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PARLAMENTO, DALLA REGOLA DELLA ROTAZIONE DI PANNELLA AL VINCOLO DEI DUE MANDATI DI GRILLO

 

Sul vincolo dei due mandati, ormai confermato, l’articolo non pare del tutto condivisibile, ma è indubbiamente interessante, specie se ascoltato da chi sa leggere e commentare la rassegna stampa.

Stamattina a Radio radicale su Stampa e regime divertentissima la frase in napoletano pronunciata da Marco Cappato per ricordare anche in quel caso la “regola della rotazione” imposta a suo tempo da Marco Pannella.

Ecco la frase:

“Ci fu un tempo in cui Marco Pannella, ossessionato dall’idea che i suoi eletti venissero sedotti dal Palazzo, impose la regola della “rotazione” tra i parlamentari a metà legislatura. Quando infine toccò al simpatico Mimmo Pinto, già leader dei @disoccupati organizzati di Napoli ed ex Lotta Continua (una specie di Roberto Fico d’antan), l’allora deputato rispose a Pannella facendo una piroetta su se stesso: «Voilà Marco, agg’ fatt ‘a rotazione».

Questo è l’ episodio comico letto da Marco Cappato che se l’è pure cavata non male nella pronuncia partenopea.

La rotazione per quanto mi riguarda è nell’ascolto della radio, in cuffia sempre, e la mattina presto la scelta è tra  “Stampa e regime” la migliore rassegna stampa da molti decenni, condotta in maniera unica – fino al giorno della sua dipartita – da Massimo Bordin. Ed ora tanti i bravi, tra cui Carlo Romeo che più si avvicina allo stile, la competenza e l’arguzia di Bordin. Per questo la mia alternanza ogni giorno all’alba è tra questa monumentale radio (grandiosa per l’archivio e la preziosità dei contenuti) e la cronaca di Radio anch’io con Giorgio Zanchini. Anche lui ficcante, curioso, sempre sul pezzo. Non ci sono trasmissioni tv che reggano il paragone con siffatte divulgazioni radiofoniche. Stamattina una perla è stata la piroetta di @Mimmo Pinto, letta dal pezzo Francesco Bei su Repubblica    M5S, Grillo licenzia le stelle: se la rivoluzione divora i suoi figli 

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DRAGHI’ NUN CE LASSA’ ! DRAGHI’ NUN CE LASSA’ !

 

A partire dai Sindaci di mille splendide città e borghi italiani, fino alle cancellerie internazionali, dai sindacati, alla Confindustria, e  primo fra tutti il nostro amatissimo Pesidente Mattarella; a seguire il Vaticano, i direttori delle maggiori testate giornalistiche, ma immagino tanta parte di popolo che come gli indigeni del famoso film “Riusciranno i nostri eroi… “ si sentono spaesati dalla partenza del loro capo carismatico e gridano quasi al cielo “Titì nun ce lassà!” . Nel geniale film di Ettore Scola, con la magistrale interpretazione di Alberto Sordi e Nino Manfredi  verso il finale arriva la agognata pioggia. E noi?  Noi che pure siamo a secco di acqua, tra roghi criminali che non sono mai puniti abbastanza, le incognite future sul Pnrr, l’inflazione, la crisi energetica, il bisogno di fare tagli alle accise, la necessità  di siglare un accordo sul grano, il contenimento del maledetto virus (e ora pure con la sottovariante Ba.2.75, Centaurus) che fa contare ancora troppi morti ogni giorno; e la gente che non sa come mettere a tavola un piatto due volte al giorno e si dispera per le bollette aumentate in modo esponenziale. Ma fra tutto ci opprime la Guerra pesantissima, assurda, imprevista, su cui nessuno ha una soluzione giusta per farla terminare.

Senza offesa per nessuno per il paragone, ma diciamolo pure, siamo tutti sconcertati, e se è pur vero che la democrazia si esplica maggiormente attraverso le elezioni facciamoci delle domande. Ho chiesto a molti. Nessuno sa dire con certezza chi vorrebbe al Governo da qui al futuro. Chiediamoci perché. Soprattutto se lo chiedano i partiti. Perché abbiamo bisogno di appoggiarci alla spalle forti di Mario Draghi e non ci vengono in mente alternative? Il fatto è che non vogliamo cambiamenti. Non adesso, non subito. E’ solo questione di denaro? “No Mario no soldi” scrive Feltri su Libero, ma certo anche i soldi ci servono eccome, e trovo sagge le parole di Paolo Guzzanti di oggi L’altra metà delle Stelle :  È verissimo che gli italiani sono stati espropriati per anni del diritto di esprimersi col voto come un vero popolo sovrano, ma è altrettanto vero che stavolta siamo in mezzo a un guado pieno di bestiacce carnivore e sabbie mobili che prima non esistevano, come la ripresa del virus, una guerra di aggressione che va fermata e una crisi economica, che richiedono virtù, polso fermo ed esperienza, qualità per cui Draghi ha accumulato crediti nazionali e internazionali”. E ancora  sulla stessa onda Claudio Cerasa sul Foglio: “Perché ringraziare il Parlamento italiano, comunque finirà: Ha saputo arginare gli estremismi, ha prodotto grandi trasformazioni nei partiti e ha accompagnato l’Italia verso una stagione di compromessi esemplari. Qualunque sarà il destino di Draghi, questa legislatura non va demonizzata”. Così pure Matteo Renzi che ha fatto partire la petizione “Draghi resti a palazzo Chigi”  .

