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IL MONITO PER QUEI GIORNALISTI CHE CON CINISMO USANO I NO-VAX

 

Questa volta Selvaggia Lucarelli ha ragione. Non si può far finta di niente in questa messe di pubblicità gratuita che i mass media regalano ai no-vax, ai complottisti da quattro soldi, a disadattati senza costrutto che afferrano l’occasione di essere intervistati da conduttori radio, presentatori tv; cinici responsabili di talk show a cui interessano esclusivamente gli incassi in termini di audience, e quindi pubblicità, compensi economici, rilevanza mediatica personale. E’ vero abbiamo tutti famiglia, ma c’è un limite a questo turbinio di false notizie, appelli alla Costituzione da chi non l’ha mai letta, parole senza capo né coda sulla libertà, sulla presunta schiavizzazione dei cittadini, sui complotti che costoro si sognano nei loro deliri notturni, per poi accedere – la mattina dopo – ad uno smartphone o una piccola videocamera e riprendersi sentendosi il premio Nobel di turno, postando in rete, sui social, le loro panzane indigeste. E come aveva ragione Umberto Eco nella sua descrizione di quei balordi che un tempo dicevano le loro scempiaggini in osteria, dove per lo più venivano zittiti con male parole. Invece cosa accade in tanti troppi programmi di intrattenimento terra-terra? Questi personaggi non soltanto sono invitati quotidianamente, ma sono vezzeggiati in modo tale che gli si permette di dire scemenze in confronto diretto con virologi, scienziati, professori e costituzionalisti. Tutto questo è imperdonabile, e lo è ancora di più per una radio – peraltro eccellente in molti programmi –  come radio24, che dovrebbe basare la programmazione sulla serietà, quella serietà che contraddistingue anche i programmi comici o umoristici. Tra i tanti da citare,Totò, Govi, Eduardo possono insegnarci tale serietà che ha uno scopo preciso, quello di divertire, arricchire, informare lo spettatore, non certo quello di incentivare questa sorta di bullismo espositivo-mediatico, gonfiato dal vuoto di informazioni, che causa sciaguratamente, insieme ai guadagni, troppi morti. Morti veri.

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DONNE ASSASSINATE IN EMILIA, QUATTRO IN POCHI GIORNI, UN PALESE EFFETTO WERTHER DI CUI NESSUNO TIENE CONTO (SUGGERITA LA SORDINA)

Non è un caso che una dopo l’altra siano uccise donne per i motivi più disparati, come non è una novità che le modalità di divulgare le notizie su tali crimini incidano profondamente sulla psicologia di soggetti borderline e persone orientate a considerare se stessi vittime di decisioni e atteggiamenti altrui (la fidanzata, la madre, la compagna). Restanoi mperterriti i giornalisti che scelgono di pubblicare titoli “giustificanti” il crimine con frasi del tipo “Padre violento uccide il figliolo per vendetta. Era lei che lo voleva lasciare” .

Un altro fattore da considerare tra le modalità di comunicare e gestire i delitti contro le donne, è la vittimizzazione secondaria ovvero quelle situazioni in cui le donne diventano vittime una seconda volta: nei tribunali, nei percorsi legali e sanitari, nella rappresentazione dei media, nel contesto sociale, nel giudizio delle scelte di vita.

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Parlare in napoletano e sentirsi Genny Savastano è di moda tra i ragazzi attratti dagli eroi negativi della fiction tv

Non credo alle coincidenze se sono ripetute in tempi brevi. Notavo la recrudescenza dei crimini tra giovani, bullismo scolastico a parte, e le spedizioni nella Galleria Umberto a Napoli, effettuate con sfrontatezza, pretesa di impunità e direi mania di protagonismo. Mi dicevano giorni fa, amici che viaggiano quotidianamente in metropolitana o sui mezzi pubblici a Roma, come succeda spesso di sentire gruppi di giovani che parlano in dialetto napoletano, con fare spavaldo e con insolita esposizione di linguaggio e gesta malavitose. La pronuncia delle frasi in dialetto partenopeo è quella di ragazzi romani, chiaramente non corrispondente alla parlata di chi è veracemente di Napoli, ma seppur goffamente tali giovani emulano i loro eroi negativi che, secondo alcune analisi sociologiche, derivano dalle fiction di successo in questi ultimi tempi.

