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CHI HA DETTO CHE L’ITALIA E’ TERRA DI NESSUNO?

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Da nord a sud, da molti anni e sotto ogni governo imperversa la cultura del crimine facile. Una volta i malviventi si nascondevano, una volta cercavano posti isolati e occasioni senza rischio. Ora sono sfacciati. Dipende da noi dare “la percezione di pericolosità” nell’infrangere la legge e le regole morali. Anche da noi donne se ce lo concedono.

E’ un fattore di cultura. L’assimilazione di notizie sul paese di bengodi per i criminali pare senza freni. E in questo ognuno di noi è complice. Sembra che si stia spargendo la voce che l’Italia è terra di nessuno. Un posto dove chi vuole si accomoda, si impone, infrange le leggi, stupra le donne, rapisce i bambini, accoltella la fidanzata o il vicino di casa per motivi banali, e tutto è compiuto impunemente. Non solo. La percezione di impunità è arrivata al punto tale che i crimini si compiono in pubblico, tra la gente, in pieno giorno, nelle piazze, sulle spiagge, sotto il portoni chiusi o aperti non importa. Che immagine hanno degli italiani i criminali nostrani e stranieri? Che idea si son fatti della nostra capacità di reagire? Tengo a chiarire che in quello che scriverò non c’entrano il razzismo o le ideologie. Cerco di fare un’analisi del buon senso. Come qualsiasi persona oggi fa, essendo preoccupata per la sfrontatezza e la sfacciataggine dei criminali. Ragioniamo. Perché questo succede? E cosa possiamo e dobbiamo fare perché l’arroganza criminale abbia fine? Non è strano che in pieno sole, sulla spiaggia Faber beach di Ostia Lido, stabilimento balneare del litorale laziale in cui è impossibile nascondere qualcosa, tra campi da beach volley, attrezzature per sport acquatici, bar all’aperto, e un asciugamani steso ad ogni metro, qualcuno rapisca una bambina? Il posto è vicinissimo a casa mia. Il Faber Beach mi piace perché grazie al sistema in concessione comunale qualcuno tiene pulita la spiaggia. Questo credo aggiunga servizi utili, oltre che opportunità di lavoro per tanti ragazzi, occupati a dare un volto nuovo ad una zona di Ostia una volta piuttosto degradata. Quando anni fa notai che si ponevano a dimora palmizi laddove fino ad un po’ di tempo prima c’erano cartacce e siringhe di drogati, ho pensato che fosse ora. Dare in concessione a cooperative di ragazzi un tratto di spiaggia pubblico toglieva all’amministrazione l’onere di mantenere pulito e sicuro un tratto di mare e spiaggia. Hanno iniziato con una baracchetta, poche sdraio, e… grande intuizione, un bel po’ di piante e fiori. Ho scritto che mi piace Faber beach, non ho detto che ci vado, ed il motivo è uno solo. E’ impossibile passare inosservati. Ti trovi, sì al mare, ma nel centro della città, con la strada confinante, i palazzi di fronte, a poca distanza dal presidio medico S. Agostino, a un metro dai negozi e con la sabbia delimitata da un muretto basso, oltre il quale c’è l’asfalto su cui autobus vanno e vengono pieni di viaggiatori che osservano cosa fa la gente in spiaggia. Come si fa in un posto così a rapire un bambino? Giorni fa una mamma lasciava la spiaggia tra “La Buca Beach” e “Faber” quando un uomo le ha strappato dalle mani la bimba per darsi poi immediatamente alla fuga. Era un algerino un po’ alticcio catturato dagli stessi bagnanti e mancato al linciaggio per poco grazie all’intervento della polizia lidense che lo ha arrestato. E’ vero, i bagnanti hanno reagito, ma non è questo il punto. Il punto è: “Chi ha messo in testa ai malviventi che in Italia si può fare azioni criminali senza rischi anche il pieno giorno? Chi ha così allentato i freni inibitori?“. Qualche birra bevuta in più? Credo che il punto sia la “percezione del non rischio”. Non sarà la considerazione che siamo mollicci, disattenti, che ci facciamo gli affari nostri e non aiutiamo il prossimo? Che la Polizia può contare su pochi componenti, che le leggi ci sono ma se pure ti arrestano esci dopo poco? Cosa è? Cosa fa pensare loro di farla franca? Forse il fatto che la fanno franca davvero? Torre Annunziata a Napoli, Ponte Galeria a Roma. Donne stuprate e aggredite dal branco, da un ragazzo napoletano di sedici anni in Campania, da due stranieri nel Lazio dove una coppia di ciclisti olandesi aveva deciso di pernottare in una tenda su un prato antistante un casale. Anche lì c’è l’errore di fondo di fermarsi a dormire dentro una canadese. Mi illudo. Mi piacerebbe sapere che una coppia