo, pubblicarlo. Non solo nelle riviste femminili, o nelle poche tv tematiche, nei compartimenti stagni dei dipartimenti per le pari opportunità. Per carità utili, anzi indispensabili, ma dovesse esistere una vera democrazia aperta alla cittadinanza femminile non ci sarebbe bisogno dei settori per la parità. Oppure esserci per difendere gli uomini qualche volta vivaddio ! L’espressività e il talento femminili nelle rare occasioni in cui si può dimostrare dà risultati sorprendenti. Senza far la lista delle rare occasioni in cui ciò è successo, oserei sperare che qualche volta è accaduto perché nessuno ha posto volutamente limiti o ostacoli e non perché ci si è dimenticati di mettere in moto il meccanismo di esclusione: muto, sordo, invisibile, ma pazzescamente insormontabile e odioso. Non sono fantasie. Le donne, quando la competizione è corretta vincono. Quando si concorre a partire dallo stesso punto, si impongono in percentuale notevole. Sono più intelligenti e più brave? No. Sanno che il sistema non giustifica errori di donne che non hanno parti anatomiche in “co-gestione da carriera”, quindi si organizzano, si preparano, studiano, magari cercano di conoscere statistiche sulle domande d’esame e indagare sui testi preferiti dall’esaminatore. Non sono più brave. Si procurano borracce d’acqua essendo abituate ad attraversare il deserto. Eppure può accadere che gli uomini le temano. Fanno paura per la loro determinazione, la convinzione di avere qualche diritto. Come per esempio quello di scegliere di essere carine con chi le ispira a prescindere dal bisogno o dal tornaconto. Libertà di donne. Indipendenza vera. E’ la cosa che più spaventa gli uomini abituati a comprarle le donne. A comprarle con denaro, offerte di lavoro, o promesse di carriera. La sofferenza femminile è dovuta a questa incomprensione di fondo, al complesso che fa ritenere negativa la libertà femminile, poiché diventa impegnativo competere con intelligenza paritaria. E senza privare i gli uomini illuminati e veri della esistente considerazione che essi hanno di donne felici incontrate sul loro cammino, bisogna rilevare che l’esasperazione della incomprensione, la paura, i difficili condizionamenti sociali, portano alla violenza di cui in questi giorni non si fa che leggere e sapere. Ma più di tutti è deleteria la cattiveria dell’ignoranza. L’incultura. Donne violentate, uccise, rese schiave, vessate. “Si dovrebbe andare in piazza! Farsi sentire!” si scrive nei blog e in qualche quotidiano che d’estate ha pensato bene di trovare un argomento insolito. Ma noi in piazza ci siamo! Chi lo sa? “Le donne dovrebbero organizzarsi! Come mai tacciono?” Ma siamo organizzate! Parliamo! Cerchiamo di far sapere le cose… Chi lo scrive? Contro la violenza sono innumerevoli le iniziative, ma poco se ne sa. Questa dell’Udi ha attraversato l’Italia. Dalla Sicilia alla Lombardia. Regioni, province, centri piccoli o grandi, migliaia di donne vanno da una luogo all’altro, da una piazza centrale ad una via periferica, da un teatro, a un centro estivo; di giorno di notte, dovunque per protestare contro la brutalità. Si chiama “Staffetta di donne contro la violenza alle donne!”. Ha per simbolo un’anfora che viene consegnata dalle porta-staffetta da sud a nord, dalle alpi alle Piramidi. E’ partita da Niscemi il 25 novembre 2008 dove è stata assassinata Lorena Cultraro, di 14 anni. Finirà a Brescia il 25 novembre 2009 dove è stata assassinata Hina Saleem di 20 anni. Migliaia le associazioni interessate. Ognuna con suo colore sociale o politico ma plurale nell’interesse comune in difesa delle innocenti. Un’iniziativa di donne per le donne che ha la dignità di essere rappresentata, anche se nessun partito vi si riconosce o può metterci il cappello. Per una volta c’è qualcuno che può interessarsi di una manifestazione sociale a prescindere? E’ una cosa di donne, donne, donne. Punto. Il 12 settembre la staffetta sarà a Pordenone. L’hanno organizzata un gruppo di volontarie, insieme alle due portabandiera Onerpo e Udi. Francesca Costa e Zanette Chiarotto, con Franca Giannini, e le ospiti Aura Nobolo, Santina Zannier, Alessandra Battellino, Maria De Stefano. Ci stanno lavorando da tempo. Ci mettono il cuore, il tempo e ogni risorsa disponibile. Andiamoci nel nostro interesse. Wanda Montanelli LA LOCANDINA E L’INVITO