Category Archives: Senza categoria

AL VOTO AL VOTO!

CONTRO L’INCUBO NUCLEARE ESORCISMI DI SETTE RAGAZZI SOSTENUTI DA GREENPEACE E DA TANTA PARTE DEL PAESE CHE TORNERA’ A VOTARE

E a Milano altre 5 schede elettorali per l’ambiente

“I pazzi siete voi” Intervista ai sette protagonisti chiusi in un bunker antiatomico

Non si mangia l’insalata. Né latte, formaggi, carne o pesce. Noi che siamo andati alla ricerca di scatolette arrugginite ai tempi di Chernobyl sappiamo che significa. Era 25 anni fa il 26 aprile 1986. E’ la storia che si ripete per chi non è promosso nell’evoluzione sociale come gli studenti asini che ripetono l’anno per insanabile zucconaggine. Nell’ottantasei Tripoli e Bengasi erano bombardate come adesso. Al tempo l’ordine lo dava il presidente-attore Ronald Reagan, oggi i ribelli libici sostenuti dalla Nato. Chissà perché non siamo in grado di mettere fine ai problemi che precarizzano e mettono in pericolo la vita di tanta umanità. Quella del nucleare era una battaglia vinta. Il referendum l’8 e 9 novembre 1987 dopo un anno e mezzo dal disastro atomico russo ottenne la partecipazione di massa ed un enorme successo dei tre sì dei quesiti (dal 72 all’80%) . I governi di allora dal 1988 al 1990 di Goria, passando per de Mita e poi Andreotti stabilirono definitivamente il 26 luglio 1990 con la delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) la fine del programma nucleare. Gli abitanti di Latina, Trino, Caorso e Montalto di Castro tirarono un sospiro di sollievo. Tutti gli italiani festeggiarono. Invece rieccoci a non mangiare insalata. Non per il batterio Escherichia coli mutato come un killer trasformista che per colpire le sue vittime non si fa riconoscere. La prudente attenzione agli ortaggi non lavati non c’entra. Si ritorna a distinguere la foglia larga, il latte in polvere, i cibi confezionati pre-catastrofe anelati come preziosità, e le ossidate scatolette di aringhe e fagioli acquistate a caro prezzo come delicatessen dal valore inestimabile. Come la guerra in Libia si è ripetuta la catastrofe nucleare a Fukushima e di conseguenza la motivazione a votare al referendum. La moviola che ci riporta gli stessi avvenimenti del passato è vista e diffusa. I tentativi di frenare la trasmissione di immagini e l’ondata di emozioni che come lo tsunami giapponese invadono l’immaginario pubblico non hanno del tutto funzionato. I nuclearisti di governo non sono riusciti a frenare la comunicazione sui referendum. L’informazione, anche quella obbligatoria delle tv pubbliche, è partita con notevole ritardo. Ma i movimenti, le associazioni, i blogger, gli artisti hanno funzionato alla grande. Celentano fa da capofila e val la pena citarne uno per tutti, non fosse altro perché sappiamo che il ragazzo della via Gluck si è dimostrato rispettoso della natura in tempi non sospetti. Tra i partiti da Bonelli a Vendola, da Bersani a De Magistris le dichiarazioni a favore del referendum, che comprende il Sì per l’acqua pubblica e quello per l’abolizione del legittimo impedimento, si consumano in piazza, nei portali internet, sui fogli cartacei di tanta stampa ecologicamente rivolta alla pulizia di mari, cieli e politica nostrana. La tv generalista di Stato non ha fatto bene il proprio dovere e il 24 maggio 2011 il segretario dei Radicali, Staderini era in video travestito da fantasma per protestare contro il silenzio Rai sui referendum. Però grazie alla rete le notizie volano da un sito all’altro. Nuotano nel fiume di byte con mille rivoli e affluenti dei Comitati per l’acqua, i Gruppi pro-referendum, gli eventi pubblici sui quattro Sì. Su Facebook, Twitter, Myspace, e passano da file a file nell’inarrestabile corsa alla mobilitazione del 12 e 13 giugno. I Pazzi siete voi, è l’iniziativa di sette ragazzi.. Stanno in un bunker antiatomico come se fosse esplosa una centrale nucleare. Sono sostenuti da Greenpeace e provano a vivere come se fuori l’atomo nefasto fosse pronto a devastare la natura umana, come già fa a Fukushima purtroppo. Le particelle radioattive sono all’esterno della loro casa sigillata esistente in un quartiere di Roma. Si chiamano Alice, Luca, Giorgio, Alessandra, Marco Silvio e Pierpaolo. C’è segretezza assoluta sul luogo che comunque