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ABBIAMO SETTE DONNE CAPOLISTA IN IDV? EVVIVA! FACCIAMO UN EUROBRINDISI (MA DOPO LE ELEZIONI)

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Le preoccupazioni di Antonio Di Pietro, i suoi tentativi di esorcizzarle

Senza altri eufemismi entrerò diretta nell’argomento. Nel merito di una citazione che mi riguarda in un’agenzia “Dire” del 16 aprile, anche perché dopo due interviste a quotidiani nazionali che mi chiedevamo dichiarazioni in proposito, appare doveroso fare chiarezza su alcuni elementi semplici che riguardano le liste elettorali. Argomento di questi giorni molto dibattuto a più livelli. L’arte di confondere i fatti con le storielle sta diventando sempre più conosciuta ed esercitata. Da un po’ di tempo a questa parte la politica va a scuola di manipolazione sociale e spesso riesce anche se in modo maldestro a far credere che il ‘nulla’ sia seta , e il cascame lana. Ma torniamo alle esternazioni di ADP (acronimo di Antonio Di Pietro). Leggo sul comunicato stampa succitato: “Non sono un ducetto e nemmeno un maschilista. Ecco la prova”. Antonio Di Pietro ribalta un luogo comune e alle prossime elezioni mette in campo un “esercito rosa”Sono davvero passati i tempi in cui dell’ex pm si diceva che era un “despota maschilista”. Solo due anni fa così la pensava Wanda Montanelli, allora responsabile del dipartimento politiche di genere dell’Italia dei Valori. Con un lungo sciopero della fame cercò di convincere il mondo della “scarsa attenzione riservata da Di Pietro alla componente femminile nelle liste per la camera e per il senato”. Di più: Montanelli ricorse anche al giudice civile per ottenere il risarcimento dal danno esistenziale. Oggi il maschio sotto accusa, Antonio Di Pietro, si prende una piccola rivincita e si presenta alla stampa con una piccola ma agguerrita pattuglia di candidate per Bruxelles. “Sette professioniste- spiega lo stesso Di Pietro- ognuna pienamente realizzata nel suo campo e in famiglia […].”. Apprendo la notizia e non sto nei panni dalla contentezza. Allora il mio doppio sciopero della fame ha portato un risultato tangibile! Le “magnifiche sette” dei miei reiterati appelli saranno elette al Parlamento di Strasburgo! Che importa se non ci son io. Le donne Idv riconosceranno che il coraggio e l’ottimismo non devono mai mancare e credo che per me nutriranno un po’ di gratitudine perché dopo anni un risultato a casa l’avremo portato. Che bello! Avrò sette amiche a Bruxelles con le quali proseguire i nostri programmi di riforma a tutela dei diritti umani. Passo a leggere la posta e Outlook mi scarica una marea di mail. Tante degli amici di facebook, ma tantissime dalle donne e gli uomini di Idv che si lagnano per le scelte elettorali. Che succede? “Dalle Alpi alle Piramidi – mi scrivono – c’è uno scoramento generale. I più dicono che Montanelli aveva ragione, qui non si considera il valore di chi fa crescere il partito, e le donne, da nord a sud e anche alcune dei dipartimenti esteri sono furiose”. Continuo a leggere le agenzie per meglio capire e vedo che i nomi presentati in conferenza stampa da ADP sono di persone cooptate. Qualcuna delle donne elencate le conosco, mi hanno pure sostenuta durante lo sciopero della fame. Che dire? Nulla contro di loro; che riescano nel loro proposito. Ma mi chiedo perché Di Pietro usa suggestivamente i mio titolo “sette magnifiche donne Idv” per candidarne altre che con le sette originarie non hanno nulla a che fare? Mi copiano anche le frasi. Dopo avermi tolto tutto: i diritti di cittadinanza politica, le risorse, i sogni, si appropriano delle mie parole. L’espressione “una piccola ma agguerrita pattuglia di donne” è anche questa copiata e l’avevamo lanciata in un comunicato che elogiava il gruppo femminile posto in prima fila a sostenermi nella lotta antidiscriminazione. Ma porca miseria. Io ho un po’ di talento nel coniugare le frasi e mettere insieme le parole. Anche di queste mi si spoglia? Questo modo di fare la copia di frasi e iniziative da me realizzate si reitera nel tempo: La “Consulta delle donne”, dopo anni di onorato servizio, viene di punto in bianco soppiantata con una consulta “B”, messa in piedi in fretta e in furia, tanto in fretta che le mogli dei parlamentari o dei coordinatori politici regionali destinate ad essere elette non ebbero nemmeno modo di fare le cose per bene. Quando le pratiche sono svolte d’urgenza capita di incorrere qualche errore. La fretta dipende dal fatto che in tali casi sono in gioco alcune condizione favorevoli, come ad esempio la quantità di tessere di chi le possiede già in gran numero, l’uso degli spazi per fare riunioni che non sono prerogativa femminile, il costo economico dell’elezione in cui le donne non