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Da Marrazzo a Morgan, c’è qualcosa che li fa procedere in una dimensione falsata dove tutto, ma proprio tutto, è loro permesso, tra cui anche la possibilità di fare autorete senza rimetterci il campionato Fare autogol. Farsi del male perdendo il lume della ragione, come si dice banalmente. La meraviglia è nella semplice domanda: “dov’è finita la loro intelligenza?”. Trattandosi di persone pubbliche ci si aspetta che facciano funzionare la materia grigia all’interno del proprio cervello. Pertanto questo non è un discorso morale, ma puramente tecnico. Come l’elettricista che unendo due fili con il nastro isolante si aspetta poi che la lampadina si accenda e che continui a restare accesa fintanto che c’è corrente. La domanda che ci si pone davanti al corto circuito è “da che parte arriva il guasto?” Ma non è semplice capirlo di fronte a strampalate frasi e azioni da karakiri. L’uso dell’intelligenza per non danneggiare se stessi è il minimo che si possa aspettare da chi ha dimostrato di non essere un fesso, e pertanto è riuscito a ottenere dalla vita ruoli di prestigio che milioni di persone non osano nemmeno sognare. Invece la delusione è tutta nell’accorgersi che mancano, in taluni baciati dalla sorte come Marrazzo, Morgan, Lapo Elkann, il senso pratico, l’autodifesa, il freno inibitorio che gli impedisce di far danno a se stessi. Mi piacerebbe pure fare un discorso morale, ma non sarebbe efficace nel tentare di capire il fenomeno. Non pretendiamo allora che i soggetti di cui si scrive si debbano preoccupare degli altri, dell’impatto collettivo delle loro dichiarazioni, del danno alla gente, alle persone, ai ragazzi che potrebbero prendere da loro esempio. Lasciamo stare tutto questo e resta la curiosità contabile di chi è abituato a far risultare la cifra nove nella moltiplicazione del tre. Però i conti non tornano. Perché Morgan (che tra l’altro trovo bello e simpatico) fa un brutto giorno la dichiarazione che usa la cocaina come antidepressivo? Cos’è che lo fa straparlare? Voglia di espiazione? Masochismo? Autolesionista non è se poi di corsa ha cercato di smentire le sue stesse dichiarazioni motivandole come un’intervista estorta dall’abile Raffaele Panizza, il giornalista di Max, che invece ha registrato su nastro due ore di colloquio non sconfessabile. Non si aspettava evidentemente Morgan che fosse immediatamente cancellata la sua partecipazione a Sanremo a cui teneva moltissimo (salvo poi affermare di non volervi più partecipare una volta resosi conto dell’impossibilità di far cambiare idea ai vertici RAI). Credeva di vivere in un mondo in cui tutto è meno importante di se stessi e della propria onnipotente esistenza. Era forse entrato in una specie di delirio che fa smarrire le coordinate d’orientamento con la possibilità di restare privo dei vantaggi di una vita fortunata. Credo che lo stesso delirio di onnipotenza lo abbia sofferto Marrazzo, altrimenti come poteva supporre di poter andare con la macchina blu di servizio, nei quartieri dei viados e restarvi ad assumere droga e lì intrattenersi come uno qualunque, o come chi non ha nessuno a cui rendere conto e nessun altro di cui temere? D’accordo non pensiamo alla responsabilità verso il milione e mezzo di. elettori che gli hanno dato fiducia e che forse avrebbero giurato sull’onestà del presidente della regione da loro eletto. Non pensiamo e neanche pretendiamo ormai, in questi tempi imbarbariti, che una persona pubblica debba portare il peso di questi pensieri e di questi scrupoli. Torniamo al conto economico del due più due per capire se si è mai chiesto Marrazzo con quante persone si è reso ricattabile. Moltissime presumo, a partire dall’autista che lo accompagnava che avrà avuto una moglie o una compagna a cui raccontare i rendez-vous, la quale poteva dirlo all’amica del cuore, e questa ai suo fratelli. Quanti sono in questa