potrebbe essere al Testaccio, come al quartiere Prati di Roma, a Ostia come a Trastevere. Li intervisto tramite la loro addetta stampa di Greenpeace Rebecca Borraccini. In quale zona di Roma vi trovate? Risposte dei ragazzi nel bunker: Vorremmo mantenere segreta la nostra collocazione geografica, perché siamo convinti che tutti debbano sentirsi chiamati in causa. Un incidente nucleare potrebbe avvenire ovunque ci sia una centrale. Gli abitanti dei dintorni si sono accorti di voi? R: Ci sembra che nessuno si sia accorto di noi. Un po’ per la posizione fortunata della casa, un po’ per la nostra discrezione. Se così non fosse, allora abbiamo avuto la fortuna di avere “vicini modello”! Ripetereste l’esperienza? R: Certamente, 1000 volte. Siamo convinti della protesta che stiamo portando avanti, e del fatto che il paese aveva bisogno di svegliarsi; noi l’abbiamo fatto a modo nostro, scegliendo un tipo di azione che, oltretutto, ci sta formando e migliorando come persone. Se fuori dalla casa ci fosse davvero contaminazione e doveste restare moltissimo tempo chiusi, cosa vi piacerebbe avere con voi (qualcosa di irrinunciabile) R: Le persone a noi care. Probabilmente, per i motivi più disparati, in caso di incidente nucleare potresti non avere vicino chi vorresti, e questo credo possa essere devastante nel caso l’incidente sia reale e non simulato Siete stati nel bidone per continuare la protesta. Mi raccontate? Plausi, critiche, adesioni. R: Pierpaolo e Giorgio si sono spostati in un container di 4 metri per 5 a forma di bidone radioattivo. La protesta, così estremizzata, ha avuto molti appoggi. La notizia ha viaggiato molto, e questo non può che farci piacere! Mostriamo che la nostra generazione ha ideali, e ha il coraggio di rinunciare a qualcosa pur di raggiungere un traguardo più alto, in questo caso, il bene comune. Chi ritenete sia il politico più ecologista d’ Italia tra Di Pietro e Vendola? Forse un terzo? E chi? R: Finora abbiamo pensato che la politica, con le sue scelte, possa e debba occuparsi anche di ambiente. Sia Di Pietro che Vendola, hanno portato avanti scelte intelligenti. Noi appoggiamo e pubblicizziamo non il politico ma le sue scelte (vedi referendum, vedi lo sviluppo delle rinnovabili in Puglia). Chi ci crede davvero e chi fa finta di essere ambientalista per cavalcare la tigre? (tra i politici e i ruoli istituzionali) R: Non vogliamo fare nomi, la nostra non è una protesta contro determinate figure politiche ma contro delle scelte sbagliate e illogiche sul nucleare. Chi è ambientalista si vede dalle scelte più ecologiche e sostenibili, chi vuole fingersi ciò che non è si smentirà da solo con dichiarazioni contraddittorie e fatti in disaccordo con le parole. Che cosa dovrebbe fare secondo voi tra le priorità un vero, sano sincero, ecologista ministro dell’ambiente? R: Dovrebbe fare il suo lavoro: prendere a cuore l’ambiente e cercare di difenderlo. Dovrebbe interessarsi alle varie situazioni ambientali del territorio che è sotto sua tutela, ascoltare quelle associazioni ambientaliste che, proprio per la loro struttura, hanno meglio presente le situazioni delle singole regioni. Tanto andrebbe anche fatto nel rapporto con l’economia: l’ambiente è una grande risorsa che non va prosciugata. Non pensate che una donna sinceramente ambientalista non avrebbe mai pensato di riportare il nucleare in Italia? Una donna che si reputa ambientalista e che pensa che il nucleare sia il futuro è conseguenza logica che a noi possa sembra contraddittoria. In quel caso ci sono due possibilità: o ignora i rischi e la salute per l’uomo e l’ambiente e allora dovrebbe informarsi, oppure è in mala fede Un mondo affidato alle donne (non quelle della danza bunga) non sarebbe secondo voi più giusto, pulito e con obbiettivi al futuro dei figli? R: Le donne hanno sicuramente caratteristiche ottime a livello organizzativo. Pensiamo che, se ci fossero più donne competenti in politica, sicuramente le scelte sarebbero più umane, soprattutto quelle ambientali. Siamo però per la meritocrazia: uomo o donna ognuno può dare il suo contributo per migliorare la politica e la res publica, governando con buon senso, intelligenza e moderazione. 10 giugno 2011, Wanda Montanelli