hanno autonomia gestionale (ricordiamo il famoso art. 3 – legge 157/99 per la promozione attiva delle donne alla politica che è puntualmente disatteso, il che lascia le donne nella povertà più assoluta) . Insomma è come mettersi in gara a piedi contro chi, poiché sponsorizzato, ha l’automobile da corsa piena di carburante. Dicevo che la Consulta “B” , o “Ombra” fu eletta così in fretta che la moglie di un Coordinatore regionale non ebbe nemmeno il tempo di farsi un account per avere una casella di posta elettronica propria. Era arrivata all’ultimo minuto nel partito, e per scrivere a lei (candidata al ruolo politico di rappresentanza femminile) bisognava rivolgersi alla casella di posta del marito. Molto buffo no? Una donna che vuol rappresentare le Pari Opportunità che comunica solo attraverso suo marito. Cosa avrà detto lui alla moglie?: “Sbrigati che i digiuni della Montanelli qualcosa di buono hanno portato. Mo’ vuoi vedere che ti faccio eleggere rappresentante delle lotte femminili? Così il Presidente è contento perché non se ne può più con queste donne che pretendono di pensare con la capoccia loro! Che… per caso sai se tua cugina, a tempo perso, dopo che ha sbrigato le sue faccende, si vuol dedicare a fare la rappresentante donne? Sai, ci servono anche le esponenti provinciali e comunali….meglio andare sul sicuro e fare tutto in famiglia. Così nacque la consulta “propaggine”. Espressione del talento maschile a imbrogliare le carte in tavola. Ma dov’è adesso? Dico, la consulta B, dov’è? Si troverà nelle liste elettorali per l’Europa e per le Amministrative? E le bravissime politiche della Consulta “A” dove stanno? Saranno messe capolista nelle liste? Quelle che son rimaste, intendo. Poiché molte sono oggi con me. Ma quelle che hanno voluto restare e investire ancora sul loro diritto vivere un percorso politico all’interno di Idv saranno messe in condizioni di essere elette? Sarà data loro la posizione di capofila e tutti gli spazi della comunicazione elettorale? Si tratta di essere presenti nei dibattiti televisivi, nelle conferenze stampa, negli eventi organizzati, nei manifesti in tutte le città del loro luogo elettivo. Tutto questo loro non possono organizzarlo da se stesse perché i famosi fondi “per le pari opportunità” non sembrano ancora accessibili, ma il partito farà in modo che si spenda comunque denaro, lavoro, promozione, risorse umane, indicazione di voto agli iscritti. Sarà fatto tutto questo? Non voglio lasciarmi sopraffare dal pessimismo. Spero ancora che tra queste (magnifiche) sette ci siano le bravissime e talentuose esponenti originarie. Anche loro sono della società civile e oltre che buttare sudore e fatica nel partito inseguendo un’idea di società migliore, vi assicuro che appartengono alla società civile. Anzi civilissima: specializzate professioniste in medicina, psicoterapeute, volontarie dell’associazionismo, docenti universitarie, avvocate, ecc. Il lavoro politico lo fanno da molti anni gratis. Anzi no, pagando di tasca propria. Anche le altre, arruolate con l’annuncio che cercava aspiranti candidate tra le “esponenti della società civile”, avrebbero diritto a una vera chance. Si facciano mettere le une e le altre a capo delle liste sia europee che amministrative. Allora andremo bene. ADP Ascolti Dario Franceschini, il segretario PD, o gli altri segretari politici che non trovano corretto far finta di voler andare a fare il parlamentare europeo sapendo a priori che non ci si resterà nemmeno un minuto. Metta le donne capolista e uscirà dall’imbarazzo di dover rispondere sulle difformità da certi principi così ad alta voce enunciati. Perché in capo alla lista? Me lo hanno domandato i giornalisti con i quali ho parlato della faccenda. Perché – mi hanno chiesto – insiste sul doversi trovare, le donne, a capo della lista se questa volta le liste non sono bloccate e l’elettore può scrivere il nome del candidato preferito? Bisogna che io spieghi che non tutti possono avere una fama che suona pronunciando il nome di Levi Montalcini. Se una persona (uomo o donna) ha una fama pari a quella di Levi Montalcini può anche accettare di trovarsi in mezzo o in fondo alla lista e venire ugualmente eletto/a. Salvo la perplessità da parte dell’elettore nel trovare un personaggio di tale portata in un punto qualsiasi della lista, si potrà interpretare la cosa con una nota snobistica del candidato illustre e scrivere ugualmente il nome Montalcini sulla scheda elettorale. Ma chi non è Levi Montalcini, mettiamo si chiami Bianca Bianchi dovrà contare sulle persone che la stimano per le cose che ha fatto nella vita. Tale gruppo di persone, poniamo che sia numerosissimo, dovrà intanto accogliere il programma della candidata e quindi votarlo scegliendo lei. Per votarla