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Da Valenzi a de Magistris un salto generazionale, forse davvero ultima speranza per Napoli
E’ una brutta immagine. Il film di Nicholas Meyer mi dava meno afflizione. The Day After del 1983 Sapevo che era finto. A Napoli oggi è tutto vero, purtroppo. Chi come me ha lasciato da molto tempo Napoli per cercare altrove sbocchi alla propria esistenza, spera che un giorno qualcuno compia il miracolo e che il senso di rifiuto che ci ha allontanato possa trasformarsi in nostalgia, o invidia per chi è rimasto. Ancora così non è. Abbelliamo i nostri ricordi con aneddoti dell’infanzia, storie di generosa umanità, memorie del palcoscenico aperto a qualsiasi improvvisazione ‘a braccio’ da commedia dell’Arte che nei vicoli di Napoli si rappresenta tutti i giorni. Ci beiamo del consunto dvd di ‘Natale in casa Cupiello’ progettando di andare a comprare bellissimi pastori a San Gregorio Armeno. La strada famosa per l’arte presepiale la incrociamo da Spaccanapoli l’insieme di sette vie che solca geometricamente il centro storico. Siamo lì domenica 19 giugno, al ritorno da Ischia, anticipato appositamente per mangiare la pizza. Non una pizza qualsiasi, ma “la pizza” di Michele a Forcella. Sul traghetto con i miei amici passiamo tempo a discutere se sia il caso di andare da Brandi, l’originale inventore della pizza in omaggio alla regina Margherita di Savoia. L’orario per fortuna non ci dà scelta. Alle quattro del pomeriggio solo Michele è sicuramente aperto. Esulto in silenzio perché sono anni che tentano di dirottarmi da Brandi senza riuscirci. Il Rettifilo dopo via Marina espone cumuli di immondizia e cassonetti bruciati. Ancora qualche residuo carbonizzato spande nell’aria un odore acre e un’immagine surreale. Da piazza Garibaldi percorriamo a piedi un lungo tratto di strada osservando i palazzi tardo ottocenteschi di corso Umberto. Pochissima gente per strada nella torrida giornata pre-estiva. I negozi tutti chiusi. Bancarelle nessuna. Neanche i nigeriani con le cinture taroccate. In via Cesare Sersale scorgiamo ancora saracinesche abbassate. Michele è chiuso. Accidenti avevamo dimenticato che fa riposo la domenica.“Iatevenne add’ o Trianon. E’ fernuto l’impasto!” raccomanda il proprietario della storica pizzeria Michele quando la chilometrica fila di avventori esaurisce le scorte di pasta fermentata. Però stavolta basta voltarsi per notare anche l’altra saracinesca abbassata. Oltre Forcella, proseguiamo per la stretta via Duomo. Una donna anziana magrissima vende poche sigarette su una cassa di legno di frutta. Dei rumeni bevono birra acquistata in un minimarket arabo. Il kebab è offerto da un cartello colorato al di fuori di una stretta porta. E’ una specie di basso e ci hanno fatto una bottega araba. Un giovane con la camicia aperta e una grossa catena al collo ci osserva: “Una pizzeria aperta?” gli chiedo e lui ci manda più su alla pizzeria del Presidente, “pecché Clintòn (con l’immancabile accento sulla seconda sillaba) “primma s’accatte e cravatte ‘e Marinella e po’ se magna a pizza ‘addo Presidente”. Avanziamo nel cuore di Napoli, dietro di noi quattro giovani procedono a passo veloce. Un altro ci viene incontro con il motorino. “Non cerchiamo il pericolo?”, mi dicono gli amici. Quattro giovani ci seguono. E’ l’ipotesi di uno scippo. “No, non succede niente a Forcella. Guardali negli occhi e ci vedi il mare”. “Ma se sono con gli occhi neri”. “Non hai letto Proust” rispondo. Se a Napoli togli il mare spegni anche la luce negli occhi dei suoi abitanti. Quando mi capitò di leggere “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese, provai lo stesso senso di spegnimento dei rumori, delle voci e della musica. Come nella domenica pomeriggio davanti ai cassonetti bruciati e il Corso semideserto. A quel tempo esprimevo la mia passione politica attraverso le canzoni, e nel 1983 all’elezione del sindaco Valenzi composi il brano “Non è vero che il mare non bagna Napoli”. Maurizio Valenzi era considerato un sindaco galantuomo semplice e leale, un campione dei valori della libertà e uguaglianza. Il primo sindaco comunista, ed io salutai la sua elezione come un evento estremamente positivo. La sinistra che inseguo è un po’ a modo mio, quindi non da comunista, ma