SCUOLA TELEVISIVA DI VIOLENZA E METODOLOGIA DEL DISPREZZO

.

Come nella sindrome del maiale selvatico dei gururumba gli impulsi distruttivi giustificano la brutalità percepita come l’essere ‘posseduti’ da forze esterne

Il tabù è un luogo inavvicinabile, un divieto sacrale che ci tiene al di fuori da un territorio segreto. Trovarsi a giusta distanza da zone buie dell’esistenza può essere salutare. Si è voluto però rompere il divieto per permettere agli umani di entrare dovunque anche nei peggiori sogni di brutalità e mai concepita virulenza contro i propri simili a livello cosciente. L’immagine rivelata attraverso il mezzo più comune di divulgazione del sogno (cinema e tv) ha rotto il velo sotto al quale la infinita sequela delle possibili crudeltà umane restava sconosciuta. La scuola di violenza delle immagini mostrate agli uomini a partire dall’infanzia ha avuto ospitalità nei media di pronta fruizione, nel video che come un caminetto raccoglie intorno a sé il nucleo della famiglia, oppure il telespettatore single con patatine e sandwich per cena. E’ forse ripetitivo citare il saggio di Popper e Condry sulla cattiveria di quella maestra bugiarda e inaffidabile che appioppa ai bambini scene di violenza alternate a pubblicità di giocattoli, o improbabili animali canterini. Si conferma con l’assuefazione al ‘medium’ anche una fase di “abituazione” ad un paradigma composto da modalità di sopraffazione inevitabile quanto quotidiana, senza che si spieghino i motivi della violenza. Come nella morfologia della Fiaba di Vladimir Propp dove le storie da lui studiate presentano vicende diverse ma seguono uno schema narrativo sempre uguale; e non si capisce, se non per il pedissequo conformarsi allo schema, come mai ad esempio la matrigna e le pessime sorellastre infieriscono così tanto su Cenerentola. Altro, dalla fiaba scritta e narrata, è invece la esposizione televisiva dove un giorno è iniziata la scuola di violenza. Metodologia dei vari sistemi di uccisione dell’essere umano, uomo o donna che siano, seguendo anche qui schemi uguali ma sempre più sofisticati nell’espletamento del dettaglio sanguinolento. Scuola di alta macelleria sulle infinite modalità di profanazione del corpo allo scopo di mostrare la brutalità gratuita in sempre differenti circostanze di perpetrarla. E il corpo diventa povera cosa, meno che nulla, nelle mani dell’omicida che senza conati di vomito può fare a pezzi un altro essere come lui umano. Per chi è cresciuto con i telefilm di Rin Tin Tin , e i fumetti del Grande Blek e Donald Duck, il massimo della sopportabilità può essere Psycho di Hitchcock , ancora censurabile per la fase dell’accoltellamento. Se non si riesce a guardare oltre perché dotati di sano rispetto dell’integrità del corpo è giusto che sia così. L’area tabù deve esistere. Se l’inconscio ne eleva intenzionalmente i confini manifestando sentimenti di ripulsa, di paura, o di disgusto di fronte a immagini in cui si rompe non solo l’integrità del corpo, ma anche il sentimento di rispetto che ad ogni corpo è dovuto, siamo dentro le regole morali. Se invece si resta impassibili di fronte ad dolore e alla crudeltà c’è da farsi qualche domanda. E’ inquietante restare freddi come lo è provare piacere sadico. Ma andiamo più in là e domandiamoci che tipo di emozioni provano i protagonisti di cattiverie, atti di bullismo, o azioni che non hanno nemmeno la minima motivazione per essere stati compiuti. Che facevano alle quattro di mattina ancora per strada quei ragazzi che hanno bruciato un uomo di nazionalità indiana? Il vuoto delle loro esistenze senza capo e senza coda è come un contenitore mai riempito di principi. Li immagino abbandonati a se stessi davanti al video della tv o della playstation, con l’unico compito, in lunghe ore della loro giornata, di cercare di non annoiarsi. Senza doveri precisi e “consegne” per meritarsi pane companatico e accessori. Si annoiavano i ragazzi. “Non è razzismo – hanno tenuto a spiegare gli inquirenti – ma che significa? Vuol essere per caso una giustificazione? La salvezza nel vuoto a perdere? Assurdità nell’assurdità. Peccato che nessuno abbia insegnato loro sin dall’infanzia che il modo migliore per non annoiarsi è essere utili agli altri e a se stessi. Impegnarsi. Se il giorno dopo quei malvagi avessero avuto l’obbligo di recarsi a scuola o a lavorare sarebbero andati a letto alcune ore prima senza far danni in giro. Invece hanno usato un uomo come diversivo alla loro inutile vita. Senza principi, né ideologie, né educazione