e non avere la sensazione di buttar via un voto dovrà credere nella reale opportunità della persona pur stimatissima che si propone. A tale convincimento si arriva attraverso alcuni indizi. Primo indizio: posizione nella lista. Prima di lista equivale a dimostrata fiducia nelle sue capacità da parte del partito che la presenta. Secondo indizio: promozione pubblicitaria della candidata e spazi televisivi a disposizione (che sono in genere concessi ai capolista). Terzo indizio: (che, sapete, insieme agli altri due fa, per Poirot, una prova) il partito sostiene la candidata e lo annuncia ai cittadini. Che vuol dire ciò? Che tutti gli altri candidati non hanno nessuna opportunità di farcela? Non è così. Vediamo perché: – Levi Montalcini è ok. Abbiamo detto che la voterebbero comunque. – L’esponente di partito, con accordi interni può essere eletto/a perché il partito fa per lui/lei accordi tali che può dar come certa la sua elezione. – I ruoli istituzionali già in campo da molto tempo: Parlamentari, Governatori, Consiglieri regionali, provinciali, Sindaci, Assessori; hanno un seguito di consensi se hanno ben lavorato che gli garantisce il voto del tessuto sociale ed elettorale in cui operano. – I capi di grosse aziende con migliaia di dipendenti e con legami nell’indotto, se sono persone stimabili e positive possono contare su un numero di voti tra coloro che sono nella loro orbita. Restano le/gli esponenti della società civile: associazioni, consorzi, organizzazioni sindacali, ecc. Per queste ultime categorie la riuscita elettorale parte dai tre indizi che fanno una prova, ed in mancanza di quelli l’elezione dipende dall’avere disponibilità economica, logistica, di risorse umane, di uffici stampa per programmare la propria candidatura con un’alta percentuale nelle previsioni di riuscita. Il che significa, riassumendo, o che l’esponente della società civile è promosso dal partito, o che sta per tutto il mese precedente le elezioni in ogni spazio di tv, stampa, internet, e blog in rete; oppure la nostra Bianca Bianchi dovrà avere molti mesi di preavviso per poter organizzare a suo modo e con le sue risorse la sua elezione. Quindi mettere in moto un meccanismo per il quale si attiverà ad avvisare tutti coloro che sono nella sua orbita per dir loro che sarà certamente candidata con il partito tal dei tali, che non importa se proprio non è quello che i suoi estimatori preferiscono, poiché trattasi di candidatura indipendente attraverso la quale si porteranno avanti le istanze a cui loro tengono. Con un lavoro capillare Bianca Bianchi può farcela, contattando e facendo contattare più di una volta i suoi estimatori, nella rete di associazioni e gruppi che la conoscono. Lavoro lento, difficile, anche estenuante, ma necessario. Al di fuori di questo, le candidature che portino un voto o mille sono regali dati gratuitamente al partito che ospita le persone che ci mettono la faccia, la storia, e le risorse economiche praticamente senza chance, e per avere nulla in cambio. Oggi mi chiedo chi darà e cosa all’altro. ADP avrà finalmente capito e metterà le donne capolista? Le presenterà in tutte le trasmissioni tv al suo posto? Allora -che bello- le candidate riceveranno una vera opportunità di riuscita. Non sarà così? Mi dispiace prevederlo, ma, nel malaugurato caso, saranno le candidate e i candidati a fornire un regalo ad ADP che farà di loro un uso momentaneo, salvo dimenticarsene quando non gli serviranno più. L’esempio del passato fa da monito: Elezioni 2005: venticinque eletti, tra cui molti cooptati, e tra questi due donne. Elezioni 2008: 43 eletti, quasi tutti uomini tra cui molti cooptati, e tra questi quattro donne. Vogliamo fare il calcole delle percentuali? Ma lasciamo perdere. Tutte le altre: portatrici d’acqua, purtroppo. A cui nessuno dirà grazie. Anzi. “Ma allora – mi ha chiesto la giornalista di un quotidiano – se così fosse quel comunicato sulle candidature femminili avrebbe il valore di una foglia di fico?”. “Praticamente sì – ho risposto – ma è lei a dirlo. Io non son sicura di poterlo dire. O forse potrei dirlo se lo riscontrassi ad elezioni avvenute. Insomma, ci devo andare cauta. C’è sempre una causa in Tribunale aperta e le mie esternazioni devono essere un po’ mediate. Eppoi calma. La speranza è l’ultima a morire. Che ADP si ravveda davvero? Lo spero, per le magnifiche sette, per me che ne sarei felice, e per le altre candidate che si affacciano per la prima volta in questo oscuro mondo della politica. Noi donne tentiamo di fare chiarezza. Anche la causa civile ha questo scopo. Mi scrivono sul blog “Speriamo in un giudice a Berlino”. Io so che ci sono tanti giudici in Italia che sono lì per fare il loro dovere ed applicare l’articolo 3 della Costituzione scritto in sintesi in un cartello affisso in ogni Tribunale “La legge è uguale per tutti”. Sono convinta dello spirito di giustizia che anima tanti magistrati, altrimenti non avrei iniziato da donna senza protettori né potere politico una causa civile contro Antonio di Pietro nella sua qualità di presidente di un partito e ministro delle infrastrutture. Causa ancora in atto, ricordiamolo, pendente presso il Tribunale di Milano. Niente di personale contro di lui. NDP. Ditemi però che cosa viviamo a fare se non possiamo contare né sperare in un mondo più equilibrato e giusto. Roma, 20 aprile 2009. Wanda Montanelli http://www.grnet.it/index.php?option=com_content&task=view&id=790&Itemid=9