da attenta osservatrice dei mali di Napoli, mi piacque quel sindaco tunisino-livornese di cui tutti parlavano bene. “No, non è vero che il mare non bagna Napoli / che la speranza col vento non soffia più. No, non è vero che dentro son tutti morti / se tocchi il fondo qualcosa ti spinge su…” E poi da quando andavo all’asilo ogni tanto sentivo qualcuno dire nel pieno dell’ esasperazione: “Adda venì baffone!” Chi fosse baffone non era dato di sapere, perché la spiegazione più accettabile, tra tante strampalate che mi venivano dette, era che un giorno qualcuno con i baffi sarebbe arrivato a mettere le cose a posto, ed aiutare i poveracci che penano la vita. Beh, de Magistris non ha i baffi. Nemmeno è comunista. Che dire? Potrebbe avere la luce negli occhi come i ragazzi di Forcella, e come la bambina apparsa a Gilberte Swann, lungo il sentiero dei biancospini nella Recherche. Noi che vediamo il mare dove non c’è, e gli occhi del colore che ci piace immaginare, non ci rassegniamo. L‘elezione di de Magistris, con un salto generazionale, è forse l’ultima speranza di Napoli. Dovrebbe capirlo anche chi fa grezzo ostruzionismo per questioni di potere fine a se stesso. L’analisi degli interessi incrociati che auspicano il fallimento del Sindaco venuto da lontano è su tutti i giornali, da qualsiasi parte la si osservi. Pensando a costoro mi viene in mente un imbecille che un paio di anni fa buttava rifiuti e liquami nella Grotta Azzurra. Faceva karakiri. Come adesso i camorristi o gli oppositori di regime. Certe volte mi chiedo dove credono di poter andare questi guastatori quando avranno avvelenato tutto? Di contro leggo: “de Magistris per ora può avvalersi del completo sostegno della cittadinanza che, compatta, si è dichiarata solidale con il suo sindaco. Infatti, in molte zone della città sono sorti comitati autonomi di raccolta differenziata e molti disoccupati si stanno adoperando per ripulire le spiagge e il lungomare. Si sta diffondendo rapido il porta a porta, che in alcuni quartieri raggiunge una percentuale di riuscita pari al 65%. Nel futuro progettuale del Sindaco c’è la necessità di costruire un impianto di compostaggio che renda Napoli e la Campania completamente autonome e indipendenti, e libere dai rifiuti per strada”. Allora ritrovo il mio testo: “Dopo il contagio, la gente si immunizzò Lungo il letargo e grave la malattia/ ma la speranza col vento poi ritornò”. Giugno 2011, anno della Rinascita. http://www.vogliounasinistramodomio.net/contenitore/cantautori/ Wanda MontanelliLa realtà rovesciata del Guru a capo del governo
“Datemi quattro tv e prenderò il mondo”, disse Agnub lo stregone mentre andava verso la sua terra di conquista. Come ogni abile negromante conosceva i riti propiziatori essenziali per conquistare l’anima del popolo e disse ai suoi adepti che avrebbe solo chiesto un po’ di tempo per metterli il atto. Non sperava nemmeno di durare decenni, e semplicemente si beava del successo momentaneo della sua discesa in campo. Aveva da poco aperto orizzonti fantasiosi per le donne italiane e loro gli scrivevano i migliaia di lettere ogni giorno per ringraziarlo del regalo inaspettato dei programmi mattutini. Le soap opera, le fiction, intervallate da pubblicità di detersivi, opere sapone appunto, perché dirette al target femminile casalingo. E’ stata forse la prima divulgazione mirata ad ampio raggio. Erano i primordi della Coltivazione. Il Guru iniziava a considerare il popolo entità duttile e manipolabile attraverso la forgia televisiva . Ciò che Berlusconi ha fatto da quegli anni in avanti non l’ha inventato lui. Sicuramente ha ottimizzato un sistema già esistente avendo tv e denaro a disposizione. Due leve potentissime. Deità a cui si inchinano in molti senza distinzioni di età, razza, sesso, religione. Totem moderni di alto appagamento nel rituale pagano. Da quella volta il guru ha capito di essere invincibile. Per continuare ad esserlo doveva accogliere tutti “i coltivati” nel mondo virtuale, non importa se simile, somigliante, o opposto a quello reale. La dimensione del virtuale doveva apparire l’unica verità possibile e all’occorrenza confliggere con la realtà, quando quest’ultima fosse stata scomoda o sconveniente per i suoi progetti. “Mi ameranno, eccome se mi ameranno!” pensava