Si tratta soprattutto di Gomorra, riduzione tv tratta dal libro di Roberto Saviano. Molto si è scritto sugli effetti negativi di tali rappresentazioni, con pareri non sempre concordanti e interviste agli addetti ai lavori. L’attrice Cristina Donadio  che nel filmato interpreta il ruolo di Scianel, ossia la lady Gomorra malavitosa a capo di un clan di Secondigliano, nega che i ripetuti episodi di criminalità siano dovuti alla fiction, anche se il suo interlocutore le fa notare che gli episodi di accoltellamenti, sparatorie, e le cosiddette “stese” nei baretti dei quartieri, hanno un indice elevato di ripetitività in un periodo successivo alla messa in onda di Gomorra.

Completamente contrario alla minimizzazione di Cristina Donadio, è il parere di Carlo Verdone che,  intervistato da Anna Paola Merone sul Corriere del Mezzogiorno afferma: “Un mio amico insegna a Roma in un quartiere difficile. Ha assegnato un tema ai ragazzi sui loro sogni. E molti hanno detto che vorrebbero diventare Genny Savastano”.

Napoli, rappresentata come una città in balia di giovanissimi che rischiano la vita allo scopo di dimostrarsi eroi negativi, non riguarda solo i giovani appartenenti ad ambienti criminali, ma ha potere di attrazione verso chiunque sia condizionabile, immaturo, o viva problematiche esistenziali. Secondo la psicologa Francesca Ferraro  il problema riguarda anche i giovani delle famiglie borghesi che “si vestono e parlano come i personaggi della serie, e spesso adottano anche un comportamento di prepotenza verso i coetanei, comportandosi da bulli perché incapaci di distinguere il bene dal male”.

L’Effetto Werther

Non si ripete mai abbastanza quanto sia importante che i produttori televisivi siano consapevoli del grande potere loro affidato. Era di Karl R. Popper il suggerimento di “Una patente per fare tv”, e la convinzione che Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto.

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FENOMENOLOGIA DELLA VIOLENZA E NEW MEDIA