Epurazioni, parole al vento, nuove prese in giro

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“Quasi al traguardo il giro d’Italia in “rosa” che ha visto protagoniste le donne dell’Italia dei Valori che ha portato all’elezione delle responsabili territoriali del coordinamento donne. Un viaggio attraverso le regioni che ha la tappa conclusiva a Vasto, sabato 13 settembre, con l’elezione della coordinatrice nazionale”. (leggi il resto*) Lancio originario d’agenzia: FESTA IDV: MONTANELLI, TANTE EPURAZIONI E SISTEMAZIONE DI MOGLI DI PARLAMENTARI NELLA NUOVA CONSULTA DONNE Roma, 13 set – “Come da previsioni, attraverso un sistema di riorganizzazione del partito che ricorda tanto vicende in voga un tempo in Bulgaria, c’è stata una vera e propria epurazione delle originarie componenti la Consulta Donne Idv”. A dichiararlo è Wanda Montanelli, già coordinatrice nazionale delle donne del partito, sospesa dall’ex pm a seguito delle “legittime richieste di concreta e reale applicazione dei principi costituzionali dell’art. 51, 3, e 2” e ad un’interrogazione sui fondi assegnati alle donne dalla legge 157/99 art. 3, per la promozione attiva delle donne alla politica. Pur indicate in bilancio, le somme non risultavano alla Montanelli, né alle altre donne della Consulta, essere state impiegate. “Per tutta risposta alla mia legittima richiesta di fare luce sulla questione – lamenta Montanelli – Antonio Di Pietro ha realizzato una “Consulta Donne alternativa”, sotto il pieno controllo e gestione da parte degli uomini di potere del partito e definita – secondo quanto mi è stato esposto e documentato da chi vi ha preso parte – attraverso meccanismi di pressione e acquisizione di tessere sui nomi di chi dovesse essere eletta. L’esito dell’operazione è stato, di fatto, la scomparsa della Consulta Donne originaria, soppiantata da una Consulta composta da affiliate, parenti amiche segretarie di parlamentari, coordinatori regionali e provinciali del partito. In Toscana, ad esempio, sono risultate elette al primo posto la moglie dell’onorevole Fabio Evangelisti, e al secondo la consorte del coordinatore Fedeli. In Sardegna la moglie del coordinatore provinciale Lino Mura mai iscritta a Idv, presentata dall’amico parlamentare Palomba. Nel Lazio idem con le persone sponsorizzate dal senatore Pedica. Per non parlare della coordinatrice nazionale, sen. Patrizia Bugnano, moglie del coordinatore Idv del Piemonte, o dei ruoli assegnati alla moglie di Di Pietro e alla tesoriera del partito, nota amica di famiglia. Una gestione “intimista” e familiare di un partito che usufruisce di fondi pubblici per molte decine di milioni di euro non è concepibile. Non abbiamo lottato per decine di anni, sfiancate di fatica, e fatto due scioperi della fame per far sistemare le amiche degli amici degli uomini di partito. Questa è una vera indecenza – accusa la Montanelli che dopo un recente sciopero della fame interrotto in seguito a ricovero urgente e alla richiesta di sospensione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è rivolta al Tribunale di Milano per il riconoscimento del danno esistenziale – ho fiducia che a fronte di questo ulteriore aggravarsi della discriminazione femminile, tra l’altro perpetratasi anche con la chiusura repentina del sito internet delle Consulta donne, in barba all’art. 21 della Costituzione sul diritto di espressione e informazione, la magistratura possa renderci giustizia attraverso una sentenza esemplare che faccia scuola”. AGENZIA PUBBLICATA *ERA TUTTO PREVISTO il 15 luglio : scrivevo sulla “Teoria della Consulta ombra“: (…) si sta cercando di epurare la Consulta Donne esistente; per soppiantarla con persone che magari di recente appartenenza, o comunque non bene informate di come stanno i fatti, credono a vecchie parole e fresche chiacchiere. Dico loro che sono dieci anni che riceviamo le stesse promesse che oggi vengono reiterate al solo scopo di mettere una toppa sull’immensa voragine dei mancati diritti alle pari opportunità nell’Italia dei Valori. Le donne di questo partito sono ricche