che gira il mondo in bicicletta possa dormire sui nostri prati. Non è così. Ma anche nel caso dei rumeni cosa gli ha fatto credere che nessuno avrebbe aiutato i campeggiatori per tutto il tempo della loro aggressione? Passano macchine e camion poco distante da lì. C’è un programma su Rai Tre “Amore criminale”, presentato il lunedì sera dalla brava Camila Raznovich. L’aspetto che sconcerta di più, oltre all’efferatezza dei crimini, è che per ogni storia si ha la certezza che si sarebbe potuto intervenire non una, ma decine di volte, per porre fine alle persecuzioni nei confronti della vittima. Per impedire il crimine. Al fidanzato che accoltella la sua ragazza. Diritto di proprietà coniugato a quello di impunità, che gli dice la testa ? Che uno può assassinare la sua donna e non pagare il conto alla giustizia? Cosa è che gli fa credere di farla franca? Forse il fatto che non se ne trova uno di colpevole? Tra tutti i femminicidi chi ha pagato? Una volta esistevano il rimorso, i sensi di colpa, il bisogno di confessare. Oggi esiste il gioco perverso di dimostrarsi più furbi degli inquirenti e non pagare. Alla Casa Internazionale delle Donne di Roma c’è un’intera parete con effigi di donne assassinate il cui aguzzino resta sconosciuto. L’argomento è continuamente dibattuto dalle associazioni femminili e l’Udi sta organizzando le staffette contro la violenza in ogni luogo d’Italia. La volontà di trovare ferme soluzioni a questo gravissimo problema ci contraddistingue per tanti propositi messi in atto. Ma se fossimo di più nei luoghi delle decisioni avremmo accorciato le distanze e migliorato la nostra qualità di vita. Vorremo poter dire noi donne qualcosa sulla sicurezza. Avanzare proposte. Credo che un gruppo di studio sulla sicurezza delle città con la presenza di donne a metterci buon senso e risoluzione potrebbe funzionare. Vorremmo poter organizzare la nostra autodifesa. Con corsi di prevenzione rivolti alle donne e con l’impostazione di una vera campagna culturale, difficile da esprimersi in poche parole ma con l’obiettivo di cambiare la mentalità dei criminali, a partire dal fatto che possono scegliere di non esserlo fino all’attimo prima di compiere il delitto. In aggiunta a questo c’è la necessità di diffondere la cultura dell’inesorabilità “del prezzo da pagare” quando si decide di essere infami. L’efficienza della legge sullo Stalking, la cultura del rispetto inviolabile di ogni essere umano, per il suo diritto a vivere e decidere di se stesso senza sopraffazione alcuna. La scuola, la famiglia, devono trasmettere concetti morali parallelamente a tutto il virtuale che ci circonda: tv, spot pubblicitari, commedie comiche, soap opera, giochi a quiz, videogame, tutto. Tutto deve concorrere a mettere semi di buon senso nella vita di ogni persona; a infondere l’idea che c’è un’opzione di salvezza in fondo al viale grigio dell’incertezza. Chance che è in mano nostra come l’asso nel poker. Il problema è culturale di informazione corretta, persuasione attraverso i mezzi di comunicazione individuali e di massa. Conoscere se stessi, le persone che abbiamo accanto. Rifuggire dal pericolo, e, trovandolo implacabilmente davanti, avere imparato che esistono alcune opzioni per non morire. Conoscere l’autodifesa, avere a portata di mano mezzi e strumenti per chiedere aiuto, contare sui fulminei interventi della forza pubblica. Non lasciare zone buie e scoperte da sorveglianza, e quando l’occhio umano non arriva… affidarsi al grande fratello. Che ce lo abbiamo a fare? Solo per farci controllare se paghiamo o no le tasse? Basta dare un’occhiata ai nostri scontrini per stabilire dove trascorriamo il tempo ora dopo ora. Il telefonino è il nostro controllore quotidiano, il video dell’Ufficio postale ci riprende, ma che ci importa se non abbiamo nulla da nascondere. Utilizziamo allora il grande fratello per trarne vantaggi e sicurezza. Il problema è di messaggi mediatici. E’ di lavorare di psicologia sulla mentalità e la deterrenza alla delinquenzialità. Si sono vinte le elezioni per la “percezione” di insicurezza. Si può sconfiggere il crimine divulgando “percezioni di civiltà” e di legalità che sempre hanno un conto e un bilancio da cui nessuno è esente. Per infondere ideali di libertà rigore e bellezza, e immagini dei prati liberi di casa nostra nel filmato finale di una vita migliore. 26 agosto 2008 Wanda Montanelli

SESSO FORTE A PECHINO PER LE OLIMPIADI 2008: AUSPICI PER IL NUOVO CORSO IN SOCIETA’

