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La tv misogina che ci guarda con disprezzo. Il corpo delle donne in vendita per placare la sete di successo degli uomini. Fino a quando?

Passata un po’ d’acqua sotto i ponti riprendiamo il tema dell’odio verso le donne. Quello avvalorato dalla tv e da certi uomini politici in conflitto con l’elemento femminile. Disprezzo celato dietro una sipario di finto amore e rispetto. Chi ci odia e ci teme vuole per prima cosa addomesticarci, comprarci, o farci fuori. I latin lovers come Casanova e Don Giovanni passano da una conquista all’altra e secondo la psicanalisi hanno insicurezze nella sfera sessuale. La classica teoria freudiana sostiene che il seduttore si lancia in molteplici conquiste al fine di dimostrare la propria virilità, perché un uomo normale secondo la psicoanalisi non avrebbe bisogno di andare così lontano per dimostrare a se stesso che è virile. Altre considerazioni danno invece una intrigante spiegazione di teatralità nel funzionamento delle passioni casanoviane organizzate come rappresentazioni intellettuali della parola messa in scena insieme alle immagini, per indirizzare i sentimenti verso l’azione, alimentarla attraverso una scena mentale, un canovaccio per sedurre e stimolarne la fantasia erotica ma anche per comunicare efficacemente con gli altri, nel mondo nella società. E’ il mito del seduttore rivisto e paragonato ad altri come Ovidio, Garcia Lorca, Rodolfo Valentino, Rasputin, Gabriele D’Annunzio. Semplificando rammentiamo l’aforisma di Giacomo Casanova: “Le donne sono come le ciliegie: una attira l’altra”. Il tema delle donne viste come cibo, o merce, o oggetto del desiderio. Niente di nuovo sotto il sole nonostante il femminismo, la liberazione della donna, il progresso. Pochi i passi compiuti nella soggettivazione femminile, e da vent’anni a questa parte invece si è respinto ogni appello sociale per la crescita e l’emancipazione. Si è passati cioè dalla segregazione in casa delle donne all’imprigionamento in schemi asfissianti di donna-corpo, estratto dalla costola dell’uomo per farlo nascere a suo modello rispondente a fantasie irreali. L’oggetto-donna si è trasformato in questi ultimi tempi. Non ha tratti espressivi, né genuinità, né segni caratteristici anche dovuti all’età, al dolore, alla vitalità innata, ad un sorriso autentico. L’oggetto-donna si è trasformato secondo il desiderio maschile e la sua fantasia erotica come oggetto di piacere. Bambole di gomma fatte di carne umana. Quale più alto contributo è stato mai concesso al genere maschile? Nessuno obbliga nessuno. Le donne però instradate verso modelli di successo, plasmate secondo paradigmi televisivi sono oggi al punto di aver perso l’identità estetica, ma anche spesso quella interiore e profonda per rivolgersi ad ottenere un diritto solo attraverso l’avvenenza fisica. Il documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo ha registrato e commentato ore di trasmissioni realizzando una maratona- tv da cui la donna esce umiliata e plastificata non tanto nei glutei e labbroni seriali, quanto nell’inconsistente indipendenza dalla volontà maschile di renderla manufatto di consumo. Da qui la frase l'”utilizzatore finale” che esprime compiutamente la mercificazione del corpo delle donne, pur nella consapevolezza che il sistema va esaminato sapendo che i capi-politici padroni di donne asservite sono numericamente superiori all’unità di cui si parla in questi giorni riferendosi all’attuale capo del governo. La puntata l’Infedele di Gad Lerner sulle veline in politica ha raggiunto il record di ascolti dopo aver trasmesso uno spezzone del video della Zanardo. Il programma derivava dallo scalpore suscitato per l’indignazione di Veronica Lario e la sua frase “ciarpame senza pudore”, riferita alle veline candidate per le europee del giugno 2009. Qualche giorno prima il workshop di Fare Futuro, la fondazione presieduta da Gianfranco Fini, analizzava il ruolo femminile in politica con Sofia Ventura, Linda Lanzillotta, Catia Polidori , Donata Francescato, la sottoscritta, ed altre ospiti parlamentari o studiose di settore. Conseguentemente La Repubblica, pubblicava la critica all’uso spregiudicato del corpo delle donne e l’altolà della fondazione di Fini. Chi tratta così le donne non le ama di certo, ma le oggettivizza perché ne teme l’autonomia, e avendo ormai compreso che non sarà troppo lontano il tempo i cui il femminile entrerà nei luoghi di potere, preferisce cominciare ad inserirvi donne marchiate dal proprio contrassegno di maschio possessore e gestore all’infinito. Un po’ come la pipì dei gatti all’angolo di casa per delimitare il terreno in cui comandano. Un po’ come dire “queste donne sono mie propaggini, le conosco, le ho avute alla mia tavola e nel mio letto. Loro sono me stesso e la mia volontà impressa al femminile. Governerò sempre io anche attraverso loro”. Non si offendano le donne. Loro sanno e accettano consapevoli il gioco. Ciarpame senza pudore? Probabilmente sì, ma anche ragazze scaltre e forse consapevoli che altre strade non sono percorribili. Evitano a se stesse esperimenti di ardui percorsi pieni di ostacoli, muri invalicabili e soffitti di vetro. Non le