di volontà, capacità, talento, serietà, motivazione, passione civile. In cambio hanno ricevuto: offese, umiliazioni, desertificazione delle opportunità, emarginazione, allontanamento dai luoghi delle decisioni, divieto di esprimersi durante le pubbliche assemblee, collocazioni in posizioni di non eleggibilità nelle liste. Stenti, miseria e povertà di mezzi. Povertà di mezzi economici. Di questo si chiede conto. Con la certezza di avere ragione. Perché solo con la forza di prove documenti e testimoni si può affrontare una causa civile di tale portata, contro una gestione accentratrice, antidemocratica e privatistica di un partito. Si chiede conto di ogni azione fatta contro le donne e la democrazia paritaria. Anche di questa Consulta “B” , o “Consulta Ombra” che si tenta in fretta e furia di mettere in piedi. Sono uomini che la stanno facendo. Costruendo un luogo delle donne al posto di quello già esistente. Stendendo una passata di vernice bianca su affreschi di valore. Oggi: si contano (per adesso) n. 7 mogli (n. 2 in Toscana, n. 1 in Sardegna, n. 1 Piemonte, n. 2 ruoli nazionali); e salvo due regioni in cui ci sono donne già impegnate da antica data e un altro paio di casi gestiti con un minimo di democrazia, tutte le altre regioni sono divise equamente in propaggini (prolungamenti, diramazioni, longa manus) degli uomini di partito, cioè segretarie, amiche di famiglia, o del cuore, parenti, e annesse. Invito gli interessati a denunciarmi se quanto qui dichiarato non corrisponde al vero. I commenti del blog sono aperti ad altre notizie. Internet serve a questo: a dire la verità. Wanda Montanelli, 13 settembre 2008

FAZZOLETTI DI CARTA, TAXI E BAOBAB NELLA TEORIA DELLA CONSULTA OMBRA

Jean Léonard Touadi. Non lo conosco. Ha fama di essere bravo. Nel senso umano del termine. Si dice che Veltroni lo abbia imposto a Di Pietro. E il presidente dell’IDV all’ex assessore della giunta capitolina: “Prego, si accomodi. I nostri attivisti e dirigenti del Lazio saranno felici di farsi da parte per fare spazio a lei!” Anche quelli del nord d’Italia, aggiungerei io. Per carità! E i meridionali? Non vedono l’ora! Per questo sono nati, per preparare seggi elettorali a persone speciali; per servire, riverire e farsi da parte al momento buono. Esistono o no ruoli e caste? Ad ogni livello esistono, e c’è chi nasce per far star comodi gli altri come scopo di vita. Alcuni esseri “particolarmente predisposti al sacrificio” non aspettano che questo e finalmente un certo giorno arriva il tempo di realizzare il loro sogno. Dopo momenti in spasmodica attesa, riescono ogni tanto (certo bisogna attendere i tempi elettorali per avere queste adrenaliniche soddisfazioni) a offrire uno scranno in Parlamento in un piatto d’argento a qualcuno scelto da qualcun altro. Altrimenti che immolazione sacrificale sarebbe? Niente di personale. Tutto sommato, potrebbero anche apprezzare la scelta. Vede… monsieur Touadì, potrebbero essere affascinati da frasi del tipo “Il lussureggiante albero flamboyant testimonia meglio del baobab la vitalità del continente africano”. C’é infatti tutto un mondo che si apre davanti ai loro occhi nel leggere il suo curriculum: la mensa di Colle Oppio, i pomodori che raccoglieva a villa Literno. Come non avere simpatia per lei che si è plurilaureato nonostante tutto? Bravo docteur Touadi. Lei è per adesso l’ultimo della serie. Di quelli che poi se ne vanno. Ma non è colpa sua. Parlerei così anche a Pardi, a Giulietti, e a tutti gli altri bravi (nel senso umano del termine si capisce) se se ne andassero. Vanno spiegati alcuni semplici concetti. A loro ed a tutti coloro i quali sanno (si è sparsa la voce ormai) che qualsiasi cosa faccia uno nella vita, di bello, brutto, meraviglioso o poco interessante, è disponibile un luogo politico dove gente (strana in fondo) si impegna fino allo spasimo per costruire un partito-taxi per poi attendere proprio come scopo sociale che un certo giorno arrivi “il predestinato” che proprio perché prescelto dal destino, supera trecento persone in attesa e in fila, e con un semplice gesto del pollice alzato fa spalancare le porte del veicolo davanti a sé. I trecento restano lì. Giovani e forti. Restano forse un po’ storditi se non alquanto morti (dentro). Per loro quel veicolo era una specie di barca a vapore che alzava una bandiera tricolore. Per lui, il predestinato, è solo un taxi. Tutta qui la differenza. Non è poco. E’ la difformità che c’è tra chi ha ricamato cifre d’oro sulla tela dopo averla tessuta, e chi l’ha scarabocchiata e buttata via come un fazzoletto di carta, un kleenex appunto. “Usa e getta” . Si fa questo delle persone. No, non tra voi. Tra noi.. Chi è stato usato e gettato nel breve contratto tra Touadi e Di Pietro? Mah…nessuno dei due