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Grazie a Valentina Vezzali, Giulia Quintavalle, Federica Pellegrini, Tai Aguero Emozioni per il medagliere gonfio delle azzurre rosa. Ancora una volta i colori per distinguere ma è solo per non ripetere le parole donna e uomo che nulla aggiungono o tolgono al valore individuale. Si voleva che gli atleti rinunciassero a Pechino. Rispettiamo tutti i pareri, ma giustamente l’inerzia della politica in tema di diritti umani non deve ripercuotersi sul mondo sportivo. A ognuno il suo compito. Quello degli atleti è di dimostrare il valore dell’impegno e portare a casa il risultato. Meno male che il medagliere è anche d’oro in questa umida estate dalle cattive notizie. La crisi giorgiana con l’occupazione di Gori da parte delle forze armate russe, il clima da guerra fredda tra Mosca e Washington che si ripete come nel passato; Bush, che chiede a Mosca di fermare l’escalation di violenza drammatica e brutale, e Putin che non ne vuol sapere Il premier Berlusconi parla con lui dalla Sardegna per convincerlo ad accettare la proposta di ritiro dalla Georgia formulata dal G7. Questa crisi è la più grave tra Russia e Stati Uniti dalla fine della Guerra Fredda ad oggi. Ma questioni più quotidiane ci danno pensiero in un paese del precariato vissuto erroneamente come ormai ineluttabile, mentre è errore e concausa della crisi economica. Capire che l’investimento sul futuro di ogni lavoratore è il motore principale del rilancio di acquisti e produzione è a questo punto fondamentale, perché se pure è vero che nel nostro Paese c’è una percentuale di vendita di telefonini al primo posto in Europa, è altrettanto vero che l’effimero che costa mezzo stipendio da precario gratifica quel tanto che basta per giustificare il fatto che si lavori. Nel tema di solitudine e incomunicabilità caro a Pavese il Lavoro che stanca e l’alienazione sono concetti esistenziali di sofferenza in cui è arduo il compito di capire e aiutare. La diretta conseguenza della crisi al precariato e al precipitarsi del potere di acquisto nella maggioranza degli italiani non è invece un concetto filosofico di difficile comprensione. La globalizzazione degli stipendi ha fatto sì che si globalizzasse la povertà. Invece di avvicinare il terzo mondo a noi, ci stiamo avvicinando noi ai loro livelli di paghe al minimo, ricatti sui posti di lavoro, e quel che è più tragico, all’altissima percentuale di morti nei cantieri. Contro lo stillicidio delle morti bianche le organizzazioni sindacali Fim, Fiom e Uilm dei lavoratori metalmeccanici proclamano scioperi e proteste Di fronte al ripetersi delle tragedie, il presidente della Repubblica Napolitano esorta con forza a mettere in atto azioni concrete al di là delle parole. Ma le notizie si susseguono: carpentieri, vignaioli, metalmeccanici, danno il loro contributo in vite umane a questa società dell’opulenza per settori ristretti che si arricchiscono sempre di più, distanziandosi dal grande mare del disagio che quotidianamente le persone affrontano: rate di mutuo pressoché raddoppiate, vacanze fatte in casa alla Totò, qualche giornata all’Idroscalo o nelle poche spiagge libere rimaste, con la frittata e la bottiglia d’acqua nel portavivande caricato in auto insieme all’ombrellone. Ma va bene così., perché il carovita rende problematica l’incombenza di far la spesa. L’allarme Istat sull’inflazione a luglio la notifica al 4,1%, punta massima dal ’96. Forse possiamo considerare fortunati quelli che hanno i venti euro di benzina per andare dal centro di Roma alle spiagge litoranee, o da Napoli a Licola, perché molti rinunciano anche al pendolarismo vacanziero. Ci meravigliamo poi se in un’estate così ci sentiamo più vivi se quattro magnifiche ragazze ci regalano emozioni e lezioni di coraggio? Trascrivo dalla Stampa l’articolo di Massimo Gramellini di oggi 12 agosto 2008: “Prendano nota i catastrofisti, i lagnosi, gli assuefatti al peggio. Ciò che distingue i fuoriclasse dagli atleti normali è che nell’istante in cui stanno per perdere essi estraggono dal cuore la magia che li farà vincere. Ma ciò che distingue anche il meno atletico degli umani da una patata lessa è sempre la capacità di rimontare…”. Ecco, pubblichiamo come augurio generalizzato al sociale ed al politico-istituzionale queste parole. Si parla in fondo di donne, i miracoli possono accadere. Sì è vero, anche per gli uomini, ma per la parte femminile sarebbe un doppio miracolo dati i presupposti. Francesca Costa scrive su questo Blog a proposito di un qualcosa che sta cambiando