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L’INCRESCIOSA QUESTIONE DONNE CHE TURBA L’ESTABLISHMENT IDV

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Ancora una volta, come per le amare esperienze di Vasto, le delegate disertano il partito senz’anima

Ci risiamo. Ci ha provato di nuovo Antonio Di Pietro a gabbare le donne del partito e come per una legge di contrappasso ha perso con la faccia anche quel poco di credibilità che agli occhi di qualche ragazza ingenua e riverente – posto che ne sopravviva qualcuna – ancora conservava. E’ un fatto politico gravissimo la questione donne. Eccome se lo è. E’ la misura della democrazia come e più di ogni altra azione all’interno di un partito. Torno a dire che i diritti delle donne in politica sono sanciti dalla Costituzione italiana negli articoli 51, 2 ,3. La stessa carta per la quale Di Pietro si batte il petto in giuramenti di fedeltà e in proteste e minacce verso chi secondo lui non è abbastanza osservante dei suoi dettami. Tutte scene ad uso propaganda. Non ci crediamo più e ormai cominciamo ad essere in molti. L’esito del primo congresso di partito dopo oltre dieci anni restituisce, a proposito di contrappasso, le stesse accuse che Di Pietro muove contro gli altri partiti, in un’Italia dei Valori a doppia corsia, quella dei fiduciosi iscritti della base e quella dei vertici che predicano bene e razzolano male. Leggiamo sul suo stesso blog: “Ho votato IDV ed ora mi trovo un Di Pietro che sino ad ieri ha urlato ai quattro venti no alle candidature di inquisiti o sottoposti ad indagine della magistratura ed ora sostiene uno sottoposto ad indagini come De Luca”. Lo stesso asseriscono Luigi De Magistris e Sonia Alfano, parlamentari europei indipendenti che non sono iscritti all’Italia dei Valori e a sentir loro se ne guardano bene. Quindi, non appartenendo ai vertici di partito rappresentano un “Concorso esterno in opposizione furiosa” quando dichiarano, come ad esempio la Alfano: “Non condivido la scelta di sostenere De Luca in Campania e pertanto non darò il mio contributo per una sua eventuale elezione. La questione morale non può essere accompagnata da sconti soprattutto in Campania”. Opposizione rinforzata da Marco Travaglio e Antonio Padellaro, anche loro ormai disincantati, che sulle pagine del Fatto Quotidiano criticano aspramente la candidatura di De Luca. “Vorrei un partito di persone per bene” ha detto Sonia Alfano sere fa a Cruciani su radio 24 nell’intervista del programma “La zanzara”, e sembrava molto sincera nel nominare De Magistris, Claudio Fava, Flores D’Arcais e altri che meritano secondo i suoi progetti ideali, l’accreditamento nel partito-perbene. Sul web la protesta si scatena con l’assunto: “Se date la deroga a De Luca dovete darla anche a Berlusconi”. Sonia Alfano su Facebook conferma il suo contrasto alla scelta infelice, mentre De Magistris incalza su you Tube: “L’Idv si deve sottrarre da questa cosa. Di Pietro da leader del partito si è assunto una responsabilità politica, quella di appoggiare una persona con reati gravissimi. Questa è una scelta responsabile ed impegnativa per un leader”. La storia si ripete e per chi non sa o non ricorda è come se succedesse tutto per la prima volta. All’ hotel Marriot di Roma, il 7 febbraio si è dipanato un copione già rappresentato. Di Pietro che vuol passare dalla protesta ad essere una forza di governo, e auspica di incorporarsi nel Pd. Rammento lo slogan“Dalla protesta alla proposta” di Bellaria nel 2003 e l’accordo con Veltroni per le politiche 2006 dove il presidente unico Idv manifestava l’intento di “incorporarsi” in un unico gruppo parlamentare con i Democratici. Salvo cambiare idea subito dopo le elezioni, forse dopo il calcolo della resa economica dei consensi ottenuti. E quante volte abbiamo sentito promettere che toglierà il suo nome dal logo lasciando volare il gabbiano senza zavorra?”