alcuna. Chi non crede nella sacralità della vita umana, più semplicemente dovrebbe concepire il senso di inviolabilità del corpo. Per un sana conoscenza della chimica dei corpi, o una minima cognizione scientifica su come è l’uomo, quante cellule diverse ha, il dna che lo compone, la meraviglia matematica dell’intelligenza che lo costruisce e muove. L’indiano fatto bruciare da questi alieni nostrani cresciuti a pane e nutella consumato mentre in video si esibivano apologie di stupri e trafitture di membra è una persona unica e irripetibile e mai nessuno, fosse anche l’uomo più potente del mondo, potrà rimediare al male che gli è stato fatto. Non è stato ben spiegato ai violenti che la vita non è un supporto digitale o un film di celluloide che possa essere riavvolto. Determinate cellule epiteliali, di una persona che si chiama Sing Navte ed ha un Dna, un colore, uno status e una storia, a meno che non si faccia un clone, “non sono ripetibili”. Un doppione, un clone poi non sarebbe altro che un involucro-fotocopia privo dello stesso senso compiuto. Nessuno ha insegnato loro che la vita è spietata e che il rovesciamento di marcia delle cattive azioni non si può fare come nei videogiochi. In questo hanno fallito le più importanti agenzie educative come scuola e famiglia. Di contro è dall’istruzione di violenza della tv generalista-generalizzante che fioriscono soggetti feroci quanto poco intelligenti nell’incapacità di mediare gli input ricevuti. Va riconosciuta a tali soggetti l’appartenenza ad un ruolo sociale che è uno schema comportamentale tipico, osservabile in un contesto di sottospecie umana così esaltata in filmati di infima qualità da restare nell’immaginario. Un modello da riprodurre. Come gli schemi della fiaba che non spiegano i motivi, ma giustificano la brutalità perché appresa e assimilata quali automi piuttosto che esseri dotati di discernimento. Scegliamo però: o ammettiamo di avere segatura nella testa o ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni. La sociologia trova sempre una causa scatenante e giustificante. L’analisi psicologica* spiega piuttosto come in questi casi “Il modello sociale che questi soggetti vogliono dare nella rappresentazione di sé autorizza condotte altrimenti inaccettabili e sfrutta il carattere passivo normalmente attribuito alle forti emozioni aggressive, al fine di sottrarsi alla responsabilità per l’azione compiuta”. L’individuo si ‘disappropria’ così dell’azione, e lo stato emozionale vissuto come un evento oggettivo e non soggettivo, cioè una cosa che non è prodotta dalla mente ma che ‘capita’, porta a commettere nefandezze. Si costituisce perciò un’attenuante che potremmo comparare a quella dei gururumba della Nuova Guinea e al forte impulso detto “sindrome del maiale selvatico” (ahaDe idzi Be) che induce a comportarsi come suini rabbiosi e aggirarsi furibondi aggredendo gli astanti, facendo man bassa di oggetti anche di poco valore e devastando i luoghi. A questo proposito si può rilevare come sia singolare l’ipotesi che possa costituire un’attenuante, nei casi di violenza, l’uso di sostanze psicotiche, droghe o alcool quando tale uso non sia preordinato alla commissione del reato. Poiché chi va in giro sotto l’effetto di sostanze stupefacenti ha in preventivo la possibilità di gesti incontrollati, questo dovrebbe costituire semmai un’aggravante. Perché un conto è ubriacarsi o drogarsi dentro le mura della propria abitazione, un conto è farlo per poi andare per strada a espletare esercizio di violenza. E’ evidente nel secondo caso il comportamento antisociale unito al disprezzo assoluto della vita altrui. Ho scritto di violenza in senso generale. Quella che tanto imperversa in questi tempi è la violenza contro le donne. Se ne parla, si fanno convegni, manifestazioni e incontri come quelle dell’Udi che con un numero elevatissimo di donne riunite in associazioni ha messo in cantiere un anno intero di percorsi ed eventi.. La “Staffetta delle donne contro la violenza” è visibile in questi siti: http://www.udinazionale.org/; http://www.onerpo.it/tutte-le-notizie/87-udi-onerpo-e-affi-insieme-l8-marzo-per-la-staffetta-contro-la-violenza.html . La legge contro lo stalking, i comportamenti talvolta prevedibili degli stalker sono tuttavia un capitolo da conoscere capire e indagare bene. Ad un prossimo appuntamento qui sul blog ne vedremo insieme gli aspetti critici e le soluzioni anche di altri Paesi. 5 febbraio 2009, Wanda Montanelli *M. Marraffa, Ian Hacking, P.L. Newman, P. Ekman