nello sport : “(…) La spinta è venuta dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale), che ha il suo Gruppo dalla I Conferenza su Donna e Sport a Losanna nel 1996 e che, in Anita De Franz, membro di Giunta, ha trovato un elemento catalizzatore di iniziative a favore delle pari opportunità.. (…). La donna risulta spesso criptata – continua Francesca nel suo testo – all’interno di categorie solitamente riportate “al maschile”, neutro-universale, esattamente come succede alla Storia dalla “esse” maiuscola, che si trova a ricercare l’immagine della donna in categorie funzionali alla storia politica, per definizione maschili. In esse, la donna, se compare, è sempre moglie, o madre o figlia di qualcuno, e la sua immagine è spesso ritratta nelle funzioni che le sono attribuite come tradizionali, nascita, matrimonio, morte”. A questa ricerca è seguito l’invito del CIO ad impiegare entro il 2005 il 20% di donne nei quadri sportivi di tutte le nazioni che ne fanno parte. Lo scopo era che dovunque come in Italia potessero crescere la sensibilità nei confronti della donna sportiva e della sua storia, di conseguenza dei suoi archivi della memoria. Le donne – conclude Francesca – non sono una specie all’interno di un’altra specie, bensì frammento di umanità a cui apparteniamo tutti/e uomini e donne indistintamente. L’emozione e l’auspicio per nuovi corsi storici in cui si comprenda meglio la forza delle donne ci derivano anche dall’articolo della Stampa: “Sono contento di essere un connazionale di Valentina Vezzali – scrive Massimo Gramellini – perché ieri mi ha fatto piangere…, e prosegue con lo stresso incipit per Federica Pellegrini e Tai Aguero di cui spiega lo sconquasso emotivo per una madre che le stava morendo in una patria lontana mentre lei era all’Olimpiade. Trovo significative per i nostri convincimenti in tema di donne queste parole: “Sono contento di essere un connazionale di Giulia Quintavalle perché ieri mi ha fatto ridere. E’ successo quando la prima judoka italiana a vincere l’oro in un’Olimpiade si è messa a ballare l’inno di Mameli, saltellando sul podio con la medaglia che le sbatteva da una parte all’altra del collo come un pendolo. Fino a metà mattina ignoravo la sua esistenza. Poi l’ho vista dentro un kimono azzurro, contorcersi sul tatami dopo una botta al gomito. Le telecamere avevano inquadrato il gomito e io avevo pensato: questa si ritira. Dopo però le avevano inquadrato gli occhi. Erano di bragia e ho immediatamente cambiato pensiero: questa il gomito piuttosto se lo mangia, ma non scenderà da quel tappeto finché le altre non la buttano fuori a calci. Infatti le ha buttate fuori lei…” Gli occhi di bragia…Non ho visto quella scena, ma ce l’ho davanti come un film. Gramellini si appassiona e trasmette immagini con parole appropriate; e come dargli torto quando cita Kipling? “Valentina, Giulia, Federica, Tai. Sono contento di essere un connazionale, maschio, di quattro femmine così. Femmine con dei valori che non sono soltanto quelli quotati (sempre meno) in Borsa. Femmine che non si lamentano e non si rassegnano. E non lamentandosi e non rassegnandosi, indicano a noi, maschi e femmine, la strada. Ricordate la poesia If di Kipling? “Se saprai assistere alla distruzione di ciò per cui hai dato la vita e, chino, ricominciare con i frantumi rimasti. Se saprai forzare il tuo cuore e i tuoi tendini affinché ti servano anche se sono già sfiniti, tuo sarà il mondo e quanto esso contiene. E quel che più conta tu sarai finalmente un uomo”. Ma ieri ho capito che Kipling intendeva dire: “una donna”. 12 agosto 2008, Wanda Montanelli

COME SUN BLACK VORREI LA PELLE NERA

L’apartheid nostrana senza voce

Tutto quello che è fuori dai canoni viene guardato con sospetto. Siamo così. Consuetudini, colori, misure, devono esistere nei nostri codici di riconoscimento per apparirci rassicuranti. Stiamo però esagerando con le misure della forma estetica femminile. Sempre più asciutte. La pubblicità impone taglie al risparmio di stoffa degli abiti succinti in dimensioni minime. Così si va. Fino al punto che in una discoteca di Londra (notizia di ieri) viene negato l’ingresso alle donne in sovrappeso. Ansa, 30 luglio 2008: “Nel tentativo di selezionare meglio l’affezionata clientela e renderla esteticamente più attraente una discoteca nell’isola di Jersey ha messo al bando le donne grasse, ma, dopo furiose polemiche finite su Internet, i titolari sono ritornati in fretta e furia sui loro passi ammettendo che l’iniziativa era