. Non si capisce poi, in questo primo congresso, quale fosse la mozione alternativa, perché Di Pietro aveva uno sfidante nel deputato campano Franco Barbato, definito “pittoresco” dai cronisti, il quale non aveva un proprio programma e non è tra l’altro nemmeno iscritto al partito (neanche lui!). Forse il suo è stato un semplice ruolo di comparsa tanto per movimentare l’evento. Una specie di commedia dell’arte con il “canovaccio” appena tracciato e poi come va-va. L’importante è fare un po’ di “ammuina” Meglio è andata la elezione del coordinatore dei giovani con la scelta di Rudi Russo che ha ottenuto il 47% dei voti. Tra le altre candidature, alcune sponsorizzate dall’alto, non c’è stata storia perché il 28enne toscano ha vinto nettamente. LA FALLITA OPERAZIONE ROSA E’ stata imbarazzante invece la faccenda delle donne tal quale come la sottoscritta l’ha già descritta da tempo. Il Corriere della sera titolava ieri: “Fallisce l’operazione dirigenti rosa”, salta l’elezione delle donne, qualcosa secondo l’ex Pm non ha funzionato”. Non ha funzionato il tentativo di asservimento da parte degli uomini di partito per decidere chi eleggere tra donne. Solo questo non ha funzionato. L’unica candidatura per il settore donne era quella di Patrizia Bugnano, già commissaria dello stesso dipartimento, per inciso creato da chi scrive sin dal lontanissimo 1998, e mantenuto fino al 2008 quando la scomoda voce di chi dice la verità e reclama democrazia venne messa a tacere. O almeno si tentò di farlo e di fatto si chiuse senza preavviso il sito web della Consulta femminile e si nominò come sostituta la Bugnano che mai si era affacciata prima nel dipartimento donne, anzi ne era proprio disinteressata, e così da politica inerte ma con l’importate titolo di “moglie di un coordinatore” in affiatati affari con la presidenza ottenne il dipartimento impegnandosi a tenerlo – presumo – spento e in insignificanza di idee e progetti. E’ il cosiddetto fenomeno di cooptazione in funzione di “propaggine” del politico di turno che non lascia nulla di intentato e piuttosto che niente si butta ad occupare anche gli spazi delle donne Sono tentativi di contaminare l’autonomia femminile, quella giusta per fare una politica “insieme” agli uomini da pari e senza sottomissioni. Le donne idv si sono ribellate anche stavolta e invece di ratificare una decisione già presa dai vertici del partito hanno espresso dissenso disertando in massa il congresso nella fase elettiva (di 800 delegate solamente in 173 hanno votato e meno della metà per la Bugnano). Il segnale di disaccordo è stato più che eclatante con schede bianche e interviste di protesta per l’andazzo familiaristico in politica che ormai ha davvero stancato. Tante le precedenti occasioni, tra cui quella di Vasto 2006 nell’assemblea denominata “talebana”, per la completa assenza di donne tra i relatori del convegno nazionale, e durante la quale il 22 settembre occupammo il Meeting Center dell’hotel Palace per fare la nostra assemblea autoconvocata e permanente intitolata “Vasto… aperti dissensi” con tanto di verbalizzazione raccolta firme e proteste, smorzate dalle promesse ufficiali di Leoluca Orlando in funzione di portavoce di Di Pietro. Promesse mai mantenute in questo partito di “marinai” senza certezze né porti sicuri. Con molta amarezza, ho fatto ieri sera la constatazione che “nulla è cambiato” nonostante anni di lotte e frustrazioni. E’ però di conforto sapere che le donne Idv continuano ad essere toste, come sempre, come allora. E chi la dura la vince. La storia è aperta. Roma 9 febbraio 2010 Wanda Montanelli

EUROPEE: NO DONNE NO PARTY

Le magnifiche sette anche questa volta mancano all’appello. Non si festeggia, Di Pietro ci ha deluso di nuovo.

