La prima candidata alla Casa bianca fa parte dell’Establishment è vero, ma nessuno – misogini a parte – può toglierle i 50 anni di gavetta nella politica

epa04797126 Democratic 2016 US presidential candidate Hillary Clinton arrives to make her official launch address on Roosevelt Island in New York, New York, USA, 13 June 2015. Hillary Clinton is expected to address hundreds of supporters at a rally billed as the official launch of her campaign for the Democratic Party's US presidential nomination.  EPA/ANDREW GOMBERT

Non credo che Hillary abbia mai avuto regali. Il posto di rilievo che ha nella vita sociale non è un regalo. Mi rivolgo soprattutto alle donne che la criticano in ogni paese che fa analisi del voto; alle americane che pur potendolo fare non l’hanno votata. Mi chiedo a quale altra donna queste refrattarie avrebbero dato il voto. Credo in fondo a nessuna, per quel motivo oscuro che fa sì che le donne non votano le donne. Anche perché se un’appartenente all’establishment con una corposa carriera politica alle spalle appare loro inadeguata, non so quale araba fenice mitologica e inesistente appaia degna delle loro attenzioni. Mi domando pure a quale altra donna possa essere data una chance di diventare presidente proveniendo dal nulla in termini politici, cioè senza nessun aiuto né economico né da parte di ruoli di potere.

Cenerentole povere con talento da dimostrare non varcano nemmeno la soglia di Parlamenti o Governi in ogni parte del mondo. Imprenditrici ricche e rozze altrettanto. Un Trump al femminile non potrà mai esistere né in America né in altri paesi, perché se soltanto si fosse affacciata nella vita pubblica una donna sguaiata e con i difetti di sfrenatezza sessuale dimostrati da Donald Trump, sarebbe stata bel presto giudicata con durezza e ripudiata. Se soltanto una donna si fosse proposta alla presidenza degli Stati Uniti, a partire dalle primarie, con i conti opachi e il rifiuto di presentare la dichiarazione delle tasse, avrebbe trovato macigni davanti al proprio percorso. Se una poco gentile signora avesse approcciato alla vita pubblica facendo dell’insulto verso i più deboli un preannuncio di programma di governo, sarebbe stata sbaragliata e chiamata lavandaia, che è l’epiteto più comune attribuito a chi vale poco e tenta di farsi spazio alzando il tono di voce e usando gestualità volgari. Invece per Donald Trump la villania è stato un grimaldello che gli ha aperto le porte della Casa Bianca. Si tratta di cultura discriminante. Null’altro.

E’ vero, non si è valutato bene da parte dei Democratici il disagio della middle class e la sofferenza nell’impoverirsi della classe operaia con paghe “globalizzate”. Tutto vero il mal di pancia degli elettori di Trump e il comprimersi delle opportunità nel lavoro. Ma anche tutto vero e tangibile l’odio razziale. Questa però non è un’analisi del malessere americano, bensì una comparazione di reali opportunità esistenti tra uomo  e donna.

 

 

Altre dopo di me verranno a sfondare il tetto di cristallo

Spero abbia ragione Hillary nel dire “Altre dopo di me verranno a sfondare il tetto di cristallo. Abbiate fiducia, se non ci sono riuscita io potete riuscirci voi”. Bene. Solo che non riesco a capire come dovrà essere la futura presidente degli Stati Uniti d’America. Abbiamo detto no al modello Hillary. Presumo improponibile un modello Trump al femminile. Allora cosa? Una donna di colore? Qualcuno ritiene che un modello Obama al femminile possa farsi strada senza incorrere nelle insidie da pregiudizio verso le candidate donne? Io penso proprio di no. In assenza di pigmalioni interessati a ricadute proprietarie in termini di potere, la vedo difficile.

 

Antipatica perché?