discriminatoria”. Potere di Internet. Il proprietario della discoteca Martin Sayers ha fatto marcia indietro non perché pentito, ma solo dopo aver capito che la clientela gli voltava le spalle. Il passaparola per il boicottaggio attraverso Internet aveva infatti attivato in breve tempo migliaia di adesioni E l’Havana, discoteca anoressica, rischiava di trovarsi con persone sottili, e con la cassa ancora più inconsistente. Vuota di denaro e qualche secca spaventapasseri al ritmo di musica. Due cose si deducono da questa notizia. a) Internet come agenzia di aggregazione di lotta per o contro qualcuno. Pensiamoci. b) La persuasione, più di ogni altro argomento morale, si ottiene toccando le tasche della gente (la cassa in questo caso) Come conciliare due istanze così antitetiche? Ma sono davvero contrapposte?Agire in senso etico ci permette di lottare per una giusta causa. Nel caso di Londra contro l’Havana a favore delle persone in sovrappeso. La linea di principio ci fa agire pro o contro qualcosa senza entrare nel particolare della questione, nel dettaglio della conoscenza intima di fatti, individui e cose. Immaginando di seguire con una videocamera una delle persone a cui fu impedito di entrare in discoteca, potremmo descrivere stati d’animo, frustrazioni, lacrime e insonnie notturne. Gli esseri umani sono complessi e per ognuno si possono scrivere libri. Basta decidere di farlo. Il fronte di liberazione delle persone in sovrappeso ha avuto Internet come strumento e arma. Ricordiamolo, si tratta di risorse umane. Dei pomodori che si può dire? Un giudizio avventato può ledere la reputazione di un vegetale? Confesso. Ho discriminato il pomodoro nero. Una delle rubriche di GR Parlamento ne ha parlato qualche giorno fa. Subito ho pensato che fosse frutto di ricerche OGM e l’ho considerato una schifezza. Conosco i miei limiti. Tra un mondo surriscaldato dall’effetto serra e la scelta di tornare tutti ad usare solo biciclette scelgo la seconda opzione. Tra il sun black e i perini di San Marzano, scelgo il pomodoro da pelati. Tra la pescanoce e la bianca originaria, scelgo la succulenta e ormai rara pesca veneziana. Il sun black è invece buono. Pelle nera e cuore rosso. E’ il risultato di una ricerca che non ha fatto ricorso a tecnologie OGM. Il “sun black” è stato concepito nell’ambito del progetto interuniversitario “Tom-Anto” coordinato dal professor Pierdomenico Perata ordinario di fisiologia vegetale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Hanno partecipato le Università di Pisa (dottor Fernando Malorgio e professor Alberto Pardossi), di Modena e Reggio Emilia (professor Nicola Pecchioni) e della Tuscia di Viterbo (professor Andrea Mazzucato). Sun black ha i benefici dell’ortaggio e dei frutti di montagna che contengono elevate dosi di antiossidanti. Quando matura la sua buccia assume una colorazione viola tendente al nero, grazie alla presenza degli antociani, pigmenti che si trovano in alcuni vegetali, come l’uva nera e i mirtilli. Gli antociani sono potenti antiossidanti, utili a contrastare la formazione dei radicali liberi e, quindi, a rallentare il processo di invecchiamento. Questo pomodoro nero oltre ad essere supernutriente e garantire benefici alla salute conserva una polpa di colore rosso che mantiene inalterato il sapore. Perché l’ho discriminato? L’ho considerato un pericolo. Invece fa bene. Il pomodoro nero fa bene. Torno al mio vezzo di adolescente. Cantare la pelle nera. Come Nino Ferrer in do maggiore: “Hey hey hey dimmi Wilson Pickett / hey hey hey dimmi tu James Brown, questa voce dove la trovate / signor King, signor Charles, signor Brown…” Erano tempi quelli in cui la discriminazione toccava l’anima con gli scontri di Soweto che sfociarono nella caduta del regime dell’apartheid in Sud Africa. Nelson Mandela abitava in quelle baraccopoli. Era facile distinguere chi aveva ragione. Il bene e il male avevano connotati inconfondibili. “Io faccio tutto per poter cantar come voi / ma non c’e’ niente da fare non ci riuscirò mai, e penso che sia soltanto per il mio color che non va… Ecco perché io vorrei…Vorrei la pelle nera… Vorrei la pelle nera…” 31 luglio 2008 Wanda Montanelli

FAZZOLETTI DI CARTA, TAXI E BAOBAB NELLA TEORIA DELLA CONSULTA OMBRA