La Consulta femminile del Comune di Molfetta

 . La sentenza del Tar di Puglia è un segnale positivo che ci fa ben sperare sull’esito felice di ogni iniziativa che ha per scopo la civiltà, quella di non porre ostacoli al diritto delle donne di dare il loro fondamentale contributo alla conduzione dell’esistente politico, sociale, istituzionale; quella di far rispettare la Costituzione negli articoli 51, 3, 2. Felicemente aderisco alla richiesta di sostegno della Consulta femminile di Molfetta e invito tutti i nostri gruppi di lavoro e monitoraggio delle Pari Opportunità a fare altrettanto. Wanda Montanelli

Art. 51 Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.. . .

.

CONSULTA FEMMINILE DEL COMUNE DI MOLFETTA Palazzo di Città- p.zza Municipio 70056 Molfetta(Ba) Tel/Fax0803359416 La nota vicenda della mancanza di rappresentanti femminili nella Giunta del Comune di Molfetta, ha portato alla sentenza del TAR Puglia, sede di Bari, che ha riconosciuto valide le motivazioni del ricorso promosso dalla Consigliera Regionale di Parità, dalla Presidente della Commissione Regionale di Pari Opportunità, dall’Associazione Tessere e dall’Avv. Francesca la Forgia, su sollecitazione della Consulta Femminile del Comune di Molfetta. Riteniamo che sia stato violato lo Statuto, che è fonte di diritto e legge fondamentale di un territorio. La legge non può essere né violata, né superata in quanto creerebbe un pericoloso precedente. Auspichiamo che la nostra voce diventi cassa di risonanza per creare un movimento di opinione che coinvolga tutte le donne e sostenga, attraverso azioni concrete, ulteriori iniziative, anche legali, per il consolidamento delle decisioni già espresse dal TAR Puglia, sede di Bari. Tale vicenda costituisce un punto fermo per il riconoscimento e l’affermazione dei principi di uguaglianza che ispirano la Costituzione Italiana, ed è indispensabile promuovere il coinvolgimento di tutti gli organismi di parità nazionali, regionali e locali.

Chiediamo attestazioni di solidarietà da inviare alle alte cariche istituzionali dello Stato affinché sia “assicurata la presenza dei due sessi nella Giunta”(art. 37 dello Statuto Comunale) e affermato il principio delle pari opportunità presente nell’art. 51 della Costituzione. la Consulta Femminile del Comune di Molfetta Chiunque voglia aderire: • può far suo questo documento ed inviarlo alle autorità – può inoltrare la sua adesione al documento, controfirmando ed indicando i suoi dati, a [email protected]

Epurazioni, parole al vento, nuove prese in giro

.