L’azione “Tartaglia”come nell’effetto “Werther” emula gesta negative apprese da messaggi suggestivi e condizionanti Le parole sono pietre. Dette in televisione sono armi pericolose. Le ascoltano tutti. I sani di mente, i depressi, gli esaltati, i pazzi. Le parole vanno misurate. Specialmente se è un politico a dirle o un leader di qualsiasi genere. Le immagini sono sogni. Viste in televisione sono figure piacevoli oppure incubi. Le immagini vanno misurate. Le vedono tutti. I sani di mente, i depressi, gli esaltati, i pazzi. Chissà per quanto tempo rivedremo in tv o nella carta stampa le ferite sul volto di Berlusconi. Dovunque le vedremo purtroppo: sui blog, youtube, facebook. Per favore non mettete foto sanguinolente nello spazio della mia pagina di facebook. Appartengo ad una generazione che ancora ha ripulsa delle immagini cruente. Ce lo hanno insegnato da piccoli. La goccia di sangue che sgorga da un dito dopo una puntura di spillo mette i brividi e procura dolore. Anche se non è nostra. Si entra in empatia con chi è ferito tanto da sentire fitte nel proprio corpo. Questo non ha nulla a che fare con il coraggio. Potrei essere una guerriera costretta a fare una guerra tanto da guardare in faccia la morte. In tal caso non avrei paura. Ma dolore si, nel vedere il sangue umano scorrere. La linea di demarcazione è lì. Nell’essere umani o alieni. I nuovi media hanno abituato generazioni intere a non badare al dolore (quello degli altri). Hanno insegnato a guardare con il teleobiettivo dentro corpi feriti senza provare nulla se non curiosità, quando non addirittura gusto per l’orrido. In entrambi i casi il disprezzo verso l’uomo è entrato nelle nostre esistenze. Cinismo. Sguardo amorale sui supplizi altrui che riduce a ben poca cosa noi stessi. Il disadattato psichico che ha lanciato una statuetta contro Berlusconi è stato indotto a farlo dal clima e dalle parole dure come pietre. Non si fa un buon servizio al paese ignorando quanti borderline vanno in giro liberi di colpire se individuano un avversario. Antonio Di Pietro probabilmente si riferiva a ipotesi di scontri di piazza con le sue dichiarazioni dopo la manifestazione “viola”. Il che nelle parole intendeva prevedere o scongiurare reazioni di violenza che pur condannabili hanno comunque una corrispondenza politica. Non così invece si può classificare il gesto sconsiderato di un depresso psichico che oltre ad aver colpito il primo ministro, ha causato la diffusione mondiale delle ferite al suo volto. Un effetto politico-mediatico disastroso per i nemici di Berlusconi. Una rappresentazione di noi italiani che farà il giro del mondo. Una brutta pagina che era meglio non scrivere. Capiranno un giorno che l’unica arma per vincere il cavaliere è il tono composto, l’ironia, lo sminuzzamento pacato degli argomenti difensivi da lui inventati? L’uso del Parlamento e delle prerogative di democrazia garantite dalla Costituzione sono strumenti legittimi che alla lunga rendono la verità tangibile e dimostrata. La critica severa all’operato del governo deve essere detta con competenza, documentata con dati, reiterata con l’uso suggestivo dei media. Parlando, senza ringhiare. Si persuade di più con autorevolezza e classe che non con scomposte reazioni che esaltano negativamente chi non aspetta altro per dare sfogo alle proprie frustrazioni. Di Pietro nel suo obbiettivo di fruttuosa belligeranza deve capire che ormai il barile è raschiato. Dall’accordo con Veltroni tutti i voti possibili li ha già “spostati” e acquisiti come unico leader forte avverso a Berlusconi. Ora senza un coerente e limpido iter politico può solo perderne, anziché aumentarne. Le frecce al suo arco si spuntano se non fa quelle due o tre cose che la sua base reclama, e se non ascolta le voci di chi ancora crede in una politica integerrima e rispettosa dei diritti a partire dai resoconti interni, e dall’autocritica degli errori. Dal partito alcuni attivisti hanno mandato comunicati stampa per dare dimostrazione di esecrare la violenza e prenderne le dovute distanze. Come il dipartimento estero in Olanda con Silvia Terribili e molti militanti che si stanno dando da fare per la nascita di correnti nuove nel partito dei “valori”. Una presa di distanza immediata quanto opportuna è giunta da tanta parte politica nei confronti dell’emblematica aggressione che potremmo definire da qui in avanti “effetto Tartaglia”. Una conseguenza paragonabile a risultati deleteri che lo studio della psicopatologia può ricondurre già da tempi lontani al famoso effetto Werther, così definito da Brigham nel 1844 nella prestigiosa rivista “American Journal of Insanity, in cui scriveva: “Un semplice paragrafo di cronaca giornalistica può suggerire il suicidio a venti persone”, e dava il nome al fenomeno riferendosi a “I Dolori del Giovane Werther” che moltiplicò i suicidi tra i lettori del romanzo di Goethe. Karl Popper per primo scrisse che occorre una patente per la tv. La televisione può essere scuola di violenza o di dabbenaggine. Raramente è puro divertimento o informazione utile. Quasi mai è educativa e non si pretende che lo sia se non in contrapposizione a tutte le volte che è “diseducativa” trasmettendo volgarità, illusioni e falsi storici. Gli effetti dei media nuovi e vecchi si deve conoscerli per non far danni. Oltre ai suicidi seriali c’è un’ampia casistica di omicidi seriali. Il più recente è conseguente al delitto di Meredith Kercher commesso da Amanda Knox e Raffaele Sollecito. A Parigi, per esempio, Jessica Davies una 28enne sotto l’effetto di droga e alcol, ha sgozzato il proprio amante per emulare Amanda Knox, e durante l’interrogatorio ha rivelato che a darle l’ispirazione è stata la morte di Meredith Kercher. Ma gli esempi sono tanti. In Colorado, negli Stati Uniti, due ragazzi di 17 e 16 anni hanno ucciso una bimba per emulare le gesta dei personaggi del videogioco Mortal Kombat. Numerosi sono pure gli omicidi derivati dal film di Oliver Stone Assassini nati (Natural Born Killers). Negli Stati Uniti si intentano e vincono cause con risarcimenti miliardari per questo tipo di danno da mass media. Diversi parenti di vittime hanno fatto causa contro Stone, come i parenti di due donne uccise in un sobborgo di Salt Lake City (Utah), il cui assassino Nathan K. Martinez risiedeva in un motel in Nebraska. Una volta catturato l’uomo ha detto di aver visto il film dozzine di volte e di essersi rasato per meglio compenetrarsi nel ruolo dell’assassino e somigliare di più al personaggio interpretato da Woody Harrelson. La pagina va voltata, ha dichiarato il presidente Giorgio Napolitano. Per risolvere realmente i problemi del paese è ora davvero che si muti strategia politica e si inneschi un virtuoso effetto crescita di tutte le categorie sociali attualmente in sofferenza e povertà. Di questo abbiamo bisogno, non di sangue. 15 dicembre 2009 Wanda Montanelli