Jean Léonard Touadi. Non lo conosco. Ha fama di essere bravo. Nel senso umano del termine. Si dice che Veltroni lo abbia imposto a Di Pietro. E il presidente dell’IDV all’ex assessore della giunta capitolina: “Prego, si accomodi. I nostri attivisti e dirigenti del Lazio saranno felici di farsi da parte per fare spazio a lei!” Anche quelli del nord d’Italia, aggiungerei io. Per carità! E i meridionali? Non vedono l’ora! Per questo sono nati, per preparare seggi elettorali a persone speciali; per servire, riverire e farsi da parte al momento buono. Esistono o no ruoli e caste? Ad ogni livello esistono, e c’è chi nasce per far star comodi gli altri come scopo di vita. Alcuni esseri “particolarmente predisposti al sacrificio” non aspettano che questo e finalmente un certo giorno arriva il tempo di realizzare il loro sogno. Dopo momenti in spasmodica attesa, riescono ogni tanto (certo bisogna attendere i tempi elettorali per avere queste adrenaliniche soddisfazioni) a offrire uno scranno in Parlamento in un piatto d’argento a qualcuno scelto da qualcun altro. Altrimenti che immolazione sacrificale sarebbe? Niente di personale. Tutto sommato, potrebbero anche apprezzare la scelta. Vede… monsieur Touadì, potrebbero essere affascinati da frasi del tipo “Il lussureggiante albero flamboyant testimonia meglio del baobab la vitalità del continente africano”. C’é infatti tutto un mondo che si apre davanti ai loro occhi nel leggere il suo curriculum: la mensa di Colle Oppio, i pomodori che raccoglieva a villa Literno. Come non avere simpatia per lei che si è plurilaureato nonostante tutto? Bravo docteur Touadi. Lei è per adesso l’ultimo della serie. Di quelli che poi se ne vanno. Ma non è colpa sua. Parlerei così anche a Pardi, a Giulietti, e a tutti gli altri bravi (nel senso umano del termine si capisce) se se ne andassero. Vanno spiegati alcuni semplici concetti. A loro ed a tutti coloro i quali sanno (si è sparsa la voce ormai) che qualsiasi cosa faccia uno nella vita, di bello, brutto, meraviglioso o poco interessante, è disponibile un luogo politico dove gente (strana in fondo) si impegna fino allo spasimo per costruire un partito-taxi per poi attendere proprio come scopo sociale che un certo giorno arrivi “il predestinato” che proprio perché prescelto dal destino, supera trecento persone in attesa e in fila, e con un semplice gesto del pollice alzato fa spalancare le porte del veicolo davanti a sé. I trecento restano lì. Giovani e forti. Restano forse un po’ storditi se non alquanto morti (dentro). Per loro quel veicolo era una specie di barca a vapore che alzava una bandiera tricolore. Per lui, il predestinato, è solo un taxi. Tutta qui la differenza. Non è poco. E’ la difformità che c’è tra chi ha ricamato cifre d’oro sulla tela dopo averla tessuta, e chi l’ha scarabocchiata e buttata via come un fazzoletto di carta, un kleenex appunto. “Usa e getta” . Si fa questo delle persone. No, non tra voi. Tra noi.. Chi è stato usato e gettato nel breve contratto tra Touadi e Di Pietro? Mah…nessuno dei due ha buttato via l’altro. Entrambi hanno avuto la loro convenienza, non c’è da preoccuparsene. Piuttosto… come stanno quelli della barca a vapore? Certo alcuni andranno via, altri resisteranno e ricominceranno a costruire un altro taxi per il prossimo prescelto o la prossima predestinata; perché è bene sapere che in infinitesimale “quota rosa” anche qualche eletta ogni tanto trova aperte le porte della batmobile, e si accomoda per il tempo necessario ad andare in Piazza Colonna,o in via della Dogana. Poi scende come hanno fatto Gasparrini e Rame. In situazioni rinunciatarie di soavi presenze chi incolpare? Stessa risposta. Come si fa a misurare chi ha avuto più vantaggi? Una mano lava l’altra. Non c’è da preoccuparsene. Piuttosto come stanno quelle della barca a vapore? Beh…erano trecento.. giovani e forti e sono… No, non si può dire così. E’ errato e non fa neanche rima. Porta male… Morte non sono, l’assonanza non tiene. Le Donne della barca a vapore hanno ancora la bandiera tricolore. Eh si. Loro ci credono al tricolore e alla Costituzione. Articoli 51. 