. E’ la sottigliezza della lingua italiana. La frase “Non ricordo di aver autorizzato l’affidamento” non è propriamente la stessa cosa di “Ricordo di non aver autorizzato l’affidamento”. E’ la vicenda che riguarda il magistrato Anna Maria Fiorillo alla quale una sera in cui il pm è di turno per il Tribunale dei minori di Milano, tra una molteplicità di casi che sollecitano quotidianamente il suo intervento, capita nottetempo una ragazza di diciassette anni accusata di furto per la quale si deve disporre la custodia e la tutela. Secondo il codice penale non ci sono altre vie che consegnare la ragazza ad un centro di accoglienza autorizzato. Tuttavia a giudicare dalle telefonate ricevute dalla dottoressa Fiorillo c’è un’evidente ansia di liberare la ragazza. I motivi delle pressioni fatte alla dirigente della questura di Milano possono essere facilmente intuibili, entrano nel campo della ricattabilità del Premier, ma non di questo è utile ancora parlare, piuttosto di come le autorità si regolano in un caso di fermo per furto di una minorenne. E chi di noi vorrebbe il male di una giovane piuttosto sbandata? La questione non è relativa ad un giudizio rigido né a risvolti morali. La faccenda riguarda ancora una volta la giustizia e la famosa frase dell’art. 3 che stabilisce pari dignità sociale per tutti i cittadini i quali sono eguali davanti alla legge senza alcuna distinzione. Avessero scritto i nostri Costituenti “La legge ‘dovrebbe’ essere uguale per tutti, tranne alcune eccezioni che di volta in volta vanno stabilite da chi di dovere a seconda della convenienza, o ragion di Stato, o ragion di letto, o privilegi inalienabili originati da status sociale”. In questo senso una figlia di Mubarak, benché ladruncola, poteva avere il diritto ad un trattamento di favore se la Costituzione lo avesse previsto. Esistono però delle regole gerarchiche anche nel concedere i privilegi e nel caso della giovane marocchina il “chi di dovere” è riferito all’unico ruolo in grado di decidere quella sera. Cioè il pm di turno. E’ vero, il magistrato Anna Maria Fiorillo non c’è cascata. Ha detto la frase derisoria: “La nipote di Mubarak? E io sono Nefertiti!” Però non è detto, si poteva persuaderla! Una figlia degenere poteva essere capitata al presidente dell’Egitto come in ogni migliore famiglia. Si poteva insistere portare le prove, oppure non avere prove e anche in assenza di verifiche, (ricordiamo la frase con il verbo dovere al condizionale presente) se per assurdo la costituzione avesse previsto il contrario di ciò che ha previsto, l’unica persona in grado di affidare la ragazza a chicchessia era la dottoressa Anna Maria Fiorillo. Ora si cerca di giocare sulla frase detta in buona fede per confutare il fatto che la pm non ha autorizzato l’affidamento all’altra amica di Berlusconi. Ha detto e scritto “non ricordo di…” e invece intendeva dire “ricordo di non…” Che importa? Dalle interviste fatte alla dottoressa Fiorillo è chiara la buona fede e la convinzione di aver fatto la cosa giusta. Sia la sera del 27 maggio, sia ora per chiarire di non aver autorizzato la consegna della minore a persona non corrispondente ai canoni previsti per legge. Perché lo ha fatto? Molti si chiedono come mai non ha scelto pavidamente una via più comoda, e si fanno venire il sospetto di un intervento presso i media per mania di protagonismo. Altri ancora tentano di buttare qui e là frasi di dubbio sulla “stabilità” o sull’ “equilibrio” della pm. Credo invece che per chi ha scelto una lavoro al servizio della giustizia non ci sia scelta che fare ciò che ha fatto Anna Maria Fiorillo. Tacendo avrebbe potuto indurre a qualcuno a ritenere che esistono pesi e misure diverse nell’amministrare la giustizia. Avrebbe dato a intendere con il suo comportamento che davvero la Costituzione è scritta nel modo ripugnante come su riportato, con la previsione di privilegi inalienabili e di verbi scritti al condizionale presente. Così non è. Correttamente il magistrato di turno ha negato il privilegio. “Ci sono cose più grandi dentro di noi” ha detto la Fiorillo a Lucia Annunziata nell’intervista di domenica 14 novembre. Non poteva esprimere meglio il senso dell’imparzialità. Quel sentimento verso la costruzione del bene sociale che nasce dal diritto, dall’emozione, dalla pietas, e si conclude sempre con gesti e azioni mossi da onestà intellettuale. 15 novembre 2010 Wanda Montanelli