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DI CHE FEMMINISMO SI PARLA IN TEMPI DI DDL/ZAN?

Si parla di quel femminismo che dai primordi della Repubblica, il 2 giugno 1946, ha partecipato alla elaborazione della Costituzione, con gli articoli 2,3, e di quel femminismo che nel corso degli anni ha elaborato l’art. 51, le leggi contro la violenza con farle diventare reati contro la persona, anziché contro la morale. Si parla di quel femminismo che sostiene il diritto alla salute e alla dignità e della persona con l’art. 32., dov’è incluso il diritto delle donne di non essere massacrate e/o usate come VUOTI A PERDERE, considerate meri contenitori, macchinari per produrre bambini, a loro volta acquisiti alla stregua di “bambolotti” a cui non è concesso nemmeno di poter essere allattati, per la fretta allontanarli in tempi da record dal corpo materno che li ha tenuti in grembo per 9 mesi. Ma che importa! Il giocattolo mica ha bisogno del seno di sua madre! mica avvertirà di non sentire l’odore della mamma, di non udire lo scandire di quel battito cardiaco che lo ha “cullato” come musica celestiale per tutto il tempo in cui cresceva beatamente nel liquido amniotico. Che importa a questi lobbisti del “TUTTO IO”! Che gliene frega delle “assenze” che avvertirà il bambino una volta “sradicato” dal terreno di tenerezza che offre una madre.

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UNA VITA DA GARANTE: IL CORRIERE CRITICA BEPPE GRILLO, POLITICO PER SPORT


Sempre molto ironico e divertente Gramellini, ma anche protervo, insopportabilmente sprezzante verso il mondo grillino. Ce l’ha con Beppe che si affaccia in politica solo in determinati passaggi-chiave per poi riscomparire per anni. Ma io non ci trovo nulla di strano, per me è normalissimo che scenda a Roma nei momenti più delicati, quando è importante non sbagliare mossa. Son tutti ragazzi giovani, un aiuto nel momento della decisione può essere importante. Di Maio, anche se 34 enne, è ormai un fine politico, lo riconoscono un po’ tutti da sinistra a destra. E Conte che ha qualche anno in più è bravissimo e preparato. Ma Grillo, pur non avendo alcuna preparazione specifica, è più smaliziato, un po’ per l’età, un po’ perché, molto intelligente, possiede a grandi dosi nel suo dna l’arguzia tipica genovese. Secondo me c’è poco da stupirsi o da fare ironie se si prende la briga di venire a seguire personalmente un eventuale accordo di governo con Draghi.

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LITE A SINISTRA TRA ZINGA E CONCITA, RADICAL CHIC E CONFINDUSTRIA IN AIUTO DI RENZI

 
Certo che ‘sta Concita è proprio ai miei antipodi. Quando ho visto #Renzi fare quella specie di show al #Quirinale, usando anche formule da bar, come “volevano asfaltarci e non ci sono riusciti”, sono rimasta un po’ perplessa, considerata la “sacralità” del luogo. Ho apprezzato invece la pacatezza e la serietà di #Zingaretti, sempre inappuntabile.
Al contrario, Concita de Gregorio sembra essere rimasta favorevolmente impressionata dai giochi pirotecnici di Renzi e ha visto timidezza nell’atteggiamento di Zingaretti, liquidato come una specie di poveretto succube di #grillini e di #Tabacci, incapace persino di trovare l’uscita dal Quirinale (di fronte a un bivio con due corridoi ha avuto un attimo di esitazione su quale imboccare; lo avevo notato anch’io, ma non mi è parso un episodio così dirimente per giudicare la statura di un leader). È un fatto che il Partito Democratico di Zingaretti viaggi al 20% nonostante le fuoriuscite di Renzi, #Calenda e #Bersani. Il PD di Renzi, con la sola defezione di Bersani era invece al 18, minimo storico raggiunto del partito.
ln ogni caso il Segretario ha risposto alla De Gregorio per le rime: “L’eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic, che vuole sempre dare lezioni a tutti, ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo”.
 

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