3, 2, ed ora fortemente anche il 21 sul diritto all’Informazione e contro le censure. Ne sa qualcosa Beppe Giulietti. Ma non si pronuncia se si tratta di donne. L’argomento è di quelli che non interessa. Due siti censurati alle donne nel partito che lo ospita e lui “articolo 21, bla, bla, bla..” non spende una parola o un rigo. Che non sappia nulla? La sua mail è nel nostro indirizzario. Lo sanno tutti in Spagna, Canada, e America Latina. Mah…! Facciamo allora un po’ di auto-promozione. E’ un ottimo lavoro quello fatto nell’Italia dei Valori dalle donne eccellenti che l’hanno edificato come movimento-partito si dall’inizio. Chi dal 1997, chi dal ’98, chi qualche anno più tardi. Sono persone di qualità culturali, umane, professonali, talento politico, grinta. Meritano di avere giustizia. E si fa giustizia già divulgando notizie e descrivendo persone e fatti. Ad aprile 2008 (due mesi fa) ho scritto ad ADP un documento ufficiale (seguito da molti lanci d’agenzia) per chiedere che 7 magnifiche donne Idv fossero candidate in testa di lista. Il Tonino nazionale se ne è guardato bene. Ed era l’ennesima volta che negava i diritti di cittadinanza alle donne (art. 3 art. 51 e modifiche). La eletta del Molise fino a 15 giorni prima era nella Margherita. Anche con lei, niente di personale. E’ solo una precisazione. Trasparenza e precisione sono elementi di forza per me. Ne è seguito il mio secondo sciopero della fame. La divulgazione a mezzo stampa in tante parti d’Europa e del mondo. Le lettere del Presidente Napolitano, la causa in Tribunale a Milano per chiedere conto di tante cose. Ci sono circa cento pagine nell’atto presentato al giudice a Milano, con 170 testimoni e nove fascicoli di documenti, tra cui le tessere di iscrizione al partito, che qualcuno falsamente manda a dire in giro che io non ho. Tutte balle. Secondo questi bugiardi io non sarei quella che sono, e probabilmente non sono mai esistita. Forse sperano e si augurano che io un giorno o l’altro possa sparire come neve al sole. Così come il 21 maggio di quest’anno (2008) hanno fatto sparire dal portale nazionale il sito della Consulta Donne. Chi sono io dunque? una specie di maga che come una novella Houdini ha incantato tutti con una forma di ipnosi collettiva facendo persino credere di essere la responsabile della Consulta nazionale Donne, e del Dipartimento Pari Opportunità Idv? Dicendo in giro di avere due siti nazionali con 51mila ingressi e 60 persone impegnate a lavorarvi. Che cosa ho potuto inventare dunque? Di aver ideato e sostenuto due uffici stampa come responsabile della comunicazione; di aver ideato e gestito anche due siti regionali; di aver organizzato la prima festa nazionale dei Valori, il primo circolo Idv per l’Ulivo, la prima Associazione di base territoriale ad Ostia, la prima associazione tematica in Roma. La prima rete di donne a partire dal 1998, raggiunta in camper regione per regione? Che altro ho inventato con la mia fantasia malata? Ah, sì di avere incarichi scritti del Presidente del Partito e promesse di un futuro ricco di…Pari Opportunità!. In questa sortilegio politico-mediatico-istituzionale avrei incantato tanti anche presenti in alti ruoli istituzionali: dai presidenti delle Camere, ai Segretari di partiti politici (compresi i due che nel 2006 mi offrirono un seggio in Parlamento che io educatamente rifiutai per restare a lottare dall’interno). Dal Presidente del Consiglio, al Presidente della Repubblica, dalle donne e gli uomini iscritti all’Idv ai dirigenti di altri partiti, dai giornalisti di agenzie e quotidiani alle referenti di associazioni e istituzioni. Tutta queste gente avrei affatturato? Sarei un fenomeno unico nella storia. Se loro non fossero dei bugiardi. La verità è che dopo le strenue lotte che la componente femminile del partito ha fatto per ottenere i diritti che sono alla base della democrazia, si sta cercando di epurare la Consulta Donne esistente; per cercare di soppiantarla con persone che magari di recente appartenenza, o comunque non bene informate di come stanno i fatti, credono a vecchie parole e fresche chiacchiere. Dico loro che sono dieci anni che riceviamo le stesse promesse che oggi vengono reiterate al solo scopo di mettere una toppa sull’immensa voragine dei mancati diritti alle pari opportunità nell’Italia dei Valori. Le donne di questo partito sono ricche di volontà, capacità, talento, serietà, motivazione, passione civile. In cambio hanno ricevuto: offese, umiliazioni, desertificazione delle opportunità, emarginazione, allontanamento dai luoghi delle decisioni, divieto di esprimersi durante le pubbliche assemblee, collocazioni in posizioni di non eleggibilità nelle liste. Stenti, miseria e povertà di mezzi. Povertà di mezzi economici Di questo si chiede conto. Con la certezza di avere ragione. Perché solo con la forza di prove documenti e testimoni si può affrontare una causa civile di tale portata, contro una gestione accentratrice, antidemocratica e privatistica di un partito. Si chiede conto di ogni azione fatta contro le donne e la democrazia paritaria. Anche di questa Consulta “B” , o “Consulta Ombra” che si tenta in fretta e furia di mettere