Tag Archives: Birmania

A BRESCIA A BRESCIA!

Concita De Gregorio, eccole le donne perché non ne fa un editoriale? Ci siamo sentite in colpa ad agosto perché si ricercavano le donne assenti, e per quelle di noi che nei dieci giorni di mare non ne volevano sentire di politica sono affiorati rimorsi tali da rendere amaro il gelato al pistacchio e fredda la frittura di calamari. Scambi di telefonate tra noi donne di varie associazioni “ma hai letto che scrive l’Unità?” Ho letto sì. – Unità 12 agosto: «Ribelliamoci come in Iran e in Birmania»; – Unità 13 agosto: «La rivoluzione interrotta delle donne»; – Unità 14 agosto: « Rompere il silenzio: se le donne ritrovano la voce», di Lidia Ravera; – Unità 17 agosto: « Benedetta Barzini: alcuni indizi sul mutismo delle donne»; – Unità 20 agosto: «Primo: rompere il silenziatore su ciò che fanno le donne» di Livia Turco; – Unità 21 agosto:«Scambio tra corpi, poteri maschili nel silenzio che pesa» di Elettra Deiana; – Unità 21 agosto: «Care donne (e uomini sani) ora va vinta l’indifferenza» Insomma ci hanno “sbomballato”. Sarà stata la penuria di notizie durante la calura estiva che ha indotto a tirar fuori dal dimenticatoio le donne, o sarà che ci si aspetta dalle donne che siano risorsa sempre e che dopo aver fatto le doppiolavoriste per tutto l’anno organizzino manifestazioni agostane per movimentare la noia dei vacanzieri in città. E dire che qualcuna ci ha creduto. “Dai organizziamo una manifestazione!” era il ritornello nella segreteria telefonica , nelle email o al telefono. Ma che organizziamo – scimunita che non sei altro – in pieno agosto? “Colmiamo il vuoto!” “Sì, quello del cervello. Facciamo da tappabuchi!” Tappabuchi altro ruolo in cui le donne sono formidabili metamorfiste. Un mestiere in più fra tanti che fa curriculum: lavoranti, mogli, madri, dattilografe di casa, amministratrici, cuoche, infermiere, amanti, sorelle, e… TAPPABUCHI! Ma che fa! Anche questa funzione va bene… Purché se ne parli diceva Oscar Wilde. In fondo val la pena di cogliere un’opportunità perché di ciò che le donne pensano o fanno se ne dice sempre troppo poco. Come? Le tv ne son piene! Direbbe qualcuno ricordando seni e glutei a volontà. Ed è lì il disastro. Pensare troppo al contenitore e nulla al contenuto. Ma un po’ cambia ultimamente il vento. Sarà perché la gente è stanca di grossolanità, sarà per la critica feroce della stampa estera. Leggo Wolfgang M. Achtner, l’autore di “Il reporter televisivo. Manuale pratico per un giornalismo credibile” che da anni ormai punta il dito contro il giornalismo e la tv nostrane. Sarà perché i tempi son maturi e la domanda è superiore all’offerta. Ci si sta rendendo conto che le cose di donne interessano. Tanto è vero che il documentario “Il Corpo delle donne” è stato visto da migliaia di persone in poco tempo dopo la sua pubblicazione. Lorella Zanardo ce lo ha raccontato durante l’incontro con la Stampa estera del 5 novembre alle 12.00 dove Concita De Gregorio (assente ingiustificata ) doveva essere con Rosy Bindi, la Zanardo e me a raccontare se le donne sono “Silenti o silenziate”. Le domande di Megan William che coordinava gli interventi tendevano a scandagliare le motivazioni sociali che rendono così singolarmente in ritardo l’effettiva cittadinanza femminile italiana. L’attacco alla tv nostrana da parte di Achtner ha trovato un temperato distinguo da parte di Rosy Bindi che ha replicato che pur essendo un prodotto discutibile il G.F. è comunque di derivazione estera. E’ vero infatti che lo abbiamo importato come tanti format di cui non dovremmo avere bisogno dati i costi della tv pubblica e i talenti di autori completamente ignorati. La differenza tra noi e gli altri paesi è che qui il GF. ce lo propinano in tutte le salse e se non vuoi proprio vedere devi fare saltapicchio tra decine di programmi che te lo ripresentano. Siccome non si riesce ingoiarlo nemmeno liquido (“manco ‘a bbrodo ne mastica!” dicono in Sicilia), diventa una