Berlusconi quando iniziava a fondare un partito proprio. Ed in virtù di questo amore ha cominciato a curare il terreno di coltivazione con investimenti e offerte incentivanti, simulazioni di risultati, ricerche di mercato, indagini sui desideri del popolo. Ha puntato sui sogni semplici degli italiani, tanto scontati da essere a portata di mano, e conoscendoli nel dettaglio, ha dato la sensazione che si potessero toccare con mano. Non importa se visibili o raccontati, gli oggetti del desiderio erano davanti a chi voleva bearsene, pronti subito nell’immagine tv, o ipotizzati nel possibile arricchimento di sé, in un mondo virtuale immediato o reale solo intravisto nel futuro. L’abilità di far sconfinare l’immaginario tra i due mondi è il gioco vincente del guru, che quando non sa affabula, quando non dà promette, quando ha torto narra di aver ragione. Se avesse deciso di coltivare champignon lo avrebbe fatto con lo stesso rigore scientifico. Ha deciso invece di coltivare consensi elettorali e si è dotato di tutto l’occorrente. A cominciare da strenne sorprendenti. Per le casalinghe abbiamo già detto le telenovelas, per i ragazzi in età adolescenziale spassose fiction americane del tipo dei Jefferson, per gli omaccioni frustrati esibizioni di forme straripanti in donne disinibite come nel programma “Colpo grosso” . Ha dato agli italiani ciò che volevano. Si è reso riconoscibile e familiare come specchio delle debolezze umane, condonate a se stesso con generosa indulgenza. Pertanto ha condotto a sé tutti coloro che non riconoscono le autorità giudicanti: ogni uomo se vuole sbaglia, pecca, infrange la legge. Deve essere capito e assolto per la sua debolezza, altrimenti, che diamine, la scomoda legge si cambia. Molti vorrebbero poterlo fare. Ognuno per una legge personale che gli dà particolarmente fastidio. L’identificazione in Berlusconi è in questo auto-assolvimento, più che nell’ammirazione dell’uomo fatto da sé nei confronti del quale i più deboli non possono competere. Beppe Severgnini cita Giorgio Gaber il quale afferma di aver paura del Berlusconi che ha in sé. E’ questo il senso primario che porta i sondaggi di un popolo mazziato a dire ancora di sì al guru premier. Per ricondurre alla teoria della coltivazione un ritorno ai programmi tv dell’inizio può rimarcare un ulteriore passaggio, un salto di qualità dalla la tv provinciale e localizzata all’omogeneizzazione nazionale del prodotto televisivo, creando cioè programmi simili a quelli della Rai nazionale con l’acquisizione di personaggi popolarissimi nei quali si identificava l’offerta televisiva di Stato. Il primo a fare il passo fu Mike Bongiorno. Era il 1983. Il presentatore conduceva in Rai l’ultima puntata di Flash e Berlusconi era seduto tra il pubblico nel teatro degli Studi Rai alla Fiera di Milano. Era prevista una cena di chiusura con tutti i partecipanti all’ultima puntata, ma Mike Bongiorno disse che sarebbe andato via con Berlusconi per firmare un nuovo contratto per la tv privata del Cavaliere. In seguito altri beniamini del pubblico furono attratti da Canale 5. I motivi dei repentini abbandoni della Rai erano essenzialmente due. Le cifre d’ingaggio mai viste nella tv di stato e Mike Bongiorno. Se Mike, personaggio simbolo della tv nazionale, era passato a canale 5, tutti gli altri potevano farlo senza timore di sminuirsi. Berlusconi però non poteva permettersi a lungo di imitare i programmi Rai sostenuti dal canone, ed ha perciò iniziato a produrne sempre più banali e poco costosi andando a solleticare i desideri meno confessati del pubblico: tette al vento, narcisismo, facili quiz, ricchezza e denaro come obiettivo da conquistare in cambio di concessioni. Scuola banalissima di vita, dottrina del disimpegno gaudente e dovuto. Con un unico obbligo: essere belli (naturali o plastici non importa), essere giovani, e soprattutto pronti a vendersi senza troppe storie. La domanda che mi preme, occupandomi del femminile in tutte le complesse prerogative che l’ambito esprime, è: “Quando ha iniziato Berlusconi a odiare le donne?”