ha buttato via l’altro. Entrambi hanno avuto la loro convenienza, non c’è da preoccuparsene. Piuttosto… come stanno quelli della barca a vapore? Certo alcuni andranno via, altri resisteranno e ricominceranno a costruire un altro taxi per il prossimo prescelto o la prossima predestinata; perché è bene sapere che in infinitesimale “quota rosa” anche qualche eletta ogni tanto trova aperte le porte della batmobile, e si accomoda per il tempo necessario ad andare in Piazza Colonna,o in via della Dogana. Poi scende come hanno fatto Gasparrini e Rame. In situazioni rinunciatarie di soavi presenze chi incolpare? Stessa risposta. Come si fa a misurare chi ha avuto più vantaggi? Una mano lava l’altra. Non c’è da preoccuparsene. Piuttosto come stanno quelle della barca a vapore? Beh…erano trecento.. giovani e forti e sono… No, non si può dire così. E’ errato e non fa neanche rima. Porta male… Morte non sono, l’assonanza non tiene. Le Donne della barca a vapore hanno ancora la bandiera tricolore. Eh si. Loro ci credono al tricolore e alla Costituzione. Articoli 51. 3, 2, ed ora fortemente anche il 21 sul diritto all’Informazione e contro le censure. Ne sa qualcosa Beppe Giulietti. Ma non si pronuncia se si tratta di donne. L’argomento è di quelli che non interessa. Due siti censurati alle donne nel partito che lo ospita e lui “articolo 21, bla, bla, bla..” non spende una parola o un rigo. Che non sappia nulla? La sua mail è nel nostro indirizzario. Lo sanno tutti in Spagna, Canada, e America Latina. Mah…! Facciamo allora un po’ di auto-promozione. E’ un ottimo lavoro quello fatto nell’Italia dei Valori dalle donne eccellenti che l’hanno edificato come movimento-partito si dall’inizio. Chi dal 1997, chi dal ’98, chi qualche anno più tardi. Sono persone di qualità culturali, umane, professonali, talento politico, grinta. Meritano di avere giustizia. E si fa giustizia già divulgando notizie e descrivendo persone e fatti. Ad aprile 2008 (due mesi fa) ho scritto ad ADP un documento ufficiale (seguito da molti lanci d’agenzia) per chiedere che 7 magnifiche donne Idv fossero candidate in testa di lista. Il Tonino nazionale se ne è guardato bene. Ed era l’ennesima volta che negava i diritti di cittadinanza alle donne (art. 3 art. 51 e modifiche). La eletta del Molise fino a 15 giorni prima era nella Margherita. Anche con lei, niente di personale. E’ solo una precisazione. Trasparenza e precisione sono elementi di forza per me. Ne è seguito il mio secondo sciopero della fame. La divulgazione a mezzo stampa in tante parti d’Europa e del mondo. Le lettere del Presidente Napolitano, la causa in Tribunale a Milano per chiedere conto di tante cose. Ci sono circa cento pagine nell’atto presentato al giudice a Milano, con 170 testimoni e nove fascicoli di documenti, tra cui le tessere di iscrizione al partito, che qualcuno falsamente manda a dire in giro che io non ho. Tutte balle. Secondo questi bugiardi io non sarei quella che sono, e probabilmente non sono mai esistita. Forse sperano e si augurano che io un giorno o l’altro possa sparire come neve al sole. Così come il 21 maggio di quest’anno (2008) hanno fatto sparire dal portale nazionale il sito della Consulta Donne. Chi sono io dunque? una specie di maga che come una novella Houdini ha incantato tutti con una forma di ipnosi collettiva facendo persino credere di essere la responsabile della Consulta nazionale Donne, e del Dipartimento Pari Opportunità Idv? Dicendo in giro di avere due siti nazionali con 51mila ingressi e 60 persone impegnate a lavorarvi. Che cosa ho potuto inventare dunque? Di aver ideato e sostenuto due uffici stampa come responsabile della comunicazione; di aver ideato e gestito anche due siti regionali; di aver organizzato la prima festa nazionale dei Valori, il primo circolo Idv per l’Ulivo, la prima Associazione di base territoriale ad Ostia, la prima associazione tematica in Roma. La prima rete di donne a partire dal 1998, raggiunta in camper regione per regione? Che altro ho inventato con la mia fantasia malata? Ah, sì di avere incarichi scritti del Presidente del Partito e promesse di un futuro ricco di…Pari Opportunità!. In questa sortilegio politico-mediatico-istituzionale avrei incantato tanti anche presenti in alti ruoli istituzionali: dai presidenti delle Camere, ai Segretari di partiti politici (compresi i due che nel 2006 mi offrirono un seggio in Parlamento che io educatamente rifiutai per restare a lottare dall’interno). Dal Presidente del Consiglio, al Presidente della Repubblica, dalle donne e gli uomini iscritti all’Idv ai dirigenti di altri partiti, dai giornalisti di agenzie e quotidiani alle referenti di associazioni e istituzioni. Tutta queste gente avrei affatturato? Sarei un fenomeno unico nella