I deputati Idv per l’Europa sono in maggioranza uomini come per il Parlamento italiano e sempre in coerenza con il conformismo elettorale che emargina le donne E’ rimasta tristemente all’angolo del frigo la bottiglia di Chardonnay pronta per brindare all’elezione delle sette speciali donne ostentate in campagna elettorale da Di Pietro. Temo che resterà lì a lungo fino a perdere le qualità organolettiche che permettono ad un vino bianco di essere bevibile negli anni. C’era scritto sull’etichetta “Per brindare alle donne elette”, ma temo che per il tintinnare dei calici dovrà passare ancora troppo tempo e, piuttosto che un bianco deperibile, nei tempi lunghi ci conveniva scegliere una bottiglia di Barbera o di Barbaresco che reggono meglio il passare dei lustri. Temo che gli anni del ravvedimento siano molto in là da venire. Forse un cambio della guardia o un miracolo permetteranno una democrazia compiuta all’interno di Idv, e fino ad allora si tratterà soltanto di grazia ricevuta. Leggo le dichiarazioni di Pia Locatelli, presidente dell’Internazionale socialista donne, sulla misoginia degli italiani per il numero esiguo delle 12 elette su 72 parlamentari italiani alle europee quest’anno. Lei, come tante altre donne competenti di politica e di problemi sociali, potrebbe essere in Europa a far un buon lavoro se non ci fosse stato l’infame sbarramento. A che serviva in Europa cancellare la volontà di milioni di votanti che preferiscono scegliere programmi e modalità di vita non massificate? Non c’è nemmeno la scusa che si debba governare per cui serve stabilità; è una sgarberia, un calcio in faccia a tutti coloro che nonostante l’oscuramento mediatico dei piccoli partiti hanno deciso di dare il voto a chi li ispira di più per fiducia e progettualità. Tanti i partiti restati fuori dal Parlamento. Si è annullata la volontà di milioni di elettori. Trovo sia una prepotenza, un’azione che va contro le regole più elementari della democrazia. E’ come se in un condominio, scusate l’esempio semplificato, composto da due soggetti: un costruttore che ha i millesimi di metà palazzina e l’altro, un palazzinaro che ha un terzo degli appartamenti, venisse impedito a tutti i proprietari singoli o di quote minori di partecipare alle decisioni condominiali. Sarebbe assurdo costringere questi ultimi ad assoggettarsi ai voleri della maggioranza condominiale senza nemmeno poter partecipare all’assemblea per capire i motivi delle decisioni, suggerire possibili alternative, o magari tentare di impedire di essere lesi nei propri diritti. E’ chiaro che in fase di votazione vincerebbe la maggioranza, ma la democrazia prevede per lo meno l’ascolto delle minoranze. Torniamo alle elette, poche pochissime, e come poteva essere altrimenti se non se ne sono viste in campagna elettorale?. Sonia Alfano ha attinto alla sua bisaccia di consensi per l’impegno sociale svolto in questi ultimi anni. L’azione vampirizzante si estrinseca ogni volta su una doppia pista. Usando la struttura, la casa comune, quindi il logo che simboleggia l’impegno decennale di attivisti che hanno creduto ad un programma ed uno statuto di partito si fanno eleggere “altri” che non si sa bene come la pensino, che non sono iscritti, che apertamente dichiarano che non hanno intenzione di farsi la tessera e che spesso fuggono alla prima occasione per altri lidi. Suggerirei di rivedere il post “Fazzoletti di carta, taxi e baobab” dove il concetto è ben spiegato. Questa volta s’è aggiunta una presa in giro attraverso un’agenzia pre-elettorale di partito che Di Pietro, evidentemente preoccupato per la citazione in giudizio per discriminazione femminile presso il Tribunale di Milano ha lanciato chiamandomi in causa, usando il mio numero magico per offuscare i contorni della vicenda ed esorcizzare i sensi di colpa.”Non sono un ducetto e nemmeno un maschilista, ecco la prova”, era scritto sull’agenzia Dire del 16 aprile 09. Decisamente io di prove di ravvedimento non ne ho trovate. Questi sono gli eletti in Europa 2009: Pino Arlacchi, Luigi de Magistris, Vincenzo Iovine, Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo e Sonia Alfano. Sei uomini e una donna, nemmeno di partito. E’ Il solito gioco in disprezzo dei dirigenti e delle dirigenti di tra cui ADP avrebbe dovuto scegliere le candidature. In casa propria cioè, non a casa del diavolo. Il risultato invece è molto diverso e lontano dalle premesse per cui si era messa in fresco la bottiglia di spumante (vedi: “Eurobrindisi“) Le dichiarazioni di Antonio Di Pietro solo per un attimo ci hanno di nuovo illuso. Le frasi promettenti hanno fatto inalberare molte delle attiviste che da anni si impegnano seriamente nel partito con capacità, abnegazione, preparazione, idee. Le vere magnifiche insomma. Diciamo la verità poi… sette è il numero simbolico che indica ogni volta un quantum accettabile. Un numero dignitoso di donne eleggibili e ancora oggi