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Dicono che la Raggi sia rimasta sola, lasciata da tutti i poteri forti di questa città. Ma almeno un alleato secondo me ce l’ha: mi pare evidente che Bergoglio abbia una simpatia per lei, ogni volta che la vede si avvicina a salutarla. Diversamente da quanto faceva con il sindaco Marino che in queste occasioni pubbliche veniva sistematicamente ignorato. Salvo ritrovarselo in prima fila a Philadelphia, non-invitato, al simposio sulla famiglia (l’episodio scatenò tra l’altro l’ira del Papa che volle precisare: “el Sindaco Marino non è stato invitato da me, chiaro?“).

Era il periodo in cui Marino, era messo all’angolo da Renzi e Francesco se lo ritrovava sempre attorno. Del resto il Papa, come spifferò Roberto D’Agostino, aveva concesso a Marino “in un impeto di disumana generosità cristiana” nientemeno che il numero privatissimo del suo cellulare. Quello – per intenderci – che hanno solo i big della terra come Putin e Obama. E da quel momento la voce querula del Sindaco-chirurgo iniziò a bersagliare il Santo Padre “ogni giorno che Dio mandava in terra, a qualunque ora del giorno e della notte”. Al punto da costringere Bergoglio a chiedere al Segretario di Stato Parolin di fargli cambiare numero. Parolin gli spiegò che non si poteva perché quel numero era stato comunicato a tutti i capi di Stato.

Con la Sindaca è altra storia…

 C’è  un chiaro segnale di pulizia morale nell’operato della Sindaca, inclusi gli errori di valutazione sui collaboratori come la scelta di Raffaele Marra, presumo fatta in buona fede allo scopo di affidarsi a chi era dirigente di Roma Capitale da molto tempo e, in forza della sua capacità ed esperienza, avrebbe potuto dare un buon aiuto a condurre le cose. Del resto a tutti coloro che cadono dal pero direi che questo Marra  – appunto – non è di primo pelo nell’amministrazione pubblica e mi chiedo come mai le sue malefatte non siano emerse ai tempi in cui era sindaco Allemanno o Marino. C’è qualcosa di bizzarro nel silenzio su Marra prima della Raggi e nella chiassoso j’accuse attuale contro la Sindaca a cinque stelle.

Paolo Mieli, editorialista ed ex direttore del Corriere della Sera, una cosa condivisibile l’ha detta, tra tante asserzioni che non condivido. Durante uno dei Talk Show ai quali è stato invitato, ha spiegato che la base del movimento ideato da Beppe Grillo, cioè il popolo grillino, ha al primo posto dei “principi” il fattore “incorruttibilità morale”. E’ fondamentale perciò che i cosiddetti “portavoce” non rubino. L’onestà – quella che sta tornando di moda – è il cardine del programma a cinque stelle. Per cui gli iscritti e i simpatizzanti  del Movimento possono perdonare errori, inesperienza, gaffes (famosa quella del grano Saraceno che qualcuno di loro presumeva che si coltivasse all’estero) o lentezza a carburare e prendere decisioni istituzionali. Peccati considerati veniali e sorvolabili purché “non si mettano le mani nelle tasche altrui per rubare”. In questo ha ragione Mieli.

Penso che gli errori degli eletti grillini derivino anche dalla paura di sbagliare. Con la enorme responsabilità nel ruolo affidato loro dagli elettori; da svolgere sotto gli occhi attenti della rete, i blog, le pagine Facebook e Twitter. Non è facile operare al meglio essendo bersagli facili di amici e nemici. Si sbaglia, altroché!  Ma vivaddio succede! Sappiamo tutto del bello e del brutto del Movimento. Dove altro accade? 

Non è questo un apprezzabile indizio di corso nuovo, di trasparenza; uno stimolo verso il cambiamento anche per i partiti tradizionali?

Da oggi inizia il 2017, c’è molto da fare per tutti. Speriamo verso il bene comune.

1 gennaio 2016 Wanda Montanelli