Questa volta Selvaggia Lucarelli ha ragione. Non si può far finta di niente in questa messe di pubblicità gratuita che i mass media regalano ai no-vax, ai complottisti da quattro soldi, a disadattati senza costrutto che afferrano l’occasione di essere intervistati da conduttori radio, presentatori tv; cinici responsabili di talk show a cui interessano esclusivamente gli incassi in termini di audience, e quindi pubblicità, compensi economici, rilevanza mediatica personale. E’ vero abbiamo tutti famiglia, ma c’è un limite a questo turbinio di false notizie, appelli alla Costituzione da chi non l’ha mai letta, parole senza capo né coda sulla libertà, sulla presunta schiavizzazione dei cittadini, sui complotti che costoro si sognano nei loro deliri notturni, per poi accedere – la mattina dopo – ad uno smartphone o una piccola videocamera e riprendersi sentendosi il premio Nobel di turno, postando in rete, sui social, le loro panzane indigeste. E come aveva ragione Umberto Eco nella sua descrizione di quei balordi che un tempo dicevano le loro scempiaggini in osteria, dove per lo più venivano zittiti con male parole. Invece cosa accade in tanti troppi programmi di intrattenimento terra-terra? Questi personaggi non soltanto sono invitati quotidianamente, ma sono vezzeggiati in modo tale che gli si permette di dire scemenze in confronto diretto con virologi, scienziati, professori e costituzionalisti. Tutto questo è imperdonabile, e lo è ancora di più per una radio – peraltro eccellente in molti programmi –  come radio24, che dovrebbe basare la programmazione sulla serietà, quella serietà che contraddistingue anche i programmi comici o umoristici. Tra i tanti da citare,Totò, Govi, Eduardo possono insegnarci tale serietà che ha uno scopo preciso, quello di divertire, arricchire, informare lo spettatore, non certo quello di incentivare questa sorta di bullismo espositivo-mediatico, gonfiato dal vuoto di informazioni, che causa sciaguratamente, insieme ai guadagni, troppi morti. Morti veri.

Dall’articolo di Selvaggia Lucarelli su Domani

Mauro da Mantova (che poi si chiamava Mauro Buratti) è morto a 61 anni dopo ventidue giorni di terapia intensiva e anni di sproloqui a cui era stato dato un microfono da La Zanzara di Radio 24. [..]
Mauro Buratti era paranoico, complottista, urlatore e involontariamente comico, nonostante le cose gravissime che diceva, proprio perché era evidente che non stava bene. Se fosse stato lucido, nessuno gli avrebbe mai consentito di dire quelle cose, né gli avrebbe risposto ridendo.
E per questo, il programma lo usava con cinismo, consegnandogli pure l’ebrezza della notorietà, anziché relegarlo all’anonimato pietoso che andrebbe riservato in generale a chi ha disordini mentali, figuriamoci durante una pandemia.

«Eri Belvaman, volevi essere Re, l’interventista radiofonico per eccellenza, eri felice quando qualcuno ti riconosceva per strada e ti chiedeva un selfie. Eri, sei, Mauro da Mantova. Ti abbiamo preso in giro, ci hai insultato, ci siamo divertiti come mai nella vita», ha scritto oggi Giuseppe Cruciani nel ricordarlo.

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