giustifico, le spiego. Scelgono scorciatoie puntando su un azzardo di sesso e intimità con l’uomo potente che concederà loro un ruolo istituzionale, imprenditoriale o politico come un cadeau di ringraziamento per le belle ore passate insieme. Quando tutto va bene è così. Ci ritroviamo (senza nulla togliere all’esiguo numero di donne che tra tante meritevoli che fanno militanza politica, sono riuscite a conquistare ruoli importanti), con parlamentari e governanti propaggini di una stessa politica stantia e occlusa alla libertà di scelta femminile. Temiamo la ricattabilità del comandante-politico che può ricevere sempre nuove richieste da soddisfare dalle sue ganze, oppure coercizioni da chi nell’entourage familiare o amicale è a conoscenza della storia di sesso e politica. Non è un discorso morale questo, ma un riassunto pragmatico. La domanda che segue: Non avremmo diritto al meglio possibile nei posti di governo? Paolo Guzzanti parla di mignottocrazia. Cosa facciamo? Insegniamo ai giovani che è inutile impegnarsi e studiare ma bisogna entrare nell’ordine di idee di essere corpi e menti in vendita? Saremo un giorno governati solo da mignotte e mignotti? La propaganda di tale metodo per far carriera, in politica, o i altri campi come lo spettacolo, è dilagante, specie in tv, e nei media in generale. La vicenda della famiglia Lo Cicero ne rende in chiave parossistica il significato. La figlia del signor Lo Cicero vuol fare l’ingegnere? Disgrazia! Non sa la stupida che per far carriera deve imparare a sculettare e ambire a un posto di velina o di sgallettata in un qualche show? “Siamo solo mercanzia sullo scaffale” dice Shirley MacLaine alle amiche per lamentare le avances ricevute dagli uomini che vorrebbero portarsela a letto. Nel film “Tutte le ragazze lo sanno” (titolo originale Ask Any Girl di Charles Walters, 1959) l’ingenua ragazza venuta dalla provincia riesce a sposare David Niven suo datore di lavoro solo dopo averlo convinto a considerarla merce da promozionare con i metodi dell’agenzia pubblicitaria di cui lui è direttore. Meg (Shirley MacLaine) intendeva però conquistare Evan (Gig Young), il fratello del suo capo, e lavorando sulle sue preferenze in fatto di donne (colore di capelli, voce, passi, atteggiamenti, trucco, abbigliamento) si adegua ad essere una femmina costruita a misura del gusto particolare di un uomo. La reversibilità delle sue trasformazioni porta ad un lieto fine nel film. Oggi però nulla è reversibile perché le donne si trasformano chirurgicamente in maniera definitiva. La subordinazione è pesante e grandi sono le ripercussioni sociali incentivate da questa tv che odia le donne; quelle vere, quelle adulte, quelle che hanno dei contenuti a prescindere dal loro aspetto. “L’obbiettivo è interrogarci e interrogare sulle ragioni di questa cancellazione – scrive la Zanardo – un vero ” pogrom” di cui siamo tutti spettatori silenziosi.. […]. L’immagine femminile con cui l’uomo ha interpretato la donna e’ stata una sua invenzione…” Bisogna cambiare. Partendo anche dal raccontarci le storie di papi quotidiani . La politica dei giorni nostri ne mostra e ne dimostra altri di papi, forse più furbi di Berlusconi. La storia personale di ogni donna è dimostrativa di quante volte ci può essere capitato di perdere un lavoro o un’occasione per non essere disposte a venderci. Anche nelle piccole conquiste di normale quotidianità, perché alcuni uomini sono convinti che i diritti delle donne si concedono solo dietro pagamento di contributi in natura. Tutte abbiamo subito le avances di qualche papi, no? Ognuna di noi ne avrebbe di storie da raccontare; io rammento un episodio a lieto fine (umoristico ormai) accaduto a Laura, mia cugina che trovato un posto da commessa in un grande magazzino all’ingrosso in corso Umberto a Napoli veniva invitata dal capo a prender parte all’accoglienza dei commercianti che erano lì per acquisti. La richiesta era però che Laura li ricevesse in reggiseno e slip per far loro vedere la qualità dei prodotti. Lei rifiutò e fu licenziata. Aveva vent’anni e quel tempo si era minorenni fino a ventuno. Mio zio, papà di Laura, poteva scegliere di denunciare il fatto, ma preferì recarsi ai magazzini per chiedere con voce imperiosa di parlare con il direttore. Questi uscì dal suo ufficio gli chiese cosa desiderasse. Mio zio tirò fuori dalle tasche un reggiseno e una mutandina, mentre diceva: “Voglio parlare con sua moglie!”. Il direttore allarmato replicò: “Perché”?. “Perché – rispose – li ho comprati oggi ma non sono convinto che stanno bene addosso! Faccia venire qui sua moglie che se li prova così mi convince!”. Il direttore se ne tornò nel suo ufficio e si chiuse dentro. Lo zio uscì dai grandi magazzini solo dopo aver raccontato l’episodio del licenziamento di Laura a tutti i clienti del grande magazzino. Una piccola grande soddisfazione che si menzionò in famiglia per rallegrarsi ogni volta che le ragazze di casa lamentavano di non riuscire a trovare un lavoro. Una volta c’era la consolazione della dignità personale, familiare, sociale. Era lontana da quel mondo la tv che umilia le donne e fa apologia dello spregio trasmettendo una realtà tanto dannosa quanto falsata. Wanda Montanelli