Ad Hillary la critica più comune è che non è simpatica. Boh! La osservo e non mi sembra antipatica. Un bel sorriso, due occhi chiari. Gestualità affettuosa. Ma la sua storia qual è? Cominciamo a dire che Hillary Diane Rodham Clinton non ha vinto il  biglietto della lotteria in un giorno fortunato della sua vita. Ha invece conquistato con sacrificio tutto quello che ha ottenuto, a partire dall’impegno negli studi e nella professione.  Prima di iniziare l’attività politica, è stata avvocato e docente di diritto penale, prima donna ammessa come socio nel “Rose Law Firm”, uno degli studi legali più antichi degli Stati Uniti. Laureatasi al Wellesley College, specializzatasi in legge a Yale, Hillary era notevole per le proprie idee già da studentessa. 

 

Hillary Rodham speaks at Wellesley College in 1969.

Fu intervistata da Life e da molte trasmissioni televisive dopo il successo del suo discorso – applaudito per sette minuti – presentato durante la cerimonia di laurea in rappresentanza degli studenti. Ha dimostrato talento sin dagli 70 quando rifiutò una sicura carriera a Washington tra le fila dei Democratici che la conobbero perché era stata incaricata della consulenza legale dalla commissione per l’impeachment dell’allora presidente Nixon. I vertici del partito Democratico consideravano Hillary Rodham con le carte le carte in regola per arrivare molto in alto. Lei invece decise di sposare Bill Clinton, che amava dai tempi di Yale, e che poi sarebbe diventato presidente con a fianco una donna di grande preparazione e tempra. Come si dice? Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Non è una banalità specie in questo caso.

 

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L’Obamacare nasce da Roosevelt passando per Hillary fino all’attuazione del 2012

Ribattezzata dai detrattori “Clinton machine” Hillary come First lady ha sempre svolto un ruolo politico attivo. La riforma per l’ampliamento del sistema sanitario nazionale è stata uno dei suoi obiettivi, per dare seguito al percorso iniziato nel 1935 da Franklin D. Roosevelt con il Social Security Act, e da Lyndon Johnson con Medicare e Medicaid. Tale riforma fu portata a termine da Obama nel 2012.

Sono 50 anni che Hillary si occupa di politica, non perché appartenente ad una casta di privilegiati. Nemmeno per essere passata dal letto di potenti come pedaggio usuale in molti ambienti politici. Allora che cosa le si rimprovera? O meglio: che cosa le si rimprovera che non si sarebbe rimproverato ad un uomo?

Tralasciando il suo programma di governo, che pure io non condivido in diversi punti, esprimo qui il mio disappunto per come risulti evidente che a una donna non si perdona nulla, neanche le scorrettezze del marito. Mi dispiace constatare quanto poco importi alla gente il dolore che Hillary avrà provato dopo una campagna elettorale estenuante e 50 anni di vita dedicati all’impegno politico.  Condivisibile o no nei contenuti, ma tanto palese da non poterlo ignorare. Che poi lo abbia fatto per ambizione, per idealità o sete di potere, non è questo che importa. Concediamo anche alle donne la possibilità di avere ambizioni. Diamo un giusto valore al loro impegno, specie se un progetto di così lunga durata è sbaragliato da parte di un villanzone spuntato dal nulla. So che a nessuna buzzurra sarà mai permessa un’avanzata simile, ed è così che si manifesta la nostra cultura misogina, ormai non più dissimulabile.

Le parole di Hllary “La sconfitta è dolorosa e lo sarà per molto tempo” sono rivolte soprattutto ai giovani. “Anche voi avrete successi e sconfitte”, ha detto dopo molte ore di metabolizzazione della disfatta durante le quali non le riusciva possibile parlare in pubblico. “Questa sconfitta fa male – ha confessato con commozione – ma per favore non smettete mai di credere che non valga la pena battersi per quello che è giusto”.

E’ riuscita a non piangere nell’ammettere un dolore bruciante. Che altro dire. Brava.

10 novembre 2016,  Wanda Montanelli

 

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