“Quasi al traguardo il giro d’Italia in “rosa” che ha visto protagoniste le donne dell’Italia dei Valori che ha portato all’elezione delle responsabili territoriali del coordinamento donne. Un viaggio attraverso le regioni che ha la tappa conclusiva a Vasto, sabato 13 settembre, con l’elezione della coordinatrice nazionale”. (leggi il resto*) Lancio originario d’agenzia: FESTA IDV: MONTANELLI, TANTE EPURAZIONI E SISTEMAZIONE DI MOGLI DI PARLAMENTARI NELLA NUOVA CONSULTA DONNE Roma, 13 set – “Come da previsioni, attraverso un sistema di riorganizzazione del partito che ricorda tanto vicende in voga un tempo in Bulgaria, c’è stata una vera e propria epurazione delle originarie componenti la Consulta Donne Idv”. A dichiararlo è Wanda Montanelli, già coordinatrice nazionale delle donne del partito, sospesa dall’ex pm a seguito delle “legittime richieste di concreta e reale applicazione dei principi costituzionali dell’art. 51, 3, e 2” e ad un’interrogazione sui fondi assegnati alle donne dalla legge 157/99 art. 3, per la promozione attiva delle donne alla politica. Pur indicate in bilancio, le somme non risultavano alla Montanelli, né alle altre donne della Consulta, essere state impiegate. “Per tutta risposta alla mia legittima richiesta di fare luce sulla questione – lamenta Montanelli – Antonio Di Pietro ha realizzato una “Consulta Donne alternativa”, sotto il pieno controllo e gestione da parte degli uomini di potere del partito e definita – secondo quanto mi è stato esposto e documentato da chi vi ha preso parte – attraverso meccanismi di pressione e acquisizione di tessere sui nomi di chi dovesse essere eletta. L’esito dell’operazione è stato, di fatto, la scomparsa della Consulta Donne originaria, soppiantata da una Consulta composta da affiliate, parenti amiche segretarie di parlamentari, coordinatori regionali e provinciali del partito. In Toscana, ad esempio, sono risultate elette al primo posto la moglie dell’onorevole Fabio Evangelisti, e al secondo la consorte del coordinatore Fedeli. In Sardegna la moglie del coordinatore provinciale Lino Mura mai iscritta a Idv, presentata dall’amico parlamentare Palomba. Nel Lazio idem con le persone sponsorizzate dal senatore Pedica. Per non parlare della coordinatrice nazionale, sen. Patrizia Bugnano, moglie del coordinatore Idv del Piemonte, o dei ruoli assegnati alla moglie di Di Pietro e alla tesoriera del partito, nota amica di famiglia. Una gestione “intimista” e familiare di un partito che usufruisce di fondi pubblici per molte decine di milioni di euro non è concepibile. Non abbiamo lottato per decine di anni, sfiancate di fatica, e fatto due scioperi della fame per far sistemare le amiche degli amici degli uomini di partito. Questa è una vera indecenza – accusa la Montanelli che dopo un recente sciopero