in piedi. Sono uomini che la stanno facendo. Costruendo un luogo delle donne al posto di quello già esistente O almeno ci provano a fare una zona rosa in quota celeste. La consulta Ombra appunto. Perché quella vera si vuole cancellarla. Direi per fare una facile battuta che non essendo riuscito Di Pietro ad essere nel Governo ombra, sta provando a fare la Consulta ombra. Ci sarebbe da sorridere se tutto questo non fosse indecente. Ci sarebbe da piangere se fosse così facile liberarsi di persone, documenti, fatti e storia. C’è invece da essere fiduciosi nella giusta causa che ci muove. Nell’intelligenza delle donne e nel decoro morale che le sorregge e contraddistingue. Credo che nessuna si presterà ad essere strumento di uomini in mala fede. Sono certa che nessuna donna e nessun uomo dei valori si renderanno complici di vestire un re ormai nudo. Leggete Google digitando Wanda Montanelli. C’è molto da capire ancora, e poi decidere chi aiutare se voi stesse o i prepotenti in “quota celeste” al 90% di tutti i posti in cui si decide. Quelli che vi stanno chiamando a copertura delle loro malefatte. 15 luglio 2008 Wanda Montanelli

INGRID BETANCOURT E DINTORNI

Gli abiti stinti dei falsi democratici

Parliamo d’altro chiedono dal blog. Usciamo dalle stanze da letto. Sì parliamo d’altro. Di Ingrid per esempio che con gioia di ogni donna è stata liberata. Lei stava male e non mangiava, lei è magrissima e sofferente. Lei è una donna che ha dovuto soffrire per poter esistere. Sei anni di prigionia sono un tempo infinito che può distruggere, ma l’esile donna ce l’ha fatta a resistere. Siamo forza della natura, è dimostrato. I guerriglieri e le Farc di Bogotà non hanno vinto contro la piccola ma tenace Ingrid Betancourt. La sua militanza per i diritti umani è causa della sua prigionia e ragione della resistenza che l’ha aiutata vivere in tutto questo tempo. Dicono che sia viva, ma distrutta. Rapita il 23 febbraio 2002 dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia era nascosta nella giungla come una sepolta viva. Poi da Radio Caracul le sue prime parole: “Prima di tutto voglio ringraziare Dio e i soldati della Colombia” Dalla base militare di Toleimada Ingrid è scesa e dopo di lei gli altri 14 ostaggi liberati. Aveva fondato il movimento di centro-sinistra “Partido Verde Oxigeno”. Era candidata alla presidenza della Repubblica colombiana. Ripresenterà la sua candidatura e molto alte saranno le probabilità di vittoria. E’ caro il prezzo del progresso femminile da qualsiasi parte del globo lo si osservi. Le affermazioni di tanti ipocriti in favore di lei mi fanno sorridere con amarezza. Sono dissimulatori per entrare una volta in più nella giostra dei lanci di agenzia. Gliene importa un fico secco della sorte di questa come di altre donne. Il loro stile di vita, il loro cinismo e attaccamento alla poltrona contro tutte le donne e i diritti in generale delle persone lo dimostrano; ma vestendosi di un abito tinto di democrazia scagliano dichiarazioni per entrare nelle case della gente attraverso stampa e tv e far credere che esiste babbo natale. Basterebbe sciacquare in acqua il loro abito tinto per farlo tornare al grigiore della scarsa fantasia nel cooperare in campo di diritti, se non addirittura trovare sotto il lilla o il fucsia di cui sembrano interessarsi, il nero pece della loro coscienza. Dell’esclusione, del muri, del buio che impera nelle menti chiuse ad ogni possibile barlume e chiarore sugli altri che non siano se stessi allo specchio. Riempitevi pure la bocca di parole inutili sulle donne vittime di questo o quello. Fregiatevi del loro successo quando sono riuscite a liberarsi, o qualcun altro le ha liberate. Voi, oltre che confinarle le donne, che cosa avete fatto per non impedire che divenissero cittadine di un mondo uguale per tutti? Le parole di circostanza, le frasi di esaltazione e falsa partecipazione alla gioia della liberazione, il vostro indecente appropriarvi dei meriti altrui, non sono altro che un piccolo dito dietro cui ascondervi, che di fatto non vi nasconde ma vi mostra in tutta la brutta immagine che date di voi stessi nonostante le tinture ai vestiti a il maquillage di facciata fintamente democratico. L’appello per Ingrid Betancourt premio nobel, benché altri se ne siano poi gloriati è stato lanciato, per dovere di cronaca, dall’Unità con il gruppo Abele e Libera. Andate sui loro siti. O scrivete, in campo neutro, all’Udi di Ferrara che ha predisposto questo indirizzo: [email protected] Wanda Montanelli