si è voluto alterare la realtà con dichiarazioni basate sul niente, poiché, come si poteva facilmente prevedere, i risultati sono quelli che leggiamo sulle pubblicazioni ufficiali. Sonia Alfano c’è la fatta, ma possiamo valutare che ha dato del suo. C’è stata una posizione di sufficiente visibilità di Sonia in lista, cosa invece negata a tutte le altre donne che non avevamo in partenza alcuna opportunità di farcela. La formula è semplice. Gli elettori votano i candidati conosciuti precedentemente alla candidatura o per quello che si riesce ad apprezzare di loro in campagna elettorale. Di donne in talk show se ne sono viste quasi per niente. Non so come sia possibile farsi votare se nessuno vede e conosce le candidate. Presumo che sia una presa in giro. Debora Serracchiani, l’accattivante avvocata neo parlamentare di Udine emersa da un’assemblea dei circoli Pd, ha avuto un meritato successo che si è reso possibile da una serie di partecipazioni in programmi di elevato ascolto. L’hanno invitata Daria Bignardi in “Era Glaciale” (Rai2), Lilly Gruber in “Otto e mezzo” (La7), Floris a “Ballarò” (Raitre). Debora è piaciuta, e in Friuli ha superato Berlusconi con 73.910 preferenze contro le 64.286 del premier. Così si fa. Le donne vanno rese conosciute in tutta la loro splendida esistenza talentuosa. Molte di coloro che fanno politica sono brave e meriterebbero di essere sostenute e votate. Mi pare però che le liste di Idv avevano come capofila uomini, tra l’altro nemmeno di partito, a parte Di Pietro e Leoluca Orlando. Le candidate, altro che chiacchiere, erano in posizioni di lista di nessuna visibilità. In tv non ci son state e la stampa, compiuto il dovere di pubblicare le liste ufficiali, non può fare di più. Come avremmo potuto apprezzarle e votarle? In compenso abbiamo visto De Magistris in tutte le salse e in tutte le tv. Santoro non sembra anche lui fare un buon lavoro nella divulgazione democratica e nel senso delle pari opportunità se invita Di Pietro e De Magistris, dimenticando le candidate donne. Come lui molti altri programmi ben volentieri si assuefanno al sistema machista e limitante il talento femminile. Salvo poi gridare al miracolo quando una fresca, brava, intelligente ragazza conquista tutti con il sorriso e le cose che dice. Lo squilibrio tra i sessi continuerà ancora a lungo se consideriamo l’opportunità femminile come un prodigio a cui per una serie fortuita di combinazioni si da’ spazio. Un miracolo appunto, o una grazia ricevuta per motivi e finalità non propriamente sociali. A meno che non si consideri socialmente rilevante l’intrattenimento privato del leader politico di turno. Beppe Grillo ha usato, nella sua audizione in Senato, parole dirette e crude com’è nel suo stile. Io uso espressioni più morbide per aggiungere, da ottimista conoscitrice del campo, che molte parlamentari meritano lo scranno conquistato perché hanno fatto sacrifici e gavetta. Perciò tengo a far sì che non passi il messaggio che per riuscire a fare un legittimo percorso politico istituzionale si debba passare almeno una notte tra le lenzuola del capo. Non è così. Non deve essere così. In Politica come per le altre professioni artistiche, culturali, imprenditoriale la donna non è merce di scambio. Insegniamo alle ragazze ed ai ragazzi a farcela con impegno e talento. Poi a letto andiamo con chi ci pare per il puro piacere di farlo o per amore. Libere e liberi. Creiamo i presupposti perché la società accolga i progetti e le ambizioni di chi merita. Anche per questo contiamo molto sulla sentenza della nostra causa pilota. Come per una legge di contrappasso un giudice dovrà riequilibrare il sistema distorto e antidemocratico dell’attività partitica. La via giudiziaria alla conquista del diritto di cittadinanza istituzional-politica delle donne. A partire dai fondi loro destinati con l’art. 3 della legge 157/99 finalizzati alla “partecipazione attiva delle donne alla politica”, e proseguendo in tutte le dimostrate occasioni di esclusione femminile: dalle segreterie apicali di partito alle liste in posizioni di eleggibilità, al disprezzo del patto statutario che prevede pari opportunità. Oggi il 16% di elette è meno della metà dell’obbiettivo di un terzo che era data come soglia minima indicata dall’Europa per il riequilibrio donne-uomini all’europarlamento. Vergogniamoci, non c’è niente da festeggiare. No donne no party. Rimandiamo alla prossima occasione. Molte di voi anche fuori della politica mi chiedono di poter gioire insieme per il giorno del giudizio di fine causa. Conserverò la bottiglia di Chardonnay e ne ordinerò tante altre perché quel giorno saremo in molte a festeggiare l’inizio di una strada senza muri di gomma. Apriremo una pista. Un percorso previsto dagli articoli 3 e 51 della Costituzione che i recalcitranti saranno costretti a rileggere insieme alle motivazioni della sentenza. Roma 14 giugno 2009, Wanda Montanelli