storia. Se loro non fossero dei bugiardi. La verità è che dopo le strenue lotte che la componente femminile del partito ha fatto per ottenere i diritti che sono alla base della democrazia, si sta cercando di epurare la Consulta Donne esistente; per cercare di soppiantarla con persone che magari di recente appartenenza, o comunque non bene informate di come stanno i fatti, credono a vecchie parole e fresche chiacchiere. Dico loro che sono dieci anni che riceviamo le stesse promesse che oggi vengono reiterate al solo scopo di mettere una toppa sull’immensa voragine dei mancati diritti alle pari opportunità nell’Italia dei Valori. Le donne di questo partito sono ricche di volontà, capacità, talento, serietà, motivazione, passione civile. In cambio hanno ricevuto: offese, umiliazioni, desertificazione delle opportunità, emarginazione, allontanamento dai luoghi delle decisioni, divieto di esprimersi durante le pubbliche assemblee, collocazioni in posizioni di non eleggibilità nelle liste. Stenti, miseria e povertà di mezzi. Povertà di mezzi economici Di questo si chiede conto. Con la certezza di avere ragione. Perché solo con la forza di prove documenti e testimoni si può affrontare una causa civile di tale portata, contro una gestione accentratrice, antidemocratica e privatistica di un partito. Si chiede conto di ogni azione fatta contro le donne e la democrazia paritaria. Anche di questa Consulta “B” , o “Consulta Ombra” che si tenta in fretta e furia di mettere in piedi. Sono uomini che la stanno facendo. Costruendo un luogo delle donne al posto di quello già esistente O almeno ci provano a fare una zona rosa in quota celeste. La consulta Ombra appunto. Perché quella vera si vuole cancellarla. Direi per fare una facile battuta che non essendo riuscito Di Pietro ad essere nel Governo ombra, sta provando a fare la Consulta ombra. Ci sarebbe da sorridere se tutto questo non fosse indecente. Ci sarebbe da piangere se fosse così facile liberarsi di persone, documenti, fatti e storia. C’è invece da essere fiduciosi nella giusta causa che ci muove. Nell’intelligenza delle donne e nel decoro morale che le sorregge e contraddistingue. Credo che nessuna si presterà ad essere strumento di uomini in mala fede. Sono certa che nessuna donna e nessun uomo dei valori si renderanno complici di vestire un re ormai nudo. Leggete Google digitando Wanda Montanelli. C’è molto da capire ancora, e poi decidere chi aiutare se voi stesse o i prepotenti in “quota celeste” al 90% di tutti i posti in cui si decide. Quelli che vi stanno chiamando a copertura delle loro malefatte. 15 luglio 2008 Wanda Montanelli

INGRID BETANCOURT E DINTORNI

Gli abiti stinti dei falsi democratici

Parliamo d’altro chiedono dal blog. Usciamo dalle stanze da letto. Sì parliamo d’altro. Di Ingrid per esempio che con gioia di ogni donna è stata liberata. Lei stava male e non mangiava, lei è magrissima e sofferente. Lei è una donna che ha dovuto soffrire per poter esistere. Sei anni di prigionia sono un tempo infinito che può distruggere, ma l’esile donna ce l’ha fatta a resistere. Siamo forza della natura, è dimostrato. I guerriglieri e le Farc di Bogotà non hanno vinto contro la piccola ma tenace Ingrid Betancourt. La sua militanza per i diritti umani è causa della sua prigionia e ragione della resistenza che l’ha aiutata vivere in tutto questo tempo. Dicono che sia viva, ma distrutta. Rapita il 23 febbraio 2002 dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia era nascosta nella giungla come una sepolta viva. Poi da Radio Caracul le sue prime parole: “Prima di tutto voglio ringraziare Dio e i soldati della Colombia” Dalla base militare di Toleimada Ingrid è scesa e dopo di lei gli altri 14 ostaggi liberati. Aveva fondato il movimento di centro-sinistra “Partido Verde Oxigeno”. Era candidata alla presidenza della Repubblica colombiana. Ripresenterà la sua candidatura e molto alte saranno le probabilità di vittoria. E’ caro il prezzo del progresso femminile da qualsiasi parte del globo lo si osservi. Le affermazioni di tanti ipocriti in favore di lei mi fanno sorridere con amarezza. Sono dissimulatori per entrare una volta in più nella giostra dei lanci di agenzia. Gliene importa un fico secco della sorte di questa come di altre donne. Il loro stile di vita, il loro cinismo e attaccamento alla poltrona contro tutte le donne e i diritti in generale delle persone lo dimostrano; ma vestendosi di un abito tinto di democrazia scagliano dichiarazioni per entrare nelle case della gente attraverso stampa e tv e far credere che esiste babbo natale. Basterebbe sciacquare in acqua il loro abito tinto per farlo tornare al grigiore della scarsa fantasia nel cooperare in campo di diritti, se non addirittura trovare sotto il lilla o