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L’INDEGNO ATTACCO SUI SOCIAL ALL’INFERMIERA CLAUDIA – PRIMA VACCINATA IN ITALIA – DA PARTE DI UN NUGOLO DI DISADATTATI

 

Quest’infermiera è serva dei poteri forti? Meno male che ci sono loro, i negazionisti (ma guai a chiamarli così, non vogliono) che ci svelano gli imbrogli e ci rivelano le verità che a noi ottusi bendati sfuggono. Qualche giorno fa ho visto un servizio a La7 sulla manifestazione che hanno fatto davanti alla Bocca della Verità: striscioni, cori, uno che parlava dal palco dicendo che nei vaccini ci mettono l’acqua di fogna per farci ammalare; una signora che gridava: “RE-SI-STEN-ZA, RE-SI-STEN-ZA”. Eh… quanti danni provoca la chiusura delle osterie intese alla Umberto Eco, dove gli imbecilli venivano zittiti davanti al fiasco di barbera.

Vorrei avere una bella macchina del tempo per caricarci sopra tutti costoro, portarli indietro di un secolo per fargli vedere da vicino la poliomielite, il vaiolo, la meningite, il morbillo, la difterite, la pertosse etc. Ma soprattutto per fargli vedere cosa è stata la Resistenza. Un po’ diversa da quella che stanno facendo loro. Tra l’altro, mi sbaglierò, ma io ho un sospetto: immagino che questi tizi, messi alla prova, non siano veri rivoluzionari. Non sono i Pertini, per capirci. Sono più simili, come biotipi, a quelli che insutavano Craxi DOPO che è caduto. Ma fino al giorno prima lo sostenevano e incensavano.

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Parlare in napoletano e sentirsi Genny Savastano è di moda tra i ragazzi attratti dagli eroi negativi della fiction tv

Non credo alle coincidenze se sono ripetute in tempi brevi. Notavo la recrudescenza dei crimini tra giovani, bullismo scolastico a parte, e le spedizioni nella Galleria Umberto a Napoli, effettuate con sfrontatezza, pretesa di impunità e direi mania di protagonismo. Mi dicevano giorni fa, amici che viaggiano quotidianamente in metropolitana o sui mezzi pubblici a Roma, come succeda spesso di sentire gruppi di giovani che parlano in dialetto napoletano, con fare spavaldo e con insolita esposizione di linguaggio e gesta malavitose. La pronuncia delle frasi in dialetto partenopeo è quella di ragazzi romani, chiaramente non corrispondente alla parlata di chi è veracemente di Napoli, ma seppur goffamente tali giovani emulano i loro eroi negativi che, secondo alcune analisi sociologiche, derivano dalle fiction di successo in questi ultimi tempi.

Si tratta soprattutto di Gomorra, riduzione tv tratta dal libro di Roberto Saviano. Molto si è scritto sugli effetti negativi di tali rappresentazioni, con pareri non sempre concordanti e interviste agli addetti ai lavori. L’attrice Cristina Donadio  che nel filmato interpreta il ruolo di Scianel, ossia la lady Gomorra malavitosa a capo di un clan di Secondigliano, nega che i ripetuti episodi di criminalità siano dovuti alla fiction, anche se il suo interlocutore le fa notare che gli episodi di accoltellamenti, sparatorie, e le cosiddette “stese” nei baretti dei quartieri, hanno un indice elevato di ripetitività in un periodo successivo alla messa in onda di Gomorra.

Completamente contrario alla minimizzazione di Cristina Donadio, è il parere di Carlo Verdone che,  intervistato da Anna Paola Merone sul Corriere del Mezzogiorno afferma: “Un mio amico insegna a Roma in un quartiere difficile. Ha assegnato un tema ai ragazzi sui loro sogni. E molti hanno detto che vorrebbero diventare Genny Savastano”.

Napoli, rappresentata come una città in balia di giovanissimi che rischiano la vita allo scopo di dimostrarsi eroi negativi, non riguarda solo i giovani appartenenti ad ambienti criminali, ma ha potere di attrazione verso chiunque sia condizionabile, immaturo, o viva problematiche esistenziali. Secondo la psicologa Francesca Ferraro  il problema riguarda anche i giovani delle famiglie borghesi che “si vestono e parlano come i personaggi della serie, e spesso adottano anche un comportamento di prepotenza verso i coetanei, comportandosi da bulli perché incapaci di distinguere il bene dal male”.

L’Effetto Werther

Non si ripete mai abbastanza quanto sia importante che i produttori televisivi siano consapevoli del grande potere loro affidato. Era di Karl R. Popper il suggerimento di “Una patente per fare tv”, e la convinzione che Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto.

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