della fame interrotto in seguito a ricovero urgente e alla richiesta di sospensione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è rivolta al Tribunale di Milano per il riconoscimento del danno esistenziale – ho fiducia che a fronte di questo ulteriore aggravarsi della discriminazione femminile, tra l’altro perpetratasi anche con la chiusura repentina del sito internet delle Consulta donne, in barba all’art. 21 della Costituzione sul diritto di espressione e informazione, la magistratura possa renderci giustizia attraverso una sentenza esemplare che faccia scuola”. AGENZIA PUBBLICATA *ERA TUTTO PREVISTO il 15 luglio : scrivevo sulla “Teoria della Consulta ombra“: (…) si sta cercando di epurare la Consulta Donne esistente; per soppiantarla con persone che magari di recente appartenenza, o comunque non bene informate di come stanno i fatti, credono a vecchie parole e fresche chiacchiere. Dico loro che sono dieci anni che riceviamo le stesse promesse che oggi vengono reiterate al solo scopo di mettere una toppa sull’immensa voragine dei mancati diritti alle pari opportunità nell’Italia dei Valori. Le donne di questo partito sono ricche di volontà, capacità, talento, serietà, motivazione, passione civile. In cambio hanno ricevuto: offese, umiliazioni, desertificazione delle opportunità, emarginazione, allontanamento dai luoghi delle decisioni, divieto di esprimersi durante le pubbliche assemblee, collocazioni in posizioni di non eleggibilità nelle liste. Stenti, miseria e povertà di mezzi. Povertà di mezzi economici. Di questo si chiede conto. Con la certezza di avere ragione. Perché solo con la forza di prove documenti e testimoni si può affrontare una causa civile di tale portata, contro una gestione accentratrice, antidemocratica e privatistica di un partito. Si chiede conto di ogni azione fatta contro le donne e la democrazia paritaria. Anche di questa Consulta “B” , o “Consulta Ombra” che si tenta in fretta e furia di mettere in piedi. Sono uomini che la stanno facendo. Costruendo un luogo delle donne al posto di quello già esistente. Stendendo una passata di vernice bianca su affreschi di valore. Oggi: si contano (per adesso) n. 7 mogli (n. 2 in Toscana, n. 1 in Sardegna, n. 1 Piemonte, n. 2 ruoli nazionali); e salvo due regioni in cui ci sono donne già impegnate da antica data e un altro paio di casi gestiti con un minimo di democrazia, tutte le altre regioni sono divise equamente in propaggini (prolungamenti, diramazioni, longa manus) degli uomini di partito, cioè segretarie, amiche di famiglia, o del cuore, parenti, e annesse. Invito gli interessati a denunciarmi se quanto qui dichiarato non corrisponde al vero. I commenti del blog sono aperti ad altre notizie. Internet serve a questo: a dire la verità. Wanda Montanelli, 13 settembre 2008