fatica scansarlo perché i tg, i talk show, i programmi naturalisti, le strisce e quant’altro ti rimettono la minestra riscaldata e becera davanti agli occhi e fai fatica a riuscire a “non vederli!” Persino la Gialappas band che diverte da matti non si può più vedere perché il tranello del Grande fratello emerge come sughero nel mare anche tra le loro facezie spassose. Mi sono posta come punto fermo il non voler vedere i GF. Non l’ho mai visto, non ne conosco i personaggi né intendo conoscerli. Ebbene vorrei vincere la mia scommessa. Ma è dura! Se un decimo del tempo perso appresso al G.F o all’Isola dei (presunti) famosi (riproposta quasi con la stessa insistenza) lo si dedicasse alle idee delle donne, alle loro iniziative, anche quando come il più delle volte accade non sono “portate” dai partiti, si farebbe un livellamento verso l’alto della qualità dell’offerta di tv che, sebbene generalista, si mostra particolarmente insofferente verso il genere, quantomai ostico ai programmatori di palinsesti, “Donna pensante”. Stessa cosa si può dire della stampa, tranne qualche caso in cui si avanza timidamente il tema. Mi rivolgo a Concita Gregorio, che lamenta l’assenza delle donne, tuttavia poco o nulla scrive delle donne che sono in piazza. Invece quante cose fanno le donne. L’Udi ha da un anno iniziato il tour d’Italia da Niscemi a Brescia, per segnare di paese in paese la protesta e lo sdegno. Ci sono migliaia e migliaia di donne che in questo anno si sono spese di centro sociale, in teatro di periferia, da piazze importanti e strade buie teatro di aggressioni. Dove risulta tutto questo? In Donna-tv? Grazie Eleonora Selvi e Salima Balzerani! Ma tutti gi altri dove guardano quando le donne stanno in piazza? L’Udi, L’Onerpo, Donne in Quota, e decine di altre associazioni hanno seguito il viaggio che ha toccato ogni luogo d’Italia. Ma non vi viene la curiosità di sapere chi sono queste donne che si spendono per anni gratis, che sognando il cambiamento organizzano, scrivono, si chiamano, si autotassano, si fanno da sé i manifesti, le foto, i filmati, gli articoli sui blog, i turni massacranti dopo il lavoro. Chi sono, cosa pensano, che vogliono? Non vi incuriosisce tutto questo. Di che giornalismo vi occupate? Solo quello delle segreterie dei partiti? Ma porca miseria la gente è per strada ed esprime pareri e bisogni anche senza tessere in tasca! Concita faccia la sua parte. Si chiama “STAFFETTA DELLE DONNE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE” e il nome stesso espone la nostra forza e il nostro limite. Senza cappelli e simboli, senza caporali padroni. Donne da ogni dove, credenti e atee, di destra e di manca e di centro. Associazioni ecologiste, animaliste, femministe, femminili, evangeliche, buddiste, musulmane, ebree. Non ce ne importa un fico secco. Qualunquiste? No qualunquisti siete voi, che portate a casa un qualunque vantaggio da chi è disposto a darvene. Noi abbiamo le idee chiare su ciò che vogliamo e spesso per raggiungere i nostri obiettivi ci rimettiamo in proprio. Oggi lo scopo che ci porta in piazza è quello di dare un forte segnale di dissenso contro la violenza. Domani ci sarà altro. Ci aspettiamo un editoriale. Altrimenti il prossimo agosto non rompete i marroni e lasciateci mangiare il fritto di mare in pace. 20/11/2009 Wanda Montanelli

RINASCERE NON E’ UN’OPPORTUNITA’ MA IL DOVERE DELL’ESSERE UMANO QUANDO TROPPO SI E’ PERDUTO