piccola conta? Già cinque. E tutti gli altri? Dal negozio all’angolo della strada, gli avventori, i passanti. In quanti si saranno intrigati nel vedere spesso e volentieri una macchina blu in via Gradoli? Come si fa a non prevedere una pericolosissima sovraesposizione? La risposta è probabilmente che i soggetti di cui si parla vivono un mondo “altro” che non è – secondo loro – uguale a quello dei comuni mortali con le loro miserie e i loro pericoli. Un mondo speciale in cui nessuno può rompere l’equilibrio e l’onnipotenza degli uomini che ne fanno parte . Una specie di “Io so’ io e voi non siete un c…” detta dal Marchese del Grillo alla teppaglia che aveva tentato di mescolarsi a lui. Alberto Sordi in quel film della regia di Monicelli rendeva bene l’idea del senso di potere grandissimo che il nobile papalino aveva esasperato nel gioco crudele e dileggiante . Quelli però erano scherzi e Il Marchese del Grillo un film. Qui si tratta di vita vera sospesa in un delirio di onnipotenza, che quando crolla porta con sé la frustrazione dei tanti che a quel personaggio pubblico si sono riferiti. Che si sa di certo sulla cocaina? Che è una porcheria assoluta lo si detto e scritto abbastanza? Che lo stesso Sigmund Freud la sperimentò nel 1864 per contrastare i suoi stati depressivi. Il quale poi la prescrisse alla sua fidanzata Marthe Bernays e al suo amico Ernst Fleischl, che sviluppò, insieme ad una forte dipendenza, forme di paranoia fino alla “zoopsia”, (il sintomo delle bestioline), un’allucinazione sensoriale che porta ad immaginare morsi e andirivieni di miriadi di insetti sulla pelle. Vogliamo dirlo che la cocaina conduce a psicosi e deliri? E’ infatti considerata la droga più nociva per il cervello: danneggia irreparabilmente la sinapsi (il passaggio d’informazioni nervose) e i neuroni (le cellule cerebrali) mettendo il soggetto che l’assume a rischio di demenza. Inoltre è causa di ictus, dolori, convulsioni, forti emicranie, nausea, complicazioni cardiovascolari, respiratori e gastrointestinali. Vogliamo dirlo che la cocaina dà dipendenza né più né meno delle altre droghe? Che non è vero che permette performance erotiche o che curi la depressione? Che è vero anzi il contrario: la depressione è un effetto conseguente all’uso nel tempo di questa droga. Vogliamo dire agli adolescenti che non si entra nel mondo dorato dello spettacolo per il fatto che si assume cocaina? Vogliamo dirlo che è falso il mito della polverina magica che rende celebri? C’è un’interessante analisi di Barthes che descrive come si mitizza la polverina che assume il significato di “segno”, cioè un importante veicolo sociale di chi può permettersi la droga dei ricchi e il divertimento dei famosi entrando in uno status mentale e sociale avvantaggiato: il mondo privilegiato di chi ha in pugno la vita. Per essere uno di loro la porta d’ingresso è la coca. Questo trasmettono i messaggi mediatici, tra cui l’ultima fesseria che ha detto Morgan. Marco Castoldi, in arte Morgan, ospite di Porta a Porta, e probabilmente di altri programmi per cercare di sminuire il danno affermando cose diverse da quelle dell’intervista. Direi che dopo un periodo, magari un anno “sabbatico” di riflessione debba poter riconquistare le opportunità che ha perso. Magari andando al prossimo Sanremo 2011, come persona più matura e “autentica”. E’ augurabile perciò un credibile percorso di recupero e riparazione. Verso se stesso prima di tutto. E poi verso tutti gli altri che sono disorientati dall’assenza di spessore morale di tanti, troppi, personaggi pubblici. Dovrebbero dirlo forte in tanti “opinion leader” che non è vero che chi usa la “famosa” polverina diviene a sua volta famoso, oggetto di ammirazione e di invidia da parte di chi è escluso da quel mondo dorato-dopato. Dirlo, ripeterlo e magari scriverlo, una volta tornati a camminare con i piedi ben poggiati a terra. Roma 5 febbraio 2010 Wanda Montanelli