IL VOTO AGLI STRANIERI, LA CITTADINANZA, I DIRITTI

Panorama incerto di fine estate

Veltroni propone, Fini dispone, Berlusconi smentisce. Sul voto agli immigrati c’è un gran parlare con qualche mugugno della Lega e i rilanci di Franceschini. L’argomento è di quelli che hanno funzione interlocutoria tra i “diamoci una mossa” di D’Alema nella situazione di stallo dei partiti di centrosinistra tutti un po’ in speranzosa attesa del lampo di genio che li porti a trovare cavalli vincenti e corse non truccate. La riforma della legge elettorale e l’interesse a porre uno sbarramento al 5% rende inquieti i piccoli, compreso Tonino Di Pietro non sicuro di fare di nuovo amplein come per le ultime politiche. Le amministrative prima e le europee poi sono ancora un’incognita e forse anche i Democratici stanno riconsiderando che può giovare al PD lasciare rientrare nella dignità della rappresentanza parlamentare i partiti di categoria sociale o di nicchia. Perché infierire? In Europa non ci sono motivazioni oggettive per fare scelte drastiche come quelle veltroniane delle ultime politiche. Il rispetto di preferenze cesellate forse a Strasburgo ce lo possiamo permettere. Lo ha dichiarato Polito sul Riformista di martedì scorso esortando a salvare il panda: “I partiti politici – ha scritto – non sono equiparabili agli statali fannulloni, né si possono tagliare come fossero enti inutili.L’elettorato ha il diritto di poter scegliere” In quest’inizio di settembre, sotto i riflettori della festa di Firenze che per la prima volta non si chiama più dell’Unità, il presidente della Camera ha dato una risposta di prudente apertura all’esortazione scritta da Veltroni sulla concessione del voto agli stranieri, coerentemente con quanto aveva già dichiarato nell’ottobre 2003 sui tempi ormai maturi per il diritto di voto amministrativo per gli immigrati. Anche a Fortezza da Basso Gianfranco Fini ha dichiarato che con i doveri di chi lavora e paga le tasse può rientrare il diritto di voto. Il Premier Berlusconi ha invece espresso parere contrario specificando che Fini riferiva una sua opinione in quanto il voto agli immigrati nel programma di governo non è previsto. Umberto Bossi, come prevedibile, ha troncato ogni possibile apertura sostenendo che il voto agli emigrati è una follia, e menzionando l’articolo 48 della Costituzione dove è stabilito che prima di essere elettori è necessario ottenere i diritti di cittadinanza. Perciò niente scorciatoie. Riguardo alla cittadinanza ci sono regole precise nel decreto di Giuliano Amato dell’aprile del 2007 pubblicato insieme alla “Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione”. Il Ministro dell’Interno rimandava, nel documento, ai nostri dettami costituzionali fondati sul rispetto della dignità umana ed ispirati ai principi di libertà ed eguaglianza. Ogni persona che si trova sul territorio italiano – è scritto nel testo – deve poter fruire dei diritti fondamentali, senza distinzione di sesso, etnia, religione, condizioni sociali. Al tempo stesso, ogni persona che vive in Italia deve rispettare i valori su cui poggia la società, i diritti degli altri, i doveri di solidarietà richiesti dalle leggi. Per ottenere la cittadinanza nei tempi previsti dalla legge occorre conoscere la lingua italiana, gli elementi essenziali della storia e della cultura nazionali, e condividere i principi che regolano la nostra società. Nel mese di agosto del 2006 era c’era stato lo sconcertante e crudele assassinio di Hina Salem, la ragazza pakistana uccisa dal padre perché intendeva occidentalizzarsi. La società civile italiana si era posta importanti quesiti sui comportamenti oppressori di talune culture nei confronti delle donne. Il ministro Amato dichiarò perciò che agli stranieri non basta chiedere l’adesione ai valori della Costituzione, ma bisogna che ci sia un’adesione anche a diritti fondamentali come il fatto che la donna si rispetta secondo regole che universali. Se questa opinione la maggioranza degli italiani è sicuramente d’accordo. Prima di essere riconosciuti cittadini italiani è necessario abolire ogni alibi culturale che possa creare zone franche dall’osservanza dei diritti universali. Sono condizione indispensabile per i diritti di cittadinanza il rispetto dell’individualità, della libera autodeterminazione femminile. L’abolizione assoluta di pratiche ancestrali come infibulazione, matrimoni combinati, e soggiogazioni a regole religiose, spesso frutto di errate interpretazioni di libri sacri, di superstizioni e comode e prevaricanti e affermazioni di egoismi. Wanda Montanelli, 7 settembre 2008