. . . “Alla politica si è sostituito il potere” (Concita De Gregorio da suo art. “Ribelliamoci come in Iran e in Birmania”). Vero, verissimo. Pochi si rendono conto che uno degli strumenti per controllare le masse è il sistema fiscale e l’attuale crisi finanziaria. Le donne ed i giovani sono le vittime “eccellenti” da sacrificare per rendere inoffensivo il punto di intolleranza che divide l’illusione di esseri liberi dalla certezza di non esserlo. Il silenzio delle donne italiane (e non mi riferisco alle poche consapevoli del procedimento dissolutorio della società “civile” che si sta perpretando a livello globale) non è un’anomalia ma la conseguenza psicologica dell’illusione di una democrazia inesistente. Le donne italiane tacciono perché è stata tolta loro anche la responsabilità morale di gestire il privato. Vessati economicamente i cittadini non possono godere una vita di reale benessere e trascorrono la maggior parte del tempo a far quadrare i conti. E’ importante che i cittadini non pensino e soprattutto che le donne non si evolvino. Le donne sono un elemento della popolazione sovversivo con l’ossessione di proteggere il futuro. Private dei beni essenziali (lavoro, famiglia, istruzione, informazione, etc.) saranno sempre più disposte ad accettare patti moralmente illeciti pur di sopravvivere. Nel mentre il silenzio. Credo che il tempo delle analisi sia scaduto. La rassegnazione che ci ha imposto il patriarcato per lunghi secoli ha lasciato il posto all’indifferenza. La cura all’apatia è una buona dose di disobbedienza civile. Solo la piazza può rallentare questa agonia e solo le donne possono protestare ed alzare la testa prima che il sistema le travolga definitivamente. La disoccupazione intellettuale di molte rappresentanti femminili non è giustificata se non dal profitto personale e va assolutamente individuata ed isolata. I movimenti femminili non hanno bisogno di una parte politica o sindacale nella quale riconoscersi ma devono conquistare tutti gli spazi scelleratamente concessi nel tentativo ingenuo di rivalersi in silenzio. Tali movimenti dovrebbero agire in piena autonomia e coesi nell’obiettivo di ridare voce alla questione femminile. Agitare le bandiere della libertà di lavoro o della tutela economica dei lavoratori è un’arma a doppio taglio che attraverso l’acquisizione di strumenti finanziari al servizio del potere può rovesciare il senso di qualsiasi lotta. Avendo quindi formulato tutte le analisi oggettive possibili dobbiamo assolutamente escludere coloro che ci indicano terapie in funzione della diagnosi del Paese. Non esistono emergenze che non siano state create ad hoc se non quella di uscire dal silenzio-consenso ed entrare nell’urlo del rifiuto. Poiché il sistema attuale si è raffinato nel mascherare la tendenza autoritaria in autorevole, occorre fare attenzione al gioco di opposizioni mediatiche e di stampa funzionali al coordinamento di un nuovo ordine sociale. Questo di fatto sta accadendo attraverso la nomina di un organigramma che dall’economia e finanza alla pubblica amministrazione passando per la magistratura e finendo ai corpi militari conta un numero sempre crescente di asserviti alla demolizione del servizio sociale propriamente detto. Noi donne possiamo rompere il silenzio e uscire dalla sudditanza solo se da controllate ci controlleremo da sole (un po’ come fanno le banche). Dovremmo stabilire il prezzo di una decisione dopo aver smesso di lamentarci e di essere docili. Anche il tempo dello sdegno è scaduto e la prostituzione domestica e pubblica deve essere ingoiata dall’azione collettiva. Le soluzioni troveranno la loro materializzazione attraverso l’azione coordinata di leaders motivate dall’essenziale e prive di rancore. C’è bisogno di voci pulite e forti capaci di trascinare in piazza più della metà della popolazione. Coloro che affermano la liberazione femminile da una parte e dall’altra servono i responsabili di crimini contro l’umanità come la violenza globale contro le donne vanno isolati . Il ricatto della sopravvivenza può essere sconfitto solo attraverso il ripristino della dignità collettiva (visto che quella individuale è stata attaccata fino all’osso). Dobbiamo riprendere la corsa verso l’indipendenza inseguendo un solo obiettivo: l’indipendenza stessa. Certe che qualsiasi compromesso può divenire strumento (specie quello finanziario) di inibizione di qualsiasi forma di lotta dovremo restare vigili e ricominciare a contarci. Anna Rossi Resp. Relazioni Esterne O.N.E.R.P.O. 21 agosto2009