. Che le donne non lo amino è evidente. Le ragazze, intendo dire, quelle che riempiono la sua vita in stranissime notti di sessualità mercificata a tinte forti, non lo amano. Possono chiamarlo, papi, o tesoro, o amorino, ma quando l’osservano vedono piuttosto che la sua faccia le stelline filigranate delle banconote da 500 euro. Un bancomat. Non si ama un bancomat, lo si considera per l’utilizzo che se ne fa. Lui però disprezza le ragazze che si porta in casa. Non ha stima dell’autonomia e dell’intelligenza femminile. Sa che esistono donne di ingegno pari o anche superiore al suo, ma è tale la sua disistima odio o paura delle donne che deve necessariamente ridurle a oggetto di compravendita. Mercificarle. Pertanto renderle innocue. Così ragazze di facili costumi entrano in importanti ruoli istituzionali in cambio di sesso dato o procurato. Cerco di capire. Senza giustificarle osservo la scorciatoia. Una di loro in un colloquio a quattr’occhi potrebbe dirmi: “Esiste un’altra strada per le donne in politica?”. Io potrei elencare tante persone che ce l’hanno fatta da sole, ma sarei in imbarazzo per il numero rilevante di quante altre passano per la scorciatoia. Certo non sono esaltanti esempi da ammirare. Mi piace di più chi si affanna contro le storture del mondo avendo poche possibilità di riuscita ma affrontando le difficoltà con coraggio. Mi piacciono ragazze concrete in ogni campo, anche in quello difficile dell’arte. L’altra sera mi ha dato molta gioia un’intervista a Giusy Ferreri che ha puntato sul suo talento, lo studio musicale e l’impostazione timbrica della sua singolare voce. Arrivata al successo questa straordinaria ragazza non lascia ancora il suo posto di cassiera part-time, piuttosto chiede l’aspettativa. Concreta, razionale, ma anche bella e fantasiosa. Non si aspetta regali dalla vita, pertanto non lascia il lavoro. Mi piace l’intelligenza di donne come Margherita Hack che la scienza non ha distolto da un gratificante rapporto di coppia con l’uomo che ha sposato nel ‘44. Mi piace la bellezza sensuale e umana di un’attrice come Marilyn Monroe, che pure ha avuto amanti potenti, ma ogni volta se n’è innamorata, tanto da morirne. Lei non credo vedesse un bancomat quando John Fitzgerald Kennedy andava a trovarla. La bellezza è un valore, quando è unita a intelligenza e stima di sé rende le persone preziose. Così splendide sono le donne che credono tanto in se stesse che non esiste prezzo per comprarle. Questo dovrebbe essere il messaggio verso i misogini che abbassano a livelli di degrado la qualità dell’esistenza femminile. Vent’anni di coltivazione delle coscienze operata da Berlusconi non si riequilibrano con poco. Occorrerà una de-programmazione rilanciando persone di qualità morali, esempi di uomini o donne che raggiungono gli obiettivi della loro esistenza con la quotidiana fatica. Necessita una diversa rappresentazione dell’esistente, che poi è la fotografia della maggioranza degli italiani. Occorre farla vedere questa immagine di reale competitività di coloro che nascono bravi e corretti o lo diventano con l’impegno. Basta con i tronisti, le veline, basta con sculettanti donne o uomini in cerca del protettore che acquisti le loro beltà per disprezzo, non per stima, né per amore. Basta con i lelemora di turno. Basta con parentopoli, amantopoli, scuole televisive di degrado. Indottrinamenti sulla magnificenza del disimpegno e la vita facile propinate ai nostri ragazzi. Basta vendere, basta comprare corpi e coscienze umane. La misura è colma se ora dalla fiction si è passati alla legittimazione istituzionale di comportamenti che se pure non fossero reato spostano la interiorità umana ai livelli sempre più bassi di decadimento. Aprite le porte delle istituzioni alle donne, ma senza quote. In gara aperta, in liste alternate dove ognuno se la batte per il valore antropico e politico che rappresenta. Basta listini con le fidanzate e le zie del governante di turno. Berlusconi ha esasperato gli spazi che il sistema ha messo a disposizione. Ma non ha inventato lui tutto il male sociale e politico dell’esistente attuale. Lui l’ha usato a meraviglia. E quando Berlusconi se ne andrà, spero verso una sana vecchiaia, gli altri siano migliori di lui. Si facciano aiutare dalle donne per iniziare la nuova età dell’oro, da soli rischiano di perdurare nell’egoismo misogino che non porta lontano da dove siamo ora. Insomma vorremmo essere più ottimisti sul dopo-berlusconi. Wanda Montanelli, 21 gennaio 2011