il fucsia di cui sembrano interessarsi, il nero pece della loro coscienza. Dell’esclusione, del muri, del buio che impera nelle menti chiuse ad ogni possibile barlume e chiarore sugli altri che non siano se stessi allo specchio. Riempitevi pure la bocca di parole inutili sulle donne vittime di questo o quello. Fregiatevi del loro successo quando sono riuscite a liberarsi, o qualcun altro le ha liberate. Voi, oltre che confinarle le donne, che cosa avete fatto per non impedire che divenissero cittadine di un mondo uguale per tutti? Le parole di circostanza, le frasi di esaltazione e falsa partecipazione alla gioia della liberazione, il vostro indecente appropriarvi dei meriti altrui, non sono altro che un piccolo dito dietro cui ascondervi, che di fatto non vi nasconde ma vi mostra in tutta la brutta immagine che date di voi stessi nonostante le tinture ai vestiti a il maquillage di facciata fintamente democratico. L’appello per Ingrid Betancourt premio nobel, benché altri se ne siano poi gloriati è stato lanciato, per dovere di cronaca, dall’Unità con il gruppo Abele e Libera. Andate sui loro siti. O scrivete, in campo neutro, all’Udi di Ferrara che ha predisposto questo indirizzo: [email protected] Wanda Montanelli

UN CAVALLO DI TROIA DENTRO CUI ALBERGARE

. Una truppa. Una sorta di plotone di pace, armato di civili proteste, diritti disattesi, e articoli costituzionali sospesi tra la solennità della Carta e la penuria di concretezza giuridica con cui vengono applicati. Ecco chi siamo. Informati, preparati, per niente al mondo avvezzi al concetto della sottomissione. Qualsiasi potere può essere sfidato, se è esercitato nella iniquità, nella ingiustizia. E’ questo che Wanda Montanelli ci ha insegnato in tutto questo tempo in cui – chi più, chi meno – l’abbiamo seguita e sostenuta. Lei, come una contemporanea Ulisse in elegante tailleur e un bel taglio biondo e vaporoso, ci ha indicato la via più complessa (ma in qualche modo l’unica) per ritornare a una Itaca/Italia che ci assomigli un po’ di più. Lei, come il grande omerico eroe, ha saputo tirare fuori dal cilindro del proprio lungimirante ingegno una soluzione definitiva ad una guerra di Troia non ancora in realtà troppo pubblicizzata: un cavallo, dentro cui albergare pieni di speranza e aspettative. Una causa civile. Presso il tribunale di Milano. Contro Antonio Di Pietro. Prima udienza 11 giugno 2008. Niente di meglio (o di peggio, a seconda dei punti di vista) per poter battagliare colui che con ferrea risolutezza, ha tralasciato i valori sulle cui solide fondamenta ha tuttavia costruito il proprio destino e le proprie fortune politiche. Un cavallo di giustizia, che è poi il cavallo di battaglia per tutti quelli che credono ad una “Italia dei Valori” che di questa definizione non ne detenga solo l’epiteto. Un cavallo, dentro cui Wanda, e noi – striscioni e cartelloni alla mano, inneggianti alla giustizia, alla equità tra i sessi, alla parità tra i generi e richiamando ad una più naturale democraticità di un sistema politico/istituzionale ancora troppo distante dalle formali trascrizioni costituzionali – non ci siamo nascosti. Alla luce del sole, siamo qui a chiedere, a pretendere. A esigere che giustizia sia fatta. Uno schiaffo alla omertà, ai pusillanimi giochi di potere, ai poltronismi beceri, ai nepotismi, e alla indifferenza con cui l’esigenza di una vera rappresentatività femminile in politica viene strozzata nelle gole a suon di spalle voltate, e di dimostrazioni di forza. Ma la forza si manifesta in varie forme. Non è illudendoci che si cambiano i venti, ma neppure mollando la presa. E allora saremo ovunque ci sia spazio per lottare con le munizioni che la giustizia ci offre. Come a Milano Indosseremo ancora le magliette pro www.ComitatoperWandaMontanelli.com e sventoleremo striscioni, volantini, e cartelloni in tutti gli angoli e in tutte le occasioni dove ci verrà concesso. E parleremo, alla gente che cammina per la strada, nei mercati, nelle boutique. Chiederemo a tutti quello che incontreremo, di salire con noi sul cavallo di Wanda. Perché è un cavallo vincente. Ricordandoci che, non potrà mai esistere da nessuna parte altra speranza diversa da quella di un futuro – prossimo – diverso da quanto sancisce la più alta fonte di regolamentazione della giustizia nel nostro Paese. Non chiacchiere. Ma fatti. Milano. Città frenetica, città incupita in un clima denso di un timido inizio d’estate, tra giacche e cravatte sventolate di uomini d’affari affannati in una corsa in bicicletta, in pieno centro, e donne armate da tacchi lunghi e emancipazioni ancora troppo emaciate. Il tribunale. Ricordiamo: COSTITUZIONE ITALIANA